Juan Sebastián de Elcano decise di imbarcarsi nella marina di Magellano con la speranza di arricchirsi. Ebbe l’incarico di vice capitano in una delle cinque navi salpate nel 1519 dalla Spagna.
I dissapori tra Magellano e Juan de Cartagena, l’altro comandante scelto della autorità spagnole, sfociarono in un ammutinamento. Elcano si sollevò contro Magellano, ma quest’ultimo schiacciò la ribellione.
Il nostro scampò all’impiccagione solo perché il comandante temeva di restare a corto di equipaggio e per questo si limitò a declassarlo. Conservò così la testa sulle spalle, in maniera rocambolesca, ma la sua fortuna non si esaurì qui.
Un anno più tardi, Magellano morì dopo un banchetto offerto dal re dell’isola di Cebu e in quella circostanza morirono tutti i capitani della spedizione ed Elcano, ormai esonerato da ogni ruolo di comando, non era tra gli ospiti di quel pranzo fatale ed ebbe la fortuna di essere risparmiato.
Così si ritrovò a essere uno dei pochi uomini di prestigio a bordo delle navi e divenne il capitano della Victoria. Dopo vario peregrinare giunse a Capo Verde per fare scorte di viveri.
Ma i portoghesi, che detenevano l’isola, arrestarono gli uomini scesi dalla sua nave ed Elcano scampò all’arresto solo perché si allontanò rapidamente e raggiunse la Spagna incolume nel 1522. Fu l’unica nave che fece ritorno dalla spedizione.
Carlo V lo nominò cavaliere, gli concesse uno stemma glorificando il suo nome per sempre facendo apporre la famosa legenda Primus circumdedisti me, “sei stato il primo a circumnavigarmi” e un vitalizio di cinquecento ducati l’anno.
Elcano avrebbe potuto condurre una vita negli agi e nella fama, ma il richiamo del mare era troppo forte e salpò per una nuova spedizione nel 1525.
Ma non fece più ritorno: il suo corpo fu gettato nell’immenso oceano Pacifico. La sorte questa volta, forse offesa da quell’uomo poco riconoscente, si voltò da un’altra parte.