Il
Medioevo
è una delle quattro età storiche
(antica, medievale, moderna e contemporanea) in cui viene
tradizionalmente suddivisa la storia dell'Europa nella storiografia
moderna. Comprende il periodo dal V secolo al XV secolo. Segue la
Caduta dell'Impero romano d'Occidente nel 476 d.C. e termina con la
scoperta delle Americhe, evento che sancisce l’inizio dell'Età
moderna. A sua volta, solitamente, viene suddiviso in alto, e basso
medioevo. Nei paesi di cultura anglosassone si usa spesso distinguere
anche un pieno medioevo. Il termine "Medioevo" compare per
la prima volta nel XV secolo in latino e riflette l'opinione dei
contemporanei, per cui tale periodo avrebbe rappresentato una
deviazione dalla cultura classica, in opposizione al Rinascimento e
all'Umanesimo.
Il crollo demografico, la
deurbanizzazione, il declino del potere centralizzato, le invasioni e
le migrazioni di massa delle tribù, furono fenomeni che, iniziati
nella tarda antichità, continuarono nell'alto medioevo. Come
conseguenza delle invasioni barbariche del V secolo, in particolare
di quelle dei vari popoli germanici, si vennero a formare nuovi regni
in quello che restava dell'Impero Romano d'Occidente. Nel settimo
secolo, il Nord Africa e il Medio Oriente, una volta parte
dell'Impero bizantino, passarono sotto il dominio del Califfato degli
Omayyadi, una dinastia islamica. Sebbene vi fossero stati cambiamenti
sostanziali nella società e nelle strutture politiche, la rottura
con l'antichità classica non fu completa: L'impero bizantino,
sopravvissuto nel mediterraneo orientale, si considerava diretto
successore di Roma; il codice di legge dell'impero, il Corpus Iuris
Civilis, venne riscoperto nell'Italia settentrionale nel 1070; in
Occidente, la maggior parte dei regni utilizzava le poche istituzioni
romane esistenti; i monasteri furono fondati mentre continuavano le
campagne per la cristianizzazione dell'Europa pagana. I Franchi,
sotto la dinastia carolingia, diedero vita ad un breve impero che
durò tra l'VIII e il IX secolo, comprendendo gran parte dell'Europa
occidentale. La sua fine fu decretata dalle guerre civili interne e
dalle invasioni esterne dei normanni al nord, degli ungari a est e
dai saraceni a sud.
Durante il pieno medioevo,
convenzionalmente fatto iniziare dopo il 1000, la popolazione europea
aumentò notevolmente grazie all'innovazioni tecnologiche ed agricole
che permisero al commercio di prosperare, oltre al cambiamento
climatico (periodo caldo medievale) che fece aumentare i raccolti. Il
sistema curtense, l'organizzazione dei contadini nei villaggi che
dovevano affitto e servizi di lavoro ai nobili, e il feudalesimo, la
struttura politica con cui cavalieri e nobili di basso rango dovevano
il servizio militare ai loro padroni in cambio di terre e castelli,
erano due modi in cui la società era organizzata. Indette per la
prima volta nel 1095, le Crociate furono pellegrinaggi e imprese
militari dei cristiani volti a riprendere il controllo della Terra
Santa a quel tempo occupata dai musulmani. Iniziarono a formarsi
stati nazionali centralizzati, mentre la vita intellettuale era
segnata dalla scolastica, una filosofia che enfatizzava l'unione
della fede con la ragione. In questi anni iniziarono a nascere le
prime università. La teologia di Tommaso d'Aquino, i dipinti di
Giotto, la poesia di Dante e Chaucer, i viaggi di Marco Polo e le
cattedrali gotiche sono eccezionali successi che contraddistinsero la
fine di questo periodo.
Il basso medioevo fu caratterizzato da
carestie, pestilenze e guerre che portarono ad una riduzione
significativa della popolazione europea; tra il 1347 e il 1350, la
peste nera uccise circa un terzo degli europei. Controversie, eresie
e lo scisma d'occidente all'interno della chiesa cattolica, misero a
confronto il conflitto tra gli stati, le guerre civili e le rivolte
dei contadini. Gli sviluppi culturali e tecnologici trasformarono la
società europea dando inizio all'era moderna.
