I Lanzichenecchi, dal tedesco
"Landsknechte", ovvero grossomodo “servitori
del paese”,
erano delle temibili truppe
mercenarie germaniche che fecero il bello ed il cattivo tempo sui
campi di battaglia europei
a partire dalla seconda metà del XV
secolo, per poi lentamente finire in declino – come un po’ tutte
le truppe mercenarie rinascimentali – a partire dalla seconda metà
del XVI secolo, quando gli eserciti nazionali iniziarono ad assumere
una loro identità.

Essi sono noti in Italia soprattutto
per la loro rappresentazione ne
I promessi sposi, in cui
Manzoni ci lascia intendere qual era la reputazione di cui godevano
questi mercenari. Ed infatti, nel descrivere la loro discesa in
Italia, egli così scrisse:
«Oltre tutti i danni che si potevan
temere da un tal passaggio, eran venuti espressi avvisi al tribunale
della sanità, che in quell`esercito covasse la peste, della quale
allora nelle truppe alemanne c`era sempre qualche sprazzo»
Non deve stupire la cattiva nomea
che i Lanzichenecchi si fecero durante la loro lunga attività
bellica.
Essi lasciarono il segno sui campi
di battaglia rinascimentali non solo esclusivamente per il loro
valore militare, seppur questi subirono dolorose batoste in più di
una occasione, ma anche per le efferatezze di cui si macchiarono nel
corso delle varie campagne che li videro partecipi, come ad esempio
il celebre sacco di Roma del 1527, quando i Lanzichenecchi,
rimasti scontenti dal magro compenso fino a quel momento accumulato
(e fomentati dal loro odio per la chiesa cattolica),
misero a ferro e fuoco l’antica
capitale dell’impero romano, già di per se ridotta in uno stato
decadente.
Spezziamo però una lancia –
anzi, un’alabarda – a loro favore: al sacco parteciparono con la
stessa efferatezza anche truppe italiane e spagnole. Così lo storico
del tempo Francesco Guicciardini descrisse lo scempio:
«Tutte le cose sacre, i sacramenti
e le reliquie de' santi, delle quali erano piene tutte le chiese,
spogliate de' loro ornamenti, erano gittate per terra; aggiugnendovi
la barbarie tedesca infiniti vilipendi. E quello che avanzò alla
preda de' soldati (che furono le cose più vili) tolseno poi i
villani de' Colonnesi, che venneno dentro. Pure il cardinale Colonna,
che arrivò (credo) il dí seguente, salvò molte donne fuggite in
casa sua. Ed era fama che, tra denari, oro, argento e gioie, fusse
asceso il sacco a più di uno milione di ducati, ma che di taglie
avessino cavata ancora quantità molto maggiore.»

Certo il saccheggio e le violenze in
guerra non erano prerogativa esclusiva dei mercenari tedeschi, ci
mancherebbe, ma questi erano particolarmente feroci.
Spesso, un po’ come tutte le
truppe mercenarie, questi erano tanto più inclini al saccheggio
quanto meno venivano pagati.
Anzi erano gli stessi comandati
che quando non riuscivano ad onorare la retribuzione promessa (la
famosa “cinquina”, ovvero il compenso corrisposto ogni cinque
giorni), permettevano ben volentieri ai sottoposti di darsi alla
razzia, per rifarsi del mancato pagamento.
D’altronde era il denaro
quasi l’unico strumento per assicurarsi la fedeltà di questi
uomini, come ovvio che sia, quindi era essenziale che questi fossero
soddisfatti della retribuzione.
Ne è testimone la diffidenza
nutrita dagli spagnoli alla vigilia della battaglia di Pavia del
1525, quando il marchese di Pescara, Ferdinando Francesco D’Avalos,
mise in guardia i propri uomini sugli alleati germanici sostenendo
che questi fossero “non avvezzi a combattere per la gloria,
per i trionfi e per la reputazione” ma che “vanno
alla guerra come fossero operai”
Per completare il quadro di cattiva
fama che si portavano dietro i Lanzichenecchi, non possiamo non
citare le condizioni igieniche e sanitarie in cui versavano queste
truppe. Di certo la durezza della vita militare contribuiva al
dilagare delle malattie, cosa piuttosto ovvia quando l’igiene non
era al primo posto e tanti uomini si accalcavano in piccoli
accampamenti.
Difatti è acclarato che i
Lanzichenecchi, ad esempio, fecero scoppiare una vera e propria
emergenza sanitaria a Roma dopo il famoso sacco, poiché un tale
ammasso di uomini in una città già di per se insalubre (qual era
Roma al tempo) aveva quale ovvia conseguenza il dilagare di malattie
contagiose.
Ma questa non era una prerogativa dei
mercenari tedeschi, ma una sgradevole conseguenza della guerra.
Un tocco di gioco d’azzardo ed il
quadro è completo: essi erano grandi amatori di dadi e carte,
portando in Italia un particolare gioco d’azzardo chiamato
“zecchinetta” nella penisola. Insomma come diremmo oggi con un
meme, erano violenti, sporchi e giocatori d’azzardo… ma avevano
anche dei difetti. Però questi cattivi ragazzoni germani erano anche
dediti alla religione. Era loro uso pregare e baciare il terreno
prima di ogni battaglia.
