sabato 11 giugno 2022

Come sono nati e si sono sviluppati i Comuni nel Medioevo in Italia?

Semplificherò molto perché è un argomento davvero complesso che meriterebbe di essere approfondito con i testi che consiglio in calce.

In breve i Comuni nel Centro-Nord d'Italia nacquero soprattutto a causa della mancanza di un potere centrale diretto.

Difatti l'Italia Centrale e Settentrionale facevano parte del Sacro Romano Impero e degli Stati Pontifici.



A partire dall'anno 1000 ci fu una certa ripresa dei commerci e delle mercature, oltre a un ripopolamento delle città.
Va anche detto che le città italiane, quasi tutte fondate o rifondate in epoca romana, ebbero sempre un ruolo piuttosto significativo: non decaddero mai totalmente, come spesso accadde in altre regioni d'Europa.
Non ultimo fattore furono le diocesi: molte città italiane avevano mantenuto una certa rilevanza in quanto sedi vescovili. Anche qui il rapporto tra Comuni e diocesi è inequivocabile.

Attorno quindi a questo rifiorire cittadino si costituirono spontaneamente una sorta di associazioni di arti e mestieri, un qualcosa di vagamente simile ai moderni consorzi o comitati di quartiere.

All'inizio queste consorterie avevano lo scopo, appunto, di proteggere i loro commerci sia dalla concorrenza delle città vicine che dalle prevaricazione dei signori feudali (a cui teoricamente spettava il controllo di quel territorio).
In seguito assunsero dei veri e propri ruoli politici, estromettendo di fatto i duchi, conti e marchesi e diventando dei veri e propri Stati indipendenti, con tanto di elezione di propri magistrati, battitura di proprie monete e la costituzione di eserciti.

Tutto questo avvenne in un momento di debolezza sia del potere imperiale (perennemente occupato in diatribe con la Francia, coi principi tedeschi e poi con il papa) che di quello pontificio, dato che fino al XIV secolo l'effettiva sovranità del papa sui suoi Stati sarà ridotta al solo Lazio.

Poi furono avvenimenti successivi come la lotta con il Barbarossa a decretare la definitiva consacrazione e legittimazione del governo comunale.
Contribuì a questo il favore dei pontefici che, allo scopo di indebolire l'Impero, sosterranno la legittimità dei Comuni stessi.



In seguito l'esperienza comunale declinerà progressivamente, sia per fattori interni che esterni.

I fattori interni furono che le continue lotte al loro interno (guelfi contro ghibellini, popolo grasso contro popolo minuto, scontri tra le principali famiglie nobiliari, ecc.) porteranno alla fine all'accentramento da parte di un singolo soggetto della maggior parte dei poteri.
Quasi sempre poi questa persona otterrà anche formalmente, dal papa o dall'imperatore, l'investitura nobiliare (signore, conte, marchese o duca) per legittimare il proprio ruolo.
Questo sarò il famoso passaggio da Comune a Signoria, che in molti casi sarà lunghissimo (come in Toscana), in altri molto più veloce (Mantova o Milano).

Il fattore esterno fu che l'estrema parcellizzazione comunale non durò molto. Ben presto i Comuni più piccoli vennero fagocitati da altri, semplificando alquanto la cartina politica dell'Italia del tempo.
Per esempio Venezia tra gli inizi del Trecento e la metà del Quattrocento conquistò tutto l'attuale Veneto, sottomettendo le principali città (peraltro già diventate signorie) precedentemente autonome.

Milano già in età comunale conquistò molte importanti città confinanti e tale fenomeno sarà ancora più accentuato sotto i Visconti.

Persino i papi, a metà del Trecento, cercheranno di mettere ordine nei propri territori (vedi le "imprese" del cardinale Albornoz) anche se la conquista definita dei territori pontifici avverrà soltanto in epoca rinascimentale con strascichi fino al Seicento.



In ultimo va detto che anche in altre parti d'Europa si assisterà a fenomeni simili ai Comuni italiani.
Molti di essi però saranno effimeri, soprattutto in zone, come la Francia, dove esisteva un potere monarchico piuttosto forte che li farà terminare quasi sul nascere.