Dopo la caduta dell'Impero romano
d'Occidente, si assistette a una prima fase con la lotta tra le
popolazioni del nord e dell'est europeo per la ricostruzione a
livello locale dell'organizzazione amministrativa, militare,
economica e giuridica. Questa fase fu poi seguita, verso la fine del
Medioevo, da una nuova fase di accentramento dei poteri a livello
nazionale. Cruciale in questa organizzazione fu la struttura feudale
che, se da un lato permetteva una certa stabilità grazie
all'organizzazione continentale del sistema, non fu mai
sufficientemente forte da togliere completamente autonomia alle
realtà locali, che così poterono gestire la transizione tra
l'uniformità dell'Impero romano e la nascita degli stati nazionali.
Contemporaneamente allo sforzo per la
creazione di stati nazionali, nell'Italia centrosettentrionale e in
alcuni centri commerciali d'Europa si assiste invece
all'emancipazione dall'Impero romano tramite i Comuni, città o paesi
indipendenti, a regime repubblicano, che si contrappongono al
concetto in formazione di monarchia nazionale, sino alla loro
trasformazione, in Italia, in signorie cittadine e poi in stati
regionali, ambienti in cui sorgerà il Rinascimento. Una realtà in
grado di dare uniformità al panorama europeo fu la comune radice
religiosa basata sul Cristianesimo, ereditata dall'ultimo periodo
romano e proseguita fino all'XI secolo con la separazione della
Chiesa ortodossa dalla Chiesa cattolica nel 1054. Questa radice
comune portò da un lato a una commistione tra potere temporale e
religioso che permise dei momenti di identità come nel caso delle
crociate e persistette, non senza conflitti, anche oltre la Riforma
protestante.
In ambito filosofico, il Medioevo si
caratterizza per una grande fiducia nella ragione umana, che si
esprime nella corrente della scolastica, il cui maggior esponente è
Tommaso d'Aquino. La crisi di questa corrente filosofica, nel XIV
secolo, con autori come Duns Scoto e soprattutto Guglielmo di Ockham,
fu segnata da un crollo di fiducia nella ragione e da un conseguente
crescente fideismo, portando quindi alla fine del pensiero medievale
e alla nascita del pensiero moderno. L'Umanesimo e il Rinascimento
furono dei poderosi tentativi di rispondere a tale crisi, proponendo
quale modello gli "antichi", come risposta al crollo di
fiducia nella ragione umana. Come è stato ben spiegato da diversi
storici, come Régine Pernoud, gli Umanisti finirono per attribuire
all'intero Medioevo quei caratteri di debolezza della ragione e di
fideismo che ne caratterizzano, al contrario, proprio la crisi.
Questo termine fu usato in senso di
periodo storico per la prima volta nell'opera Historiarum ab
inclinatione romanorum imperii decades, dell'umanista Flavio Biondo,
scritta verso il 1450 e pubblicata nel 1483. Secondo Flavio Biondo,
in polemica con la cultura del XIV secolo (che oggi consideriamo la
crisi del Medioevo), l'epoca è come una lunga parentesi storica,
caratterizzata da una stasi culturale che si colloca tra la grandezza
dell'età classica e la rinascita umanistico-rinascimentale della
civiltà che a essa si ispira. Questa visione completamente negativa
del Medioevo è stata successivamente superata (anche se ad oggi
permangono, comunque, diverse interpretazioni in tal senso).
Il passaggio al Medioevo è un processo
storico-sociale, e in quanto tale continuo e con caratteristiche non
sempre individuabili in dettaglio, pertanto i pareri sull'inizio e
sulla fine del Medioevo sono discordanti:
la data convenzionalmente più
usata è il 476, cioè l'anno che vide la deposizione dell'ultimo
imperatore romano (Romolo Augusto) con la conseguente fine
dell'Impero romano d'Occidente; è altresì utilizzata la data del
410, anno del Sacco di Roma ad opera di Alarico o, più
genericamente, si fa riferimento alla fine della tarda antichità
(seconda metà del VI secolo).
alcuni storici danno come inizio
del Medioevo la fine dell'unità cristiana d'Europa, cioè l'arrivo
degli Arabi e la loro conquista (VII secolo).
altri danno come inizio la calata
dei Longobardi e l'effettiva fine dei domini imperiali in occidente
(nel 568).
altri danno come inizio del
medioevo la morte dell'Imperatore d'Oriente Eraclio I, nel 641.
altri ancora indicano la data
dell'incoronazione di Carlo Magno, avvenuta nell'800.
alcuni
studiosi britannici fissano l'inizio del Medioevo nell'anno Mille,
visto che intorno a tale data la società europea di espressione
latina cominciò a dare segni di rinascita in tutti i campi, e
designano l'epoca che va dalla fine dell'Impero romano d'occidente
all'anno Mille come "secoli bui" o "età
barbarica"[2]; tale data però è più spesso usata
convenzionalmente per separare l'Alto Medioevo dal Basso Medioevo.
