martedì 14 giugno 2022

Capitano di ventura

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Per capitano di ventura si intende il comandante in capo di truppe militari di soldati di ventura mercenari dette compagnie di ventura.
La figura divenne famosa nel Medioevo, tra il XV ed il XVI secolo, soprattutto in Italia settentrionale, anche se già nel 1159 in Inghilterra gruppi di soldati mercenari guidati da capitani di ventura si misero al servizio di Enrico II Plantageneto e ben presto si diffusero anche in Francia ed in Germania in quanto rivelatisi strumento indispensabile alle monarchie per combattere i vassalli ribelli.
Il fenomeno delle compagnie di ventura si sviluppò in particolare dopo le crociate, quando i figli cadetti di nobili famiglie vennero avviati al mestiere ecclesiastico o delle armi. Coloro che intrapresero la vita militare, penalizzati dalla primogenitura, si organizzarono mettendo la propria abilità militare a disposizione dei vari signori che avevano necessità di difesa o di intraprendere campagne militari.
Nei comuni italiani, dove il notevole sviluppo delle attività artigianali, artistiche, letterarie ed industriali aveva, in qualche modo, allontanato la borghesia dallo spirito guerresco, si poteva porre rimedio, nel caso di un conflitto, assoldando i condottieri, ormai divenuti veri e propri impresari di guerra. I capitani di ventura comandarono dapprima plotoni di servi della gleba, poi di reduci dalle crociate o di disperati a causa di grandi crisi economiche. Il reclutamento avveniva solitamente all'estero e quindi non era desueta la pratica del tradimento durante l'atto bellico.
Se da una parte è vero che talvolta i capitani di ventura ci tenevano soprattutto a risparmiare i loro uomini e i loro cavalli arrivando persino ai casi limite di combattimenti prolungati ma con scarsissimo spargimento di sangue, dall'altra si dimostrarono abili nel maneggio delle armi, introducendo per primi la tecnica dei combattimenti a cavallo con indosso pesanti armature. L'abitudine di far rivestire i propri uomini di ferro anziché di cuoio viene, per primo, attribuita al capitano Mostarda da Forlì.
Solamente con l'introduzione delle armi da fuoco e di agguerrite milizie nazionali, il periodo aureo dei capitani di ventura tese progressivamente ad esaurirsi.
Tra i più celebri si annoverano Bonifacio Lupi, marchese di Soragna, al servizio di Firenze nella guerra contro Pisa (1363) e di Padova contro Venezia, Alberico da Barbiano, fondatore della Compagnia di San Giorgio (1378); Muzio Attendolo Sforza (1369-1424), di origine romagnola al servizio di Napoli e fondatore, assieme al figlio Francesco Sforza, della notissima casata che regnerà su Milano; Angelo Tartaglia, conte di Toscanella e signore di Lavello, vicario dell'antipapa Giovanni XXIII e rettore del Patrimonio di San Pietro in Tuscia; Bartolomeo d'Alviano; Erasmo da Narni detto il Gattamelata e Francesco Bussone detto il Carmagnola.
Riferimenti a tale figura si trovano più volte nelle opere letterarie italiane, come nell'"Arte della guerra" di Niccolò Machiavelli, ne "Il libro del cortigiano" di Baldassarre Castiglione, ne "I cinque canti" di Ludovico Ariosto, nel "Decameron" di Giovanni Boccaccio e ne "Il conte di Carmagnola" di Alessandro Manzoni.

lunedì 13 giugno 2022

Qual è la peggior morte che poteva venire inflitta ai condannati nel Medioevo


ATTENZIONE, SEGUONO IMMAGINI E TESTO NON ADATTO A PERSONE SENSIBILI ++++++++

Impiccato, sventrato e squartato
Indicava una modalità di pena capitale alla quale erano condannati i colpevoli di alto tradimento nell'Inghilterra medievale.
In Ungheria, da dove si diffuse anche verso altre parti d'Europa, cominciò a essere utilizzato verso la metà del XIII secolo. Usato per punire i reati ritenuti più gravi, venne eseguito con alcune varianti, a seconda del Paese in cui veniva applicato e, quando veniva eseguito nella sua variante più piena, poteva essere considerato uno dei più inimmaginabili e crudeli supplizi che si potessero infliggere a un essere umano, che veniva in pratica macellato vivo e con ciò degradato a un livello inferiore a quello di un animale da macello, il cui corpo veniva invece sezionato dopo essere stato ucciso.