Invece altri "esperimenti" come la Lega anseatica o, ancora meglio, l'originaria Svizzera, ebbero maggior fortuna, potendo contare su condizioni geografiche maggiormente favorevoli e un potere centrale meno diretto.


venerdì 10 giugno 2022

Cosa accadeva se prima di un duello moriva uno dei due contendenti?

Nel 1536, a Modena, veniva dato alle stampe il trattato di scherma intitolato “Opera nova de Achille Marozzo bolognese, mastro generale de l’arte de l’armi”.


Scritto dallo spadaccino Achille Marozzo, è l’opera più rappresentativa della scherma rinascimentale secondo lo stile della scuola bolognese che spodestò nel ‘500 la scuola tedesca dominante nel Medioevo.

Il manuale non è solo tecnico: il maestro forma l’allievo anche sul codice cavalleresco e sulla procedura del duello giudiziario.

Ad esempio, per sottrarsi ad un duello, si dovevano presentare giustificazioni validissime, pena l’accusa più disonorevole, l’infamia.

E non serviva nemmeno morire.

Se lo sfidato o sfidante moriva prima del duello, si chiamava un medico a verificare che il decesso non fosse stato causato dalla paura. In tal caso, il giudice decretava vincitore il sopravvissuto.


giovedì 9 giugno 2022

William Wallace era davvero un abile guerriero come si vede nel film?

Wallace era un cavaliere vero e proprio, quindi è plausibile che se ne andasse in giro abbigliato così:



Il suo esercito viene completamente storpiato nel film di Braveheart:


Le armi che vengono issate sopra le loro teste (a parte quella strana cosa a forma di corno sulla destra) sono accurate. Si vede un falcione, un martello da guerra piuttosto realistico, una spada e molte asce danesi. L'ascia a due mani era meno comune delle altre 2 ma vabbe' sto divagando.

La roba che indossano, invece, è a dir poco terribile.

  1. La vernice sui loro volti è pitta, non scozzese. - 1200 anni in ritardo rispetto alla moda del tempo.

  2. L'armatura di pelle fa semplicemente schifo. Vestiti più spessi sarebbero stati più efficaci. Roba fantasy.

  3. Lo "stemma" che molti sembrano indossare è abbastanza accurato, ma molto probabilmente non così diffuso come mostrato negli spettacoli cinematografici.

  4. Il Kilt divenne una moda solo nel 16esimo secolo. -Qui siamo trecento anni in anticipo.

  5. Gli scudi rotondi sono abbastanza accurati e rimasero popolari a lungo.

L'esercito di Wallace non sarebbe stato molto diverso da quello inglese, a parte l'araldica. L'esercito scozzese che gli inglesi avrebbero dovuto fronteggiare in battaglia sarebbe più o meno apparso così:


niente a che vedere con i contadini della seconda foto in alto…


mercoledì 8 giugno 2022

Chi era definita la “tigre di Forlì”?

Ella era savia, animosa, grande: complessa, bella faccia, parlava poco; e tra i soldati a piè, e a cavallo era temuta assai, perche quella donna coll’armi in mano era fiera e crudele”.



Così veniva descritta dallo storico Bartolomeo Cerretani la contessa Caterina Sforza.

Nella sua veste di raso, con in testa uno sfarzoso cappello di velluto, in vita una cintura da uomo con la scarsella piena di ducati e la spada sguainata, si occupava tanto di ridurre le tasse al popolo e dei figli, quanto all’addestramento delle milizie.

Le terre di Caterina si trovavano in una posizione geografica fondamentale e spesso combatté insieme ai suoi uomini: si guadagnò sul campo l’appellativo di “tigre di Forlì”. Fu stanata però da Cesare Borgia che si appropriò dei suoi domini.

L’indole guerriera l’aveva ereditata dagli Sforza e l’avrebbe lasciata anche all’ultimo della sua prole: quel Giovanni dalle Bande Nere futuro capitano di ventura.


martedì 7 giugno 2022

Chi fu il più grande falsario del Medioevo?