La conclusione dell'età medievale ha
date diverse da paese a paese, corrispondenti alla nascita delle
rispettive monarchie nazionali e al periodo rinascimentale. Le più
comunemente utilizzate sono:
il 1348, coincide con la massima
espansione della Peste Nera
il 1396, coincidente circa con
l'avvento della lingua fiorentina come lingua nazionale, grazie alle
opere letterarie di Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Giovanni
Boccaccio
il 1453, anno che segna la fine
della guerra dei cent'anni tra Inghilterra e Francia (Battaglia di
Castillon), la presa di Costantinopoli da parte dei Turchi Ottomani
e la comparsa del primo libro a stampa, cioè la Bibbia di
Gutenberg; la caduta di Costantinopoli avrebbe portato la società
europea a cercare nuove vie per l'oriente, visto che il Bosforo e il
levante erano sotto dominio turco.
il 1492, coincidente con la
conquista del Sultanato di Granada, ultimo baluardo islamico in
Spagna e la scoperta delle Americhe da parte del genovese Cristoforo
Colombo;
il 1517, anno in cui Martin Lutero
diede avvio alla Riforma protestante.
Il 1543, con la pubblicazione
della teoria eliocentrica di Niccolò Copernico, secondo
l'impostazione storiografica scientifica.
Secondo l'impostazione della
storiografia marxista (ma condivisa anche da alcuni storici non
marxisti), il Medioevo si concluderebbe con la fine del feudalesimo e
l'avvento dell'industrializzazione nel XVIII secolo.
Una suddivisione comunemente utilizzata
del Medioevo è tra:
Alto Medioevo (detto anche dei
"secoli bui"), che va dal V al X secolo ed è
caratterizzato da condizioni economiche disagiate e da continue
invasioni da parte di Slavi, Arabi, Normanni e Magiari;
Basso Medioevo o "tardo
Medioevo", un periodo intermedio, che vede lo sviluppo di forme
di governo basate su signorie e vassallaggio, con la costruzione di
castelli e la rinascita della vita nelle città; poi un crescente
potere reale e la rinascita di interessi commerciali, specie dopo la
peste del XIV secolo.
Tra questi due periodi la più recente
storiografia ha inserito il periodo del Medio Medioevo o secoli
centrali del Medioevo (XI-XII sec).
In Europa si segue in genere la stessa
periodizzazione tranne che in Germania dove si individua un
Frühmittelalter (V-VIII), un Hochmittelalter (IX-XI) e un
Spätmittelalter (XII-XV).
Una suddivisione usata nel campo degli
studi storici medievali è anche quella in quattro periodi:
Dal IV al VI secolo: Tarda
Antichità. In questo periodo sopravvive un'autorità imperiale
forte in Oriente, fino alla morte di Giustiniano I nel 565.
Dal VII al X secolo: Alto
Medioevo. In questo periodo le popolazioni barbariche si organizzano
in regni ed ha inizio la presenza islamica nel bacino del
Mediterraneo che, secondo una famosa tesi dello storico Henri
Pirenne ormai superata, portò al definitivo tramonto degli
equilibri del mondo antico, con uno spostamento verso nord del
baricentro politico europeo.
Dall'XI al XIII secolo: Pieno
Medioevo. Si ha la piena e completa fioritura del sistema dei Comuni
medievali e la lotta fra i due poteri universali, Impero e Papato.
Dal XIV (dopo la peste nera) al XV
secolo: Basso Medioevo o Tardo Medioevo. Si assiste alla crisi del
sistema feudale e al rafforzamento delle monarchie nazionali
europee.
Esistono inoltre altri periodi chiamati
"Medioevo", applicati per esempio alla storia greca (il
"Medioevo ellenico") o giapponese.