Scherzi a parte, i Lanzichenecchi da
un punto di vista puramente militari erano degli ottimi soldati,
protagonisti di quella rivoluzione bellica rinascimentale che vide il
ritorno della fanteria quale protagonista indiscussa dei campi di
battaglia a scapito della cavalleria pesante e del diffondersi
delle armi da fuoco, prima tra tutte l’archibugio. Certo, almeno
inizialmente la loro valenza era adombrata dai loro mentori/nemici,
la fanteria svizzera mercenaria armata di picca dalla quale
Lanzichenecchi e Tercios spagnoli trassero in qualche modo
ispirazione.
Anche se già dal medioevo era in uso
in Germania per gli uomini delle fasce sociali più basse riunirsi in
una sorta di associazione per offrirsi ai nobili dell’epoca quali
milizie di facile impiego, la vera genesi dei Lanzichenecchi viene
identificata nella volontà di
Massimiliano D’Asburgo
di usufruire di truppe armate di
picca, sul modello svizzero, per avere ragione sulla Francia di Luigi
XI. Già nella battaglia di Guinegatte del 1479, Massimiliano
sconfisse i francesi grazie a questa nuova tipologia di fanteria.
Nei decenni a seguire i Lanzichenecchi
assunsero sempre più una loro identità. Il reclutamento aveva
inizio quando, in tempi immediatamente precedenti alla guerra o in
costanza di questa, vi era bisogno di truppe per portare avanti la
campagna.
Il “mandante” per il
reclutamento poteva essere chiunque, da una città libera
all’imperatore, passando per un Duca facoltoso.
Questi dava mandato ad un’altra
figura, un impresario, sostanzialmente un militare d’esperienza con
una certa fama ed influenza, il quale procedeva in prima persona al
reclutamento.
Il “bacino” di reclutamento dei
Lanzichenecchi era quello dell’alto corso del Reno e della Germania
meridionale. Qui l’impresario emetteva un bando, il quale circolava
tra città e villaggi. La maggior parte dei futuri Lanzichenecchi
erano coloro che appartenevano ai ceti più bassi, figli di contadini
ed artigiani, i quali accecati dalla possibilità di sfuggire ad una
vita misera rispondevano numerosi al bando. Non era però improbabile
che accorressero anche uomini di estrazione più elevata, comunque
benestanti, i quali cercavano avventura e gloria.
Il giorno prestabilito chi volesse si
recava presso la località stabilita nel bando in un giorno ben
preciso, dove
veniva passato in rassegna ai
fini della idoneità fisica e del proprio armamento.
Difatti quest’ultimo doveva
essere portato autonomamente da ogni aspirante fante o comunque
questi doveva portare i soldi necessari ad acquistare
l’equipaggiamento. Durante l’ispezione inoltre l’impresario,
detto
Oberst, leggeva gli
articoli del futuro contratto, avente ad oggetto i vari termini
dell’ingaggio, la durata ed il soldo mensile. Se inizialmente le
condizioni contrattuali venivano trattate dalle parti, in un secondo
momento si ricorse a formule più o meno standardizzate che gli
aspiranti Lanzichenecchi dovevano semplicemente accettare. Dopo la
stipula del contratto, ognuno veniva registrato con nome ed arma in
possesso, il grado assegnato e poi veniva corrisposta la prima
mensilità. Vi era poi una sorta di cerimonia d’iniziazione: ogni
fante passava sotto un giogo di alabarde incrociate.
Per quanto riguarda il soldo, vi erano
delle differenze. Infatti, accanto al soldo normale, elargito ai
fanti armati di picca, vi erano coloro che percepivano il
Doppelsöldner, in
italiano “doppio saldo”, ovvero per l’appunto una paga doppia.
I beneficiari di questo trattamento privilegiato erano coloro i quali
portavano con se un particolare equipaggiamento o svolgevano ruoli di
rilievo.
Infatti il doppio saldo veniva elargito
in primis a coloro i quali avevano un’alabarda o una spada a due
mani, la celebre Zweihänder e comunque un’armatura a copertura del
busto. Questi uomini venivano posti in prima linea o ai lati dello
schieramento a quadrato e guidavano la carica.
Proprio per questo “rischio
extra” venivano pagati di più. Avevano accesso al doppio soldo
anche i balestrieri e gli archibugieri.
In totale gli armati che percepivano
il doppio soldo erano ¼ del totale degli uomini. Percepivano il
Doppelsöldner
anche coloro che svolgevano
particolari funzioni, come lo scrivano, il furiere, l’addetto
all’assegnazione degli alloggi, il tesoriere, medico da campo, ma
anche i pifferai e i portatori di stendardo, i quali in battaglia
venivano posti al centro dello schieramento.

(notare l'armamento più
particolare dei fanti di prima linea, in primis lo spadone a due
mani)
Vi erano inoltre tutta una serie di
altre figure addette ai compiti più disparati. Giudici, commissari
che vigilavano sul rispetto delle regole disciplinari dei soldati.