Uno dei più grandi falsari di sempre fu Pietro Ramponi, nobiluomo bolognese vissuto tra il 1385 e il 1443.



Ramponi fu autore di opere storiche sul passato della propria famiglia e della città di Bologna.

Fino a qui, tutto bene. Salvo il fatto che Ramponi alterò la storia per dipingere un passato glorioso, completamente inventato.

Invece di citare adeguatamente le fonti dei suoi racconti, Ramponi inserì i suoi antenati in contesti e vicende storiche ove non vi erano mai stati!

Uno degli esempi più eclatanti è contenuto nella "Cronaca Villola", che parla della storia di Bologna. In questa monografia, Ramponi sostituì i nomi di vari personaggi storici con quelli dei suoi familiari. Cambiò, ad esempio, il nome del cavaliere "Guido Griffoni" in "Guido Ramponi".

Inserì anche un suo ipotetico ascendente nella corte di Carlo Magno.

L'apice (in tutti i sensi) lo raggiunse parlando delle torri cittadine: scrisse che quella della sua famiglia era la più antica di Bologna!

Un vero e proprio impostore della storia.


lunedì 6 giugno 2022

Gilles de Rais, assassino seriale dell’era feudale

Il processo contro questo nobile, amico di Giovanna d’Arco, rivelò che negli anni decine di bambini erano stati sequestrati e portati nei suoi castelli, dove venivano torturati e uccisi.

Gilles Montmorency-Laval, barone di Rais (o Retz), nacque nel settembre del 1404 nel castello di Champtocé, una delle proprietà della sua potente e ricca famiglia, che dominava estesi territori nel sud della Bretagna. A undici anni di età vide morire suo padre sventrato dalle zanne di un cinghiale che lo aveva attaccato mentre era a caccia in un bosco.

Gilles de Rais con indosso l'armatura. Ritratto idealizzato. 1834. Grande Trianon, Versailles

L’immagine del genitore moribondo con il ventre squarciato, agonizzante e sanguinante, colpì notevolmente il giovane, e probabilmente gli creò un trauma che lo accompagnò per tutta la sua tormentata vita. Fu quindi affidato alle cure del nonno materno, Juan de Craon, un nobile duro e sadico che trattava i suoi servi con estrema crudeltà. Educato come i rampolli dell’aristocrazia francese, il giovane Gilles si comportava in modo egoista, presuntuoso e capriccioso.

A quattordici anni fu nominato cavaliere ed entrò a servizio del duca Giovanni V di Bretagna: questo lo portò a partecipare ai conflitti armati fra i nobili di alto lignaggio della regione, che consideravano la guerra come qualcosa di intrinseco al loro modo di vivere, una specie di svago dell’aristocrazia. Violento, audace e coraggioso, Gilles non si fermava di fronte a niente. Aveva solo quindici anni quando, praticando la scherma, fece la sua prima vittima, un giovane il cui corpo ferito e sanguinante esercitò su di lui una strana attrazione.

Nonostante le tendenze omosessuali che presto si risvegliarono in lui, a 17 anni violentò Catherine de Thouars, una giovane ereditiera con cui si sposò lo stesso giorno, ignorando il rifiuto della sua famiglia. Non contento, catturò sua suocera, che non liberò finché lei non gli concesse alcuni castelli. Dovette attendere sette anni per avere un erede, la sua unica figlia, che presto abbandonò con sua moglie. Non si sarebbe mai più preoccupato di loro.

Come cavaliere del duca di Bretagna, Gilles de Rais si distinse per l’energia e la ferocia con cui affrontava i combattimenti: si batteva con tale impeto che i suoi compagni d’armi lo paragonavano ai vichinghi dei tempi passati. Nel 1429 la fama di guerriero feroce precedeva il barone de Rais, e il re di Francia reclamò i suoi servizi militari per liberare la città di Orléans, assediata dagli inglesi da ormai vari mesi. Quando vi arrivò, al comando di un gruppo di soldati, Gilles de Rais incontrò Giovanna d’Arco, la giovane che affermava di essere stata scelta da Dio per liberare la Francia dal giogo straniero. Il cavaliere rimase immediatamente affascinato dalla ragazza.