Sebbene il termine tarda antichità
implichi, tradizionalmente, una valenza negativa e tra i secoli dal
III al V l'area europea e del bacino del Mediterraneo subirono
senz'altro un periodo di crisi, le trasformazioni in quest'epoca
furono alla base per la nascita dell'identità europea. Si registrò
in quest'epoca il definitivo tramonto del sistema romano, con
rivoluzioni sociali, economiche, culturali e religiose in larga
scala.
Dopo aver raggiunto la sua massima
estensione territoriale nel II secolo, il controllo di Roma sui
propri territori si fece sempre più labile. Problemi economici, fra
cui l'inflazione, e la sempre maggiore pressione sulle frontiere
resero l'Impero fortemente instabile. Alla dinastia dei Severi
(193-235) successe un periodo durato cinquant'anni di anarchia
militare, denominato crisi del III secolo dove si assistette a una
sempre più chiara tendenza di dominio dell'esercito nel processo di
scelta e acclamazione dell'imperatore.
L'imperatore Diocleziano inaugurò un
programma di riforme che rafforzarono il carattere assolutistico e
gerarchico dell'Impero che, nel 286, venne diviso in due grandi
regioni amministrative, formando così una diarchia in cui due
imperatori si dividevano su base geografica il governo dell'impero.
Dopo un periodo di guerra civile, l'imperatore Costantino, dopo aver
ristabilito l'unità della carica imperiale, fece di Bisanzio una
nuova capitale, col nome di Costantinopoli. Con l'Editto di Milano
del 313, Costantino proclamò il Cristianesimo religio licita, cosa
che ne favorì la diffusione. Divenne poi religione di Stato nel 380
(editto di Tessalonica).
Le riforme di Diocleziano crearono una
forte burocrazia governativa, riformarono la fiscalità e
rafforzarono l'esercito, non riuscendo però a risolvere
completamente i problemi dell'impero, fra cui una tassazione
eccessiva, il crollo della natalità e le pressioni sulle frontiere.
Il mantenimento dell'esercito, necessario per le continue pressioni
di tribù che in precedenza avevano avuto contatti pacifici con i
Romani, richiedeva inoltre molte spese.
Le invasioni barbariche, chiamate nella
storiografia tedesca Völkerwanderung ("migrazioni di popoli"),
furono delle irruzioni più o meno cruente e/o migrazioni delle
popolazioni cosiddette "barbariche" (germaniche, slave,
sarmatiche e di altri popoli di origine asiatica) all'interno dei
confini dell'Impero romano, tra la fine del IV e il VI secolo, che si
conclusero con la formazione dei Regni romano-barbarici. L'inizio del
fenomeno è considerato la sconfitta del 378 nella Battaglia di
Adrianopoli per mano dei Goti. L'impero fu costretto ad accogliere un
grande numero di tribù germaniche come foederati e ammetterli come
mercenari nell'esercito romano.
Alcune di queste tribù "barbare"
rifiutavano la cultura romana, mentre altri la ammiravano e
aspiravano a emularla. In cambio di terra da coltivare e, in alcune
regioni, del diritto di raccogliere il gettito fiscale per lo stato,
le tribù federate fornirono sostegno militare all'impero. Altre
incursioni rappresentarono invece invasioni militari su piccola scala
di gruppi tribali riuniti per raccogliere bottino, come nel caso
degli Unni, che facevano irruzione nei territori dell'Impero
terrorizzando gli abitanti. L'invasione più famosa culminò nel
Sacco di Roma dei Visigoti nel 410: per la prima volta in quasi 800
anni Roma era caduta a un nemico.
La pesante crisi sofferta dall'Impero
romano d'Occidente culminò con la deposizione dell'ultimo imperatore
romano Romolo Augusto nel 476 da parte di Odoacre, generale
dell'esercito romano che, guidando una rivolta di sciri, eruli e
rugi, e non proclamandosi a sua volta imperatore, mise
definitivamente fine all'esistenza formale dell'Impero d'Occidente.
Il 476 è considerato per questo la data convenzionale dell'inizio
del Medioevo. Il periodo successivo alla deposizione dell'ultimo
imperatore non si risolse nella fine della civiltà romana, ma nella
sua fusione con quella di altre popolazioni, che determinò il
sorgere di una nuova civiltà latino-germanica.