La pratica dello squartamento in un'antica rappresentazione. Metodo inglese


Visione frontale
Per la prassi britannica, la piena punizione prevedeva che il colpevole venisse:
  • condotto al luogo dell'esecuzione, in pubblica piazza;
  • spogliato nudo e legate le mani dietro la schiena;
  • impiccato, ma non fino alla morte;
  • castrato vivo, con il taglio del pene e dei testicoli;
  • eviscerato senza ledere gli organi vitali;
  • le parti virili e le interiora bruciati davanti ai suoi occhi;
  • decapitato;
  • squartato: il suo corpo diviso in quattro parti;
  • i quarti del suo corpo appesi in diversi angoli della città;
  • la testa conservata nella Torre di Londra.
Il condannato veniva condotto su un carretto al luogo dell'esecuzione, sulla pubblica piazza, in cui era posta una piattaforma di legno, su cui l'attendevano il carnefice e i suoi assistenti. Sulla piattaforma si ergeva il patibolo per l'impiccagione, un tavolaccio di legno per lo squartamento e una pira per bruciare gli organi strappati alla vittima. Il suppliziato era costretto a salire sulla piattaforma, dove veniva spogliato nudo e legate le mani dietro la schiena. Poi, condotto sotto il patibolo, veniva impiccato con il metodo del nodo corto, in modo che il collo non si rompesse. Prima che sopraggiungesse la morte, veniva prontamente slegato e condotto vivo al tavolo di squartamento. Le mutilazioni venivano praticate in un ordine che rendesse più atroci, per il loro significato e la sofferenza inflitta, quelle eseguite quando il suppliziato era ancora completamente vivo e cosciente.
L'esecuzione del supplizio si iniziava con la castrazione totale del condannato. Mentre gli assistenti gli tenevano ferme gambe e braccia, il carnefice legava una corda ben stretta intorno alla base del pene e dei testicoli del suppliziato, tirandoli in avanti e, con una lama molto affilata, li recideva di netto, alla radice nel corpo. Strappare la virilità a un uomo suppliziato, oltre all'inimmaginabile sofferenza inflitta alla vittima, aveva prima di tutto l'evidente significato di voler privare il suppliziato oltre che della sua dignità di essere umano, che veniva castrato vivo come un animale, anche della sua identità di uomo. Dopo avergli strappato i genitali, il carnefice praticava un taglio nel ventre, aprendolo e estraendone gli intestini, che poneva in una cassetta dalla forma circolare. Il carnefice stava attento a non ledere organi vitali, in modo che il condannato restasse vivo sino al termine del supplizio.
Vicino al tavolaccio di squartamento, veniva accesa una pira e su di essa veniva posto ogni pezzo di organo, cominciando dai genitali, per essere bruciato davanti agli occhi del suppliziato, ancora vivo. Quando il suppliziato era completamente eviscerato ma ancora vivo, il carnefice lo liberava dalle atroci sofferenze del supplizio, tagliandogli la testa. Eseguita la decapitazione, procedeva infine allo squartamento del corpo. Gli assistenti afferravano le gambe del suppliziato, divaricandole e sollevandone il corpo un po' in alto, come si vede nella visione frontale dell'esecuzione, riportata nell'immagine, quindi il carnefice con un'ascia lo divideva in quattro parti. Prima tagliandolo verticalmente dal centro dell'inguine, tra le due cosce, fino al collo, lo divideva in due metà. Poi queste due parti le divideva orizzontalmente, all'altezza del ventre, in altre due metà. I quattro pezzi del suo corpo in ognuno dei quali era presente una delle quattro membra, gambe o braccia, venivano esposti, legati per una delle membra, in diversi punti della città, scelti dal re.


domenica 12 giugno 2022

La gente del medioevo cenava tardi?

La maggior parte non ha cenava. Né facevano colazione e pranzo. In realtà spesso non seguivano lo schema dei tre pasti. Nel nord Europa le persone mangiavano secondo uno schema a due pasti. Avevano un pasto principale a metà mattina e un pasto secondario a metà pomeriggio. Come mai? A causa di ciò.



Sì, è un interruttore della luce molto pratico. Premi il pulsante e si accende una luce elettrica. Ne ho uno nella stanza che sto scrivendo in questo momento. Posso allungare la mano e spegnerlo quando voglio. Cosa succede quando lo spengo? Tutta la luce se ne va. Ho bisogno di trovare le mie pantofole al tatto, e per camminare con cautela almeno mi imbatto in qualche oggetto. Le case medievali (ma anche le case moderne e le prime case contemporanee) erano buie di notte. E intendo seriamente buie.


I ricchi potevano permettersi delle candele, che erano scandalosamente costose. Anche i ricchi usavano il minor numero possibile di candele perché erano così costose. Gli altri avevano luci di punta e lanterne a olio, che erano meno costose perché potevano essere fatte a mano e usavano grasso vecchio come combustibile, ma facevano ancora meno luce e sfrigolavano e bruciavano velocemente. Ciò rendeva quasi impossibile cucinare dopo il tramonto e piuttosto difficile da mangiare dopo il tramonto.