Entrambi capeggiarono l’esercito che in appena otto giorni liberò dall’assedio Orléans, dove entrarono trionfanti e acclamati dal popolo. Nominato maresciallo di Francia, nei mesi seguenti restò al fianco di Giovanna e le salvò anche la vita durante una scaramuccia alle porte di Parigi. Cercò di liberarla quando fu catturata e condannata per stregoneria ed eresia dagli inglesi a Rouen, ma non fece in tempo. Le cronache raccontano che pianse tutte le sue lacrime sulle sue ceneri. In seguito proseguì la lotta contro gli inglesi, ma nel 1434 cadde in disgrazia il cancelliere La Tremoille, suo grande protettore alla corte di Francia, e Gilles perse il suo titolo di maresciallo.

Tuttavia al tempo la sua fortuna era considerevole, poiché sommava all’eredità familiare i beni ottenuti in guerra. Ritiratosi nei suoi domini bretoni, il barone de Rais condusse una vita di lusso e sprechi. Celebrava sontuosi banchetti e organizzò anche una favolosa festa nel maggio del 1435, in cui venne ricreata la liberazione di Orléans del 1429 e che gli costò l’esorbitante cifra di 80.000 corone. Per far fronte a queste spese vendette il suo patrimonio, in contrasto con l’opinione della famiglia.

Riproduzione della stanza in cui Gilles de Rais commetteva i suoi crimini. Incisione del XIX secolo


Inoltre, affascinato dalla magia e dall’alchimia, riunì nel suo castello di Tiffauges maghi, negromanti, stregoni, satanisti e alchimisti, con cui si riuniva per cercare di scoprire la pietra filosofale. Lì invocava il diavolo e celebrava cerimonie sataniche, firmando patti con il suo stesso sangue. L’ultimo dei maghi che portò nella sua dimora fu l’ex monaco e occultista aretino Francesco Prelati, un imbroglione che gli consigliò di vendersi al diavolo.

Questi dettagli della “vita segreta” di Gilles de Rais si conoscono per via del processo a cui fu sottoposto nel 1440, dopo essere stato arrestato per ordine del vescovo di Nantes. L’accusa non si limitava alla pratica della stregoneria: si parlava anche di eresia, di violazione dell’immunità della Chiesa, di sodomia e di assassinio di bambini.

È quest’ultima accusa ad aver creato l’immagine di Gilles de Rais di criminale spietato, di assassino seriale. In effetti, diversi testimoni convocati di fronte al tribunale, umili contadini dei domini del barone de Rais, dichiararono che i loro figli, di età compresa fra gli 8 e i 14 anni, erano spariti da un giorno all’altro, mentre stavano sorvegliando il bestiame o lavoravano come apprendisti o si prendevano cura di un fratello più piccolo a casa.



I genitori avevano sospettato sin dal primo momento di Gilles de Rais, ma non si erano azzardati a protestare, tale era la paura che incuteva. Nel corso di sette anni si verificarono decine di sparizioni: 140, secondo alcune dichiarazioni rese.

Lo stesso Gilles de Rais e i suoi seguaci confessarono durante il processo ciò che accadeva con i bambini all’interno dei suoi castelli. Il barone aveva dei sicari incaricati del loro sequestro, che selezionavano quelli che erano «belli come un angelo».

La vittima veniva rinchiusa in una stanza speciale dei castelli di Tiffauges, Machecoul o La Suze. Lì, il barone iniziava sottoponendo i bambini a una specie di strangolamento per evitare che strillassero: «Li sollevava con una mano e poi li teneva sospesi per il collo, con nodi e corde, nella sua stanza, a un appendiabiti e a un gancio». Li liberava per violentarli e poi li uccideva, lui stesso o per mano dei suoi servitori, decapitandoli o percuotendoli.