Nonostante la struttura politica
nell'Europa occidentale fosse cambiata, il collasso dell'Impero non
fu drammatico come si pensava in passato. In aree come la Spagna e
l'Italia l'incontro fra la cultura romana e i costumi degli invasori
portò a una fusione, mentre in altre aree, dove c'era un peso
maggiore delle popolazioni barbariche, si adottarono nuove lingue,
costumi e modi di vestire. Il latino dell'Impero d'Occidente fu
gradualmente sostituito dalle lingue romanze, mentre il greco rimase
la lingua dell'Impero d'Oriente, anche se successivamente si
aggiunsero le lingue slave. L'artigianato degli invasori era spesso
simile a quello romano, con manufatti barbarici spesso modellati sui
manufatti romani. Allo stesso modo, la cultura intellettuale dei
nuovi regni era direttamente basata sulle tradizioni intellettuali
romane.
Un'importante differenza col passato fu
la diminuzione graduale del gettito fiscale. La maggior parte delle
nuove entità politiche non pagavano i loro eserciti con i proventi
delle tasse, ma con terre. Questo diminuiva la necessità di grosse
entrate fiscali, e quindi il sistema di tassazione decadde. Declinò
anche la schiavitù, e la società cittadina andò in crisi.
Crollarono le infrastrutture civili e ogni nuovo edificio veniva
costruito su una scala molto più piccola di prima. Città e mercanti
soffrirono la mancanza di condizioni di sicurezza per il commercio e
la manifattura. Essendo divenuto pericoloso viaggiare o trasportare
merci su qualsiasi distanza, ci fu un crollo nel commercio e nella
produzione per l'esportazione. Le maggiori manifatture che
dipendevano sul commercio a lunga distanza, come la produzione di
vasi di ceramica su larga scala, quasi scomparvero in alcuni punti
d'occidente.
Fra il V e il VIII secolo nuovi popoli
riempirono il vuoto politico lasciato dal governo centralizzato
romano. Le tribù germaniche stabilirono egemonie regionali entro i
confini precedenti dell'impero, creando i cosiddetti regni
romano-barbarici. Gli Ostrogoti si stabilirono nel tardo V secolo
sotto Teodorico e fondarono un regno basato sulla cooperazione fra
Italiani e Ostrogoti, che durò fino agli ultimi anni del regno di
Teodorico. I Burgundi si stabilirono inizialmente in Gallia, per poi
fondare un nuovo regno tra Ginevra e Lione. In Gallia nacquero i
regni dei Franchi e dei Bretoni. Altri regni furono fondati dai
Visigoti in Spagna, dai Suebi in Galizia, da Angli e Sassoni in
Britannia e Vandali in Nordafrica. Questi regni venivano via via
riconosciuti da Bisanzio, dall'unico imperatore rimasto, il quale non
era interessato al governo sostanziale di quell'area ormai impoverita
e decentrata che era l'Occidente, ma gli era sufficiente che i nuovi
re si sottomettessero formalmente al suo comando, in cambio della
legittimazione.
Nonostante il ruolo distruttivo che
spesso i popoli invasori svolsero nelle terre invase, quasi tutti i
nuovi regni furono a loro volta estremamente vulnerabili e in qualche
caso anche molto piccoli. Alcuni, come quelli dei Burgundi o dei
Suebi, vennero assimilati dai vicini; altri, come quelli dei Vandali
o degli Ostrogoti, crollarono sotto l'offensiva di Bisanzio, che
tentò di ricostruire l'unità dell'Impero. Quelli dei Visigoti e dei
Franchi invece sopravvissero, sia per la rapida integrazione tra la
popolazione residente e gli invasori, sia per la collaborazione con
la Chiesa e con esponenti del mondo intellettuale latino.
Nel 568 i Longobardi, guidati da
Alboino, si insediarono in Italia, dove diedero vita a un regno
indipendente che estese progressivamente il proprio dominio sulla
massima parte del territorio italiano continentale e peninsulare.
Il dominio longobardo fu
articolato in numerosi ducati, che godevano di una marcata autonomia
rispetto al potere centrale dei sovrani insediati a Pavia; nel corso
dei secoli, tuttavia, i sovrani estesero progressivamente l'autorità
del re, conseguendo progressivamente un rafforzamento delle
prerogative regie e della coesione interna del regno.