Per la maggior parte le persone facevano buon uso della luce del sole, mangiando il primo pasto della giornata dopo un tempo abbastanza lungo quanto necessario per cucinare un pasto completo da zero, quindi diciamo 3 ore dopo l'alba (non dimenticare che dovevano prima fare il fuoco), e l'ultimo pasto della giornata dovrebbe finire abbastanza presto da permettere alle persone di finire di mangiare mentre c'era ancora abbastanza luce. A volte i ricchi potevano permettersi di organizzare una festa che si prolungava oltre il tramonto. Servire il cibo dopo che si era fatto buio era considerato molto sofisticato per il semplice motivo che sarebbe costato molto bruciare abbastanza candele e lanterne per creare abbastanza luce per consentire di mangiare. E anche così la luce era tutt'altro che illuminata. Vai nella tua stanza, chiudi la porta e spegni tutte le luci tranne quella di lettura. Quella piccola luce sarebbe stata molto brillante per gli standard premoderni, ed è ancora dove le persone non hanno una scorta di luce elettrica.


sabato 11 giugno 2022

Come sono nati e si sono sviluppati i Comuni nel Medioevo in Italia?

Semplificherò molto perché è un argomento davvero complesso che meriterebbe di essere approfondito con i testi che consiglio in calce.

In breve i Comuni nel Centro-Nord d'Italia nacquero soprattutto a causa della mancanza di un potere centrale diretto.

Difatti l'Italia Centrale e Settentrionale facevano parte del Sacro Romano Impero e degli Stati Pontifici.



A partire dall'anno 1000 ci fu una certa ripresa dei commerci e delle mercature, oltre a un ripopolamento delle città.
Va anche detto che le città italiane, quasi tutte fondate o rifondate in epoca romana, ebbero sempre un ruolo piuttosto significativo: non decaddero mai totalmente, come spesso accadde in altre regioni d'Europa.
Non ultimo fattore furono le diocesi: molte città italiane avevano mantenuto una certa rilevanza in quanto sedi vescovili. Anche qui il rapporto tra Comuni e diocesi è inequivocabile.

Attorno quindi a questo rifiorire cittadino si costituirono spontaneamente una sorta di associazioni di arti e mestieri, un qualcosa di vagamente simile ai moderni consorzi o comitati di quartiere.

All'inizio queste consorterie avevano lo scopo, appunto, di proteggere i loro commerci sia dalla concorrenza delle città vicine che dalle prevaricazione dei signori feudali (a cui teoricamente spettava il controllo di quel territorio).
In seguito assunsero dei veri e propri ruoli politici, estromettendo di fatto i duchi, conti e marchesi e diventando dei veri e propri Stati indipendenti, con tanto di elezione di propri magistrati, battitura di proprie monete e la costituzione di eserciti.

Tutto questo avvenne in un momento di debolezza sia del potere imperiale (perennemente occupato in diatribe con la Francia, coi principi tedeschi e poi con il papa) che di quello pontificio, dato che fino al XIV secolo l'effettiva sovranità del papa sui suoi Stati sarà ridotta al solo Lazio.

Poi furono avvenimenti successivi come la lotta con il Barbarossa a decretare la definitiva consacrazione e legittimazione del governo comunale.
Contribuì a questo il favore dei pontefici che, allo scopo di indebolire l'Impero, sosterranno la legittimità dei Comuni stessi.



In seguito l'esperienza comunale declinerà progressivamente, sia per fattori interni che esterni.

I fattori interni furono che le continue lotte al loro interno (guelfi contro ghibellini, popolo grasso contro popolo minuto, scontri tra le principali famiglie nobiliari, ecc.) porteranno alla fine all'accentramento da parte di un singolo soggetto della maggior parte dei poteri.
Quasi sempre poi questa persona otterrà anche formalmente, dal papa o dall'imperatore, l'investitura nobiliare (signore, conte, marchese o duca) per legittimare il proprio ruolo.
Questo sarò il famoso passaggio da Comune a Signoria, che in molti casi sarà lunghissimo (come in Toscana), in altri molto più veloce (Mantova o Milano).

Il fattore esterno fu che l'estrema parcellizzazione comunale non durò molto. Ben presto i Comuni più piccoli vennero fagocitati da altri, semplificando alquanto la cartina politica dell'Italia del tempo.
Per esempio Venezia tra gli inizi del Trecento e la metà del Quattrocento conquistò tutto l'attuale Veneto, sottomettendo le principali città (peraltro già diventate signorie) precedentemente autonome.