Uno dei servitori di Gilles de Rais dichiarò anche che egli provava «più piacere assassinando i bambini, vedendo separarsi le loro teste e le loro membra e come si indebolivano e scorreva il loro sangue, che incontrandoli carnalmente». Poi cadeva addormentato. I servitori pulivano la stanza e bruciavano il cadavere nel camino. Si disse anche che, temendo un’indagine, Gilles de Rais abbia ordinato di bruciare i resti di 40 bambini nella torre del castello di Machecoul.


Esecuzione di Gilles de Rais. Stampa del XIX secolo


Alcuni autori hanno messo in dubbio la veridicità di queste dichiarazioni sotenendo che facevano parte di un processo politico, simile a quello organizzato pochi anni prima contro Giovanna d’Arco.

Un tribunale deciso a condannare il barone avrebbe raccolto le accuse di pratiche demoniache, eresia e sodomia per ottenere una condanna esemplare. La minaccia della tortura sarebbe anche servita affinché lo stesso Gilles confessasse. Tuttavia, la maggior parte dei biografi, anche i più recenti, tende a credere che l’accusato abbia commesso almeno una parte dei crimini imputati.

L’atteggiamento che ebbe negli ultimi mesi di vita fu strano. Nel settembre del 1440, quando una delegazione inviata dal vescovo di Nantes si presentò alle porte del castello di Machecoul, Gilles si consegno'senza opporre alcuna resistenza. Al processo, dopo aver riconosciuto tutti gli atti che gli furono imputati, dichiarò come ultima giustificazione di aver agito in quel modo perche' era scritto nelle stelle. La sua condizione di pari di Francia non servì a salvarlo. Il 26 ottobre del 1440 fu impiccato nel prato della Madeleine, in prossimita' di Nantes. I suoi resti, parzialmente bruciati, vennero sepolti nella chiesa dei Carmelitani della stessa città.


domenica 5 giugno 2022

Come riuscivano due armate a trovarsi nell'antichità?

Gli antichi eserciti in campagna di solito viaggiavano con almeno piccoli complementi di esploratori. Gli eserciti a base di fanteria come i romani avevano contingenti di cavalleria che servivano a ricognizione di ruoli e fanteria leggera che poteva anche cercare l'esercito. Gli eserciti pesanti della cavalleria erano intrinsecamente mobili e qualsiasi contingente poteva servire da forza di scouting.

Per eserciti abbastanza grandi, ci sarebbero evidenti segnali rivelatori che una grande forza militare era arrivata nell'area. Terreni agricoli saccheggiati, sentieri sulle strade, accessori scartati, campeggi abbandonati, ecc. Se l'esercito nemico avesse attraversato villaggi e città, la gente del posto avrebbe potuto essere consultata per scoprire cosa aveva fatto l'esercito e dove stava andando l'esercito.

In alcuni casi, dove era in gioco l'onore dei generali o l'esito di una battaglia, gli eserciti si informavano reciprocamente delle rispettive posizioni e coordinavano un punto d'incontro su un campo di battaglia. In altri casi, un esercito ha lanciato una sfida affermando la sua posizione e chiedendo a un altro esercito di venire e affrontarlo sul campo.

In generale, per gli antichi eserciti non era così difficile trovare altri eserciti a meno che un esercito non volesse dare battaglia. I Parti furono il miglior esempio di ciò nel mondo antico. Quando i romani tentarono di invadere e ingaggiare i Parti in battaglia, gli eserciti dei Parti sfruttarono il vantaggio di mobilità posseduto dalle loro unità a base di cavalli e rimasero lontani dai Romani in battaglia. I romani non furono mai in grado di trovare gli eserciti dei Parti a meno che non fosse in circostanze partiche.

Secondo la logica, era più facile per i difensori trovare eserciti attaccanti. Il difensore conosce meglio il territorio, di solito ha il vantaggio di una popolazione amica e ha il lusso di scambiare spazio per il tempo. L'attaccante entra in un territorio sconosciuto, sperimenta una resistenza ostile ed è più colpito dalla nebbia della guerra.



Catafratti dei Parti. I Parti avevano una cavalleria leggera e pesante all'interno del loro esercito, armati con varie armi da archi a lunghe lance simili a lance.