La chiesa e il monachesimo
La struttura ecclesiastica della Chiesa
cristiana sopravvisse quasi intatta alle invasioni barbare. Il
vescovo di Roma cercò in questo periodo di far valere la sua
preminenza sugli altri vescovi in base al primato di Pietro. Il
contributo più rilevante nell'Alto Medioevo al rafforzamento della
figura del pontefice venne dal papato di Gregorio Magno. Fu il primo
papa a esercitare il potere temporale sul Patrimonio di san Pietro e
promosse l'evangelizzazione missionaria in Britannia, affidandola ad
Agostino di Canterbury. Monaci iro-scozzesi, come Colombano,
operarono nel VI e VII secolo in Europa centrale per fondare
monasteri e convertire le tribù germaniche ancora pagane.
Nel VI secolo in Europa occidentale si
diffuse il monachesimo, un'istituzione dai tratti originali, che si
presentò come una novità rispetto alla tradizionale società
cristiana fondata sul dualismo tra il clero e i fedeli. Il
monachesimo cristiano si sviluppò sin dal IV secolo quando i
cosiddetti Padri del deserto abbandonarono le città per vivere in
solitudine nei deserti d'Egitto, di Palestina e di Siria. Antonio il
Grande è considerato l'iniziatore della via eremitica e Pacomio di
quella cenobitica. Gli ideali monastici si diffusero dall'Egitto
all'Europa occidentale fra V e VI secolo grazie alla letteratura
agiografica, come la Vita di Antonio scritta dal vescovo Atanasio di
Alessandria. Fondamentale fu l'attività di Benedetto da Norcia, che
nel 529 si stabilì a Montecassino e istituì una Regola comune di
vita cenobitica che nel corso dei secoli venne impiegata in tutto
l'Occidente. I monasteri si diffusero in Europa e divennero non solo
centri religiosi, ma anche economici e di diffusione e conservazione
della cultura. Infatti, nelle biblioteche dei monasteri furono
raccolti, conservati e copiati moltissimi testi classici che, in tal
modo, si salvarono dalla distruzione.
Il Cristianesimo rappresentò il
principale fattore di unificazione fra l'Europa occidentale e
orientale nell'Alto Medioevo, ma i rapporti fra Roma e Bisanzio
s'incrinarono progressivamente. L'imperatore bizantino vedeva come
naturale una sua funzione di controllo sui cinque patriarcati,
favorendo il Patriarca di Costantinopoli, mentre il papato cercava di
affermare la sua supremazia sulle altre diocesi. Dall'VIII secolo le
dispute teologiche sull'iconoclastia e il filioque e quelle politiche
riguardo al controllo dell'Impero sul Patrimonio di san Pietro
acuirono le differenze fra Chiesa romana e greca, che sfoceranno poi
nello Scisma d'Oriente.
Mentre la pars occidentis dell'Impero
collassava travolta dalle invasioni barbariche, l'Impero romano
d'Oriente, noto come Impero Bizantino (denominazione apparsa
successivamente alla Caduta di Costantinopoli, per rimarcarne la
distinzione con l'Impero romano classico), sopravvisse.
La storiografia è incerta sulla data
di nascita dell'Impero bizantino, e diversi sono gli eventi
considerati determinanti per la nascita dell'Impero bizantino: il 330
(rifondazione di Bisanzio come Costantinopoli), il 395 (morte di
Teodosio I), il 476 (caduta dell'Impero d'Occidente), il 565 (morte
di Giustiniano I e del sogno della Restauratio imperii). La data
prevalentemente accettata dal mondo accademico dell'inizio del
"periodo bizantino" è tuttavia il 610, anno dell'ascesa al
trono di Eraclio I, il quale modificò notevolmente la struttura
dell'Impero, proclamò il greco lingua ufficiale in sostituzione del
latino e assunse inoltre il titolo imperiale di basileus, al posto di
quello di augustus usato fino a quel momento.
L'Impero bizantino era caratterizzato
da relazioni strette con la Chiesa cristiana, e le discussioni
teologiche assunsero una forte importanza nella politica bizantina.