Milano già in età comunale conquistò molte importanti città confinanti e tale fenomeno sarà ancora più accentuato sotto i Visconti.

Persino i papi, a metà del Trecento, cercheranno di mettere ordine nei propri territori (vedi le "imprese" del cardinale Albornoz) anche se la conquista definita dei territori pontifici avverrà soltanto in epoca rinascimentale con strascichi fino al Seicento.



In ultimo va detto che anche in altre parti d'Europa si assisterà a fenomeni simili ai Comuni italiani.
Molti di essi però saranno effimeri, soprattutto in zone, come la Francia, dove esisteva un potere monarchico piuttosto forte che li farà terminare quasi sul nascere.

Invece altri "esperimenti" come la Lega anseatica o, ancora meglio, l'originaria Svizzera, ebbero maggior fortuna, potendo contare su condizioni geografiche maggiormente favorevoli e un potere centrale meno diretto.


venerdì 10 giugno 2022

Cosa accadeva se prima di un duello moriva uno dei due contendenti?

Nel 1536, a Modena, veniva dato alle stampe il trattato di scherma intitolato “Opera nova de Achille Marozzo bolognese, mastro generale de l’arte de l’armi”.


Scritto dallo spadaccino Achille Marozzo, è l’opera più rappresentativa della scherma rinascimentale secondo lo stile della scuola bolognese che spodestò nel ‘500 la scuola tedesca dominante nel Medioevo.

Il manuale non è solo tecnico: il maestro forma l’allievo anche sul codice cavalleresco e sulla procedura del duello giudiziario.

Ad esempio, per sottrarsi ad un duello, si dovevano presentare giustificazioni validissime, pena l’accusa più disonorevole, l’infamia.

E non serviva nemmeno morire.

Se lo sfidato o sfidante moriva prima del duello, si chiamava un medico a verificare che il decesso non fosse stato causato dalla paura. In tal caso, il giudice decretava vincitore il sopravvissuto.


giovedì 9 giugno 2022

William Wallace era davvero un abile guerriero come si vede nel film?

Wallace era un cavaliere vero e proprio, quindi è plausibile che se ne andasse in giro abbigliato così:



Il suo esercito viene completamente storpiato nel film di Braveheart:


Le armi che vengono issate sopra le loro teste (a parte quella strana cosa a forma di corno sulla destra) sono accurate. Si vede un falcione, un martello da guerra piuttosto realistico, una spada e molte asce danesi. L'ascia a due mani era meno comune delle altre 2 ma vabbe' sto divagando.

La roba che indossano, invece, è a dir poco terribile.

  1. La vernice sui loro volti è pitta, non scozzese. - 1200 anni in ritardo rispetto alla moda del tempo.

  2. L'armatura di pelle fa semplicemente schifo. Vestiti più spessi sarebbero stati più efficaci. Roba fantasy.

  3. Lo "stemma" che molti sembrano indossare è abbastanza accurato, ma molto probabilmente non così diffuso come mostrato negli spettacoli cinematografici.

  4. Il Kilt divenne una moda solo nel 16esimo secolo. -Qui siamo trecento anni in anticipo.

  5. Gli scudi rotondi sono abbastanza accurati e rimasero popolari a lungo.

L'esercito di Wallace non sarebbe stato molto diverso da quello inglese, a parte l'araldica. L'esercito scozzese che gli inglesi avrebbero dovuto fronteggiare in battaglia sarebbe più o meno apparso così:


niente a che vedere con i contadini della seconda foto in alto…


mercoledì 8 giugno 2022

Chi era definita la “tigre di Forlì”?

Ella era savia, animosa, grande: complessa, bella faccia, parlava poco; e tra i soldati a piè, e a cavallo era temuta assai, perche quella donna coll’armi in mano era fiera e crudele”.



Così veniva descritta dallo storico Bartolomeo Cerretani la contessa Caterina Sforza.

Nella sua veste di raso, con in testa uno sfarzoso cappello di velluto, in vita una cintura da uomo con la scarsella piena di ducati e la spada sguainata, si occupava tanto di ridurre le tasse al popolo e dei figli, quanto all’addestramento delle milizie.

Le terre di Caterina si trovavano in una posizione geografica fondamentale e spesso combatté insieme ai suoi uomini: si guadagnò sul campo l’appellativo di “tigre di Forlì”. Fu stanata però da Cesare Borgia che si appropriò dei suoi domini.

L’indole guerriera l’aveva ereditata dagli Sforza e l’avrebbe lasciata anche all’ultimo della sua prole: quel Giovanni dalle Bande Nere futuro capitano di ventura.