Una figura interessante era quella del
Trossweibel, una
sorta di commissario che vigilava su tutta quella folta carovana che
seguiva i Lanzichenecchi durante le loro campagne. Molte persone,
attratte dall’opportunità di profitto concessa dalla guerra si
mettevano al seguito delle truppe. Si trattava di famiglie,
commercianti, prostitute, lavandaie e chi più ne ha più ne metta.
Figura essenziale era poi quella del rappresentante di truppa, una
sorta di sindacalista rinascimentale, il quale si faceva voce dei
diritti dei soldati dinnanzi ai superiori.
Unʼorganizzazione non indifferente
era quella relativa allʼamministrazione della giustizia.
La sua particolarità era che
questa non era gestita da giuristi di professione, ma dagli stessi
uomini della truppa. Solo nei casi più importanti il colonnello
interveniva nelle vesti di Capo Supremo del Tribunale. Potremmo
parlare di un vero “diritto lanzichenecchio”. Il giorno
prestabilito per il processo venivano adunate le truppe e disposte
delle panche in quadrato, dove sedevano un numero prestabilito di
giurati scelti tra fanti, sergenti, alfieri e capitani. Veniva dunque
dichiarata la materia della causa, civile o penale ed in seguito il
processo aveva inizio con la lettura della lettera di impiego.
Passiamo ora all’equipaggiamento ed
alle formazioni da battaglia dei Lanzichenecchi. Il grosso della
truppa era armato con una picca lunga più di cinque metri ed
estremamente pesante. La formazione standard infatti prevedeva che i
picchieri si schierassero in quadrato o ad istrice molto densa e
compatta, puntando le picche in avanti per formare una folta
selva di punte ferrate contro il nemico. Questa formazione ricordava
lo “schiltron” scozzese, o, vagamente, una falange
macedone da cui differiva per una maggiore velocità di manovra ed
una migliore flessibilità, cosa che non rendeva la formazione
particolarmente vulnerabile agli attacchi laterali, a differenza
delle antiche falangi macedoni. Una particolarità stava
nell’utilizzo della picca da parte dei soldati. Infatti, se gli
svizzeri impugnavano le loro picche a metà della loro lunghezza, i
tedeschi preferivano impugnarla più infondo possibile, cosa che
richiedeva un notevole sforzo fisico. Proprio a causa di questa
scelta, la fatica doveva essere enorme, ragion per cui i picchieri
abbassavano le picche solo pochi attimi prima di entrare in contatto
col nemico. Oltre alla picca il fante era armato di
Katzbalger, una
spada a doppia taglio di circa 80 cm.
Come già detto in prima linea vi erano
i beneficiari del doppio soldo armati di alabarda o di spadone a due
mani
Zweihänder, i
quali avevano il preciso compito di menare fendenti a più non posso
per spezzare le picche nemiche ed aprire un varco ai picchieri.
Essendo protetti almeno di
armatura pettorale, dovevano essere in qualche misura meno
vulnerabili agli attacchi nemici.
Vi erano infine i tiratori,
anch’essi beneficiari del doppio saldo, armati di balestra o di
archibugio.
Questi agivano con ampia libertà
di manovra, salvo riparare dietro le picche in caso di pericoloso
avvicinamento del nemico. Con il perfezionarsi delle armi da fuoco e
l’introduzione del moschetto, i tiratori aumentarono di numero e
iniziarono ad essere posti agli angoli delle formazioni quadrate.
Essi sparavano a file alternate per garantire continuità di fuoco.
Quanto al vestiario, i
Lanzichenecchi si distinguevano per il loro abbigliamento piuttosto
stravagante e variopinto, con calzamaglie larghe e grossi berretti
piumati.
Pare che la particolare scelta di
colori piuttosto disomogenea, fosse dovuta al fatto che il vestiario
veniva ricavato dalla cucitura di più tessuti ricavati dai
saccheggi. Pare che il loro vestiario fu tanto oggetto di scherno,
quanto parte di una nuova moda per i ceti più alti.

Insomma, i Lanzichenecchi furono un
“prodotto” di successo che prese parte a molti dei conflitti più
importanti e non del rinascimento.
Dalle guerre d’Italia alle fiandre,
fino a seguire Massimiliano I nelle sue guerre contro i turchi ai
confini dell’impero. Molte volse vinsero, altre volte furono
duramente sconfitti. Una curiosa rivalità era quella con i picchieri
svizzeri, i veri pionieri della fanteria rinascimentale, contro i
quali i Lanzichenecchi presero belle batoste, come durante la guerra
Sveva del 1499. Altre volte invece i Lanzichenecchi superarono i loro
maestri, infliggendo loro gravi sconfitte, come nella battaglia della
Bicocca del 1522, quando gli svizzeri si dimostrarono totalmente
vulnerabili ad un uso più massiccio di armi da fuoco da parte dei
Lanzichenecchi, perdendo tra i 3000 ed i 7000 uomini e 22 capitani.
L’avventura dei Lanzichenecchi, come gran parte delle truppe
mercenarie rinascimentali, andò tramontando attorno alla seconda
metà del XVI secolo, quando iniziarono ad affermarsi gli eserciti
nazionali.