Lo sviluppo della giurisprudenza portò al Codice teodosiano prima e
al Corpus Iuris Civilis, con Giustiniano poi. Durante il regno di
Giustiniano si assistette all'ultimo concreto tentativo di
riconquistare le regioni occidentali, per ristabilire l'unità
dell'Impero romano (Restauratio Imperii). I Bizantini riuscirono a
riconquistare le province dell'Africa Settentrionale e parte della
Spagna dai Vandali, e, al termine della guerra greco-gotica
combattuta contro gli Ostrogoti, l'intera Italia, stabilendo una
supremazia in ambito mediterraneo. Sotto il regno di Giustiniano fu
inoltre costruita, a Costantinopoli, la Basilica di Santa Sofia.
Dopo la morte di Giustiniano la
situazione dell'impero, schiacciato dalle avanzate di Avari e Slavi
da una parte e Sasanidi dall'altra, si complicò. Gli Avari dalla
seconda metà del VI secolo iniziarono a espandersi nelle steppe
dell'odierna Ungheria, impadronendosi del bacino dei Carpazi,
arrivando nel 626 a cingere d'assedio la stessa Costantinopoli. Dopo
la morte dell'imperatore Maurizio, i Persiani avanzarono in Asia
Minore, occuparono la Siria e si spinsero fino in Egitto. La ripresa
avvenne con Eraclio I, che respinse gli Avari e sconfisse i Sasanidi
a Ninive nel 627, costringendoli nel 628 a cedere tutti i territori
da loro occupati nel corso della guerra. L'enorme sforzo bellico
impedì negli anni successivi di opporsi alla lenta infiltrazione di
Slavi e Bulgari nei Balcani, che portò poi all'occupazione di gran
parte dell'Europa orientale alla metà del VII secolo, e alla
conquista araba delle terre imperiali comprese tra il litorale
siro-palestinese e l'Africa romanizzata. L'Impero, inoltre, si
ripiegò su sé stesso dal punto di vista culturale, con lo
smarcamento dal controllo culturale e religioso dei Basileus
dell'Europa occidentale e la conseguente frattura fra Europa
latino-germanica ed Europa bizantina.
Nascita ed espansione dell'Islam
Nel VI secolo, la Penisola arabica era
abitata, nelle sue aree centrali e settentrionali, da tribù nomadi
indipendenti mentre in quelle meridionali erano attive culture
sedentarie dedite al commercio. I beduini, abitanti della steppe
arabe, erano invece dediti al piccolo e grande nomadismo a causa del
loro speciale modo di sussistenza che si basava strettamente
sull'allevamento e sulla razzia ai danni di altri gruppi, nomadi e
non, e delle carovane dei mercanti. Gli Arabi erano in massima parte
politeisti e la Kaʿba di Mecca, nella regione del Hijāz, era un
santuario (bayt) cui giungevano annualmente pellegrini provenienti da
tutta la Penisola araba, per motivi principalmente religiosi ma anche
commerciali, favoriti come essi erano dalla tregua che caratterizzava
il hajj preislamico.
All'inizio del VII secolo,
Maometto riuscì a fare degli arabi una nazione, fondando uno Stato
teocratico. I successori politici di Maometto, i califfi, avviarono
una rapida espansione territoriale, che seppe sfruttare le debolezze
dell'Impero bizantino e di quello persiano sasanide, indeboliti dal
conflitto sopraccitato, che sottovalutarono i beduini. Nel 637 veniva
conquistata Seleucia-Ctesifonte, capitale dell'Impero persiano.
All'Impero bizantino vennero strappate Siria (637), Egitto, Cirenaica
e Tripolitania (642-645).
Per un trentennio il califfato fu
elettivo, prima di diventare ereditario con la dinastia degli
Omayyadi che trasferirono nel 661 la capitale da Medina a Damasco.
Durante l'epoca omayyade continuarono le conquiste: intorno al 670
gli Arabi conquistarono l'Ifriqiya, ossia l'antica provincia romana
dell'Africa proconsularis. Nel 710/711, dopo aver concluso la
conquista del Maghreb, un corpo di spedizione arabo-berbero guidato
da Tariq ibn Ziyad, governatore di Tangeri, superò il breve braccio
di mare che divide l'Africa e la Penisola iberica. Il regno visigoto,
che all'epoca occupava la penisola e parte della odierna Francia
meridionale, fu nel giro di pochi mesi travolto dagli invasori
musulmani. La Penisola iberica divenne una provincia del califfato e
fu chiamata al-Andalus. Mentre gli Arabi organizzavano questo loro
dominio occidentale, i cristiani, per conto loro, diedero vita a
nuovi organismi politico-statuali; il maggiore, e più importante
storicamente, fu il Regno delle Asturie, poi diventato asturleonese.
Nel 717, sul fronte orientale, i
musulmani avevano posto l'assedio a Costantinopoli, ma la distruzione
della flotta araba grazie al "fuoco greco" impedì
temporaneamente l'espansione verso la Penisola balcanica.
L'importante vittoria di Leone III Isaurico venne ridimensionata in
Occidente nella storiografia successiva, perché l'imperatore era
considerato un eretico iconoclasta: il mito di aver fermato gli arabi
venne tributato invece a un fatto secondario, la battaglia di
Poitiers. Gli Omayyadi avevano trasformato i territori conquistati in
un impero ereditario, con un'amministrazione fiscale sempre più
preoccupata a drenare risorse per forze armate destinate a diventare
pletoriche. Tutti i 90 anni circa omayyadi furono squassati da
continue rivolte alidi (solo dal II secolo si potrà parlare di
Sciismo) e kharigite. Gli Abbasidi, parte importante del movimento
alide, sconfissero l'ultimo califfo omayyade nel 750. Il potere passò
così nelle mani di una nuova aristocrazia aperta alle influenze
culturali persiane, con lo spostamento della capitale, e del
baricentro dell'impero, da Damasco a Baghdad. Nella vastissima
dominazione abbaside si svilupparono col tempo autonomie regionali
molto forti, ricordati semplicemente col termine di emirati.
Uno dei primi emirati a nascere fu
quello di al-Andalus nella Penisola iberica, con capitale Cordova,
fondato da un membro della casa omayyade sfuggito alle stragi
perpetrate dagli Abbasidi contro la famiglia califfale sconfitta.
L'emirato riuscì a imporre la propria egemonia su buona parte della
Penisola, tanto che nel 929 ʿAbd al-Raḥmān III assunse il titolo
di califfo. Un altro importante emirato fu quello dell'Ifriqiya,
concesso ereditariamente dal califfato all'Emiro Ibrahim ibn
al-Aghlab (da cui il nome della dinastia degli Aghlabidi), con centro
a Qayrawan in Tunisia. Qui si affermò nel 909 la dinastia dei
Fatimidi, che occuparono nel 969 l'Egitto e assunsero il titolo di
Imam, confermando la crisi del potere abbaside e quindi l'ormai
avvenuta frammentazione della Umma islamica.
Il regno dei Franchi e l'impero carolingio
Il regno dei Franchi, sotto Clodoveo,
della dinastia dei Merovingi, si espanse, sconfiggendo Alamanni e
Visigoti. Verso la fine del V secolo Clodoveo si convertì al
cristianesimo romano, riconoscendo l'autorità del papato. In tal
modo i Franchi evitarono contrasti con la locale aristocrazia
gallo-romana e ottennero l'appoggio dei vescovi. Già alla morte di
Clodoveo il regno dei Franchi si spaccò. Si formarono, fra VI e VII
secolo, i regni di Austrasia, Neustria e Borgogna, governati da
esponenti della dinastia merovingia. Le varie branche della famiglia
merovingia si resero spesso protagoniste di conflitti interni, mentre
il potere dei Merovingi si affievoliva a favore dei cosiddetti
maestri di palazzo, che presero il potere de facto durante il VII
secolo. Alcuni dei maestri di palazzo più influenti furono i
Pipinidi, discendenti di Pipino di Landen.
Il potere della dinastia si rinsaldò
con la leggendaria vittoria di Carlo Martello alla battaglia di
Poitiers del 732 (o 733) sui musulmani di al-Andalus, evento
considerato dalla storiografia tradizionale come il freno
all'avanzata musulmana in Europa. In realtà questo episodio non va
sopravvalutato e le incursioni infatti non terminarono negli anni
successivi. Per le ambizioni di Carlo Martello, però, lo scontro
dimostrava la sua capacità di ergersi a "difensore della
Cristianità". La dinastia carolingia, nome con cui sono
conosciuti i successori di Carlo Martello, prese ufficