Posso parlare per tempi più recenti
come le guerre napoleoniche.
Quello che segue non è un racconto per deboli di stomaco, vi avverto:
Quello che segue non è un racconto per deboli di stomaco, vi avverto:
Svegliarsi dopo la battaglia
L’8 gennaio 1807, al termine della
sanguinosa battaglia di Eylau, nell’attuale regione russa di
Kaliningrad, il soldato francese Jean Baptiste de Marbot si
risveglia, dopo aver trascorso alcune ore in stato di incoscienza: è
coperto di sangue e si trova su un carro, circondato da cadaveri. È
completamente nudo, indossa solo il cappello perché, dandolo per
morto, gli hanno portato via tutti i vestiti e gli oggetti personali.
Abbandonato nella neve in mezzo a
cumuli di morti e moribondi, incapace di muovermi in alcun modo,
persi conoscenza pian piano, senza soffrire [...] Credo che il mio
deliquio sia durato quattro ore. Quando ripresi i sensi mi ritrovai
in una situazione orrenda. Ero completamente nudo, con addosso
null’altro che il mio cappello e lo stivale destro. Uno dei
barellieri, credendomi morto, mi aveva spogliato e, nel tentativo di
portarsi via lo stivale rimasto, mi stava tirando per una gamba
tenendomi un piede sul corpo. Senza dubbio era stato il suo strattone
a farmi riprendere i sensi. Riuscii a mettermi seduto e a sputare i
grumi di sangue che avevo in gola. L’impatto del proiettile da cui
ero stato colpito aveva causato un’emorragia tale che avevo il
volto, le spalle e il torace completamente neri, mentre il resto del
corpo era chiazzato dal rosso del sangue che sgorgava dalla ferita.
Cappello e capelli erano incrostati di neve sporca di sangue, avevo
gli occhi scavati, dovevo essere orribile a vedersi. Ad ogni modo, il
barelliere guardò dall’altra parte e se ne andò con le mie cose,
ed io, per lo sfinimento totale, non riuscii nemmeno ad aprire bocca.
Jean Baptiste de Marbot, The Memoirs
of Baron de Marbot
Chi ripuliva, dopo la battaglia?
Questa è una delle questioni che i
libri di storia non sono soliti raccontare perché normalmente si
soffermano sulla vittoria o la sconfitta degli eserciti e sulle
conseguenze politiche di tali avvenimenti. Pochi si chiedono: dopo
una battaglia, che ne è delle migliaia di corpi, abbandonati per i
campi?
Ecco, ad esempio, come il generale
inglese Robert Wilson descrive la scena dopo la battaglia di
Heilsberg del 1807, che i francesi combatterono contro i russi:
Il terreno tra il bosco e le
batterie russe, circa un quarto di miglio, era una distesa di corpi
umani nudi, che amici e nemici avevano spogliato nottetempo, per
quanto il numero dei cadaveri ricordasse loro costantemente la
tragedia nella quale si trovavano. Una scena orribile a vedersi, ma
da cui non si poteva distogliere lo sguardo.
Robert
Wilson, Brief Remarks on the Caracter and Composition of the Russian
Army and Sketch of the Campaigns in Poland in the Years 1806 and 1807
Si calcola che tra il 1803 e il 1815 le
guerre napoleoniche si portarono via tra i 3,5 e i 6 milioni di
persone, alcune a causa di azioni belliche (da 500.000 a 2 milioni) e
il resto a causa di malattie.
Che cosa ne fu di questi corpi? Chi
si incaricò di ripulire quegli scenari raccapriccianti?
Erano diversi i soggetti che, uno dopo
l’altro, sgombravano il terreno di battaglia.
I primi erano proprio i soldati
vincitori che raccoglievano armi e attrezzature del nemico, come
scarpe, indumenti, oggetti personali di valore (orologi, bottigliette
per liquori, medaglie, portasigari ecc.) in modo da integrare la loro
esigua paga.
In un secondo momento, giungevano le
donne e dopo, se lo scontro era avvenuto nelle vicinanze di un
villaggio, si univano a loro anche gli abitanti delle località
vicine in cerca di qualcosa da portar via.
Successivamente arrivavano i
saccheggiatori, i quali, poiché non trovavano quasi più nulla da
rubare, si accanivano sui corpi: armati di pinze, si affannavano a
estrarre i denti dei morti. Non soltanto i denti d’oro
(naturalmente più rari e appartenenti solo agli ufficiali per il
loro costo elevato), ma anche i denti normali, molto ricercati per
fabbricare le dentiere.
Nel 1814, in Spagna, il nipote del
chirurgo inglese Astley Cooper ricevette la visita di un cacciatore
di denti inviato dallo zio.
Dopo aver chiesto a questo Butler,
che si presentava in condizione di grande povertà, quale fosse lo
scopo della sua visita, egli rispose che si trattava dei denti [...]
ma quando lo interrogai sui mezzi che avrebbe impiegato per
ottenerli, disse: “Oh, signore, lasci solo che scoppi una bella
battaglia e non ci sarà più penuria di denti. Li strapperò al
volo, non appena cominceranno a cadere i soldati” [...]
Bransby
Blake Cooper, The Life of Sir Astley Cooper (Londra, 1843)
Si sa che, dopo la battaglia di
Waterloo, il mercato delle dentiere conobbe un momento prospero
poiché il numero di vittime procurò materiale in abbondanza e anche
di notevole qualità data la giovane età dei soldati che persero la
vita in quell’occasione. Questo era un dettaglio che si specificava
negli annunci pubblicitari, tanto che le protesi di quell’epoca
iniziarono ad essere chiamate “I denti di Waterloo”,
sottolineandone appunto la garanzia di ottima qualità.
Cremazioni, sepolture. E animali
carnivori.
Normalmente il vincitore destinava una
quota del bottino, ricavato dalle spoliazioni dei cadaveri, per
pagare la loro sepoltura, spesso in una fossa comune, con poche
badilate di terra. Oppure si procedeva all’incinerazione dei
cadaveri, per prevenire epidemie.
La scelta dipendeva dall’urgenza,
dato che, spesso, la guerra richiedeva di riprendere la marcia senza
arrestarsi ulteriormente. In questo caso, era la natura a occuparsi
della faccenda: avvoltoi, corvi, lupi, volpi. Tutti questi carnivori
trovavano molto materiale a propria disposizione.
Il colpo di grazia
La sanità militare era piuttosto
rudimentale. Si limitava all’amputazione per prevenire la cancrena.
In più c’era il problema di reperire carri per il trasporto di
coloro che non potevano camminare. Per tale ragione, si dovettero
adottare misure estreme come quella di dare il colpo di grazia ai
feriti gravi. Altri, invece, morirono lentamente e furono ritrovati
in seguito, fermi nell’atto di mordere la carne dei loro cavalli.
Il processo di sgombero dei campi era
qualcosa la cui durata dipendeva da molte variabili: il fattore
climatico, la gravità delle perdite e la disponibilità di soldati e
gente del luogo. A Waterloo si ingaggiarono i contadini locali per
ripulire il campo di battaglia. Sotto la supervisione del personale
medico, procedevano coprendosi il viso con un panno per sopportare il
fetore dei cadaveri. I defunti alleati venivano inumati e i francesi
arsi. Le pire bruciarono per più di una settimana, alimentate negli
ultimi giorni solo dallo stesso grasso umano.
Ossa come fertilizzanti
Così, ancora dopo un anno, si potevano
vedere le ossa dei combattenti. Fu questo il motivo per il quale
venne affidato a un’impresa l’incarico di raccoglierle: gli
scheletri erano destinati ad essere macinati per essere usati come
fertilizzanti (a quanto pare di ottima qualità). Non è un mito,
come è stato ben dimostrato da Joe Turne, che riporta, fra l’altro,
la testimonianza di giornali del tempo. Un periodico britannico
calcolava, nel 1822, che l’anno precedente erano stati importati da
quei luoghi un milione di bushel (recipiente da 35 litri) di ossa
umane ed equine, che, sbarcate nel porto di Hull in Inghilterra,
venivano inviate alle trituratrici a vapore dello Yorkshire. Da lì
si mandavano a Doncaster, dove c’era il principale mercato agricolo
nazionale, e le si vendevano ai contadini.
L’articolo si concludeva spiegando al
lettore che le perdite al fronte, tutto sommato, avevano un loro
risvolto utile.
Cacciatori di souvenir
L’ultimo agente di pulizia è il
“cacciatore di souvenir”. Dopo la sconfitta finale di Napoleone,
in Inghilterra divenne di moda recarsi a visitare Waterloo, Parigi e
gli altri luoghi legati all’Imperatore, come in una sorta di
turismo organizzato.
Passeggiare per i campi di battaglia in
cerca di oggetti, senza badare troppo all’odore di morte e carne
bruciata che ancora aleggiava nell’ambiente, divenne un autentico
hobby: cappelli, lettere, munizioni, libri, corazze (ancor meglio se
erano perforate dai proiettili), elmetti, bottoni e a volte qualche
osso dimenticato sul campo. Ben presto la richiesta di reliquie
alimentò una nuova attività commerciale: il collezionismo.
Nessun commento:
Posta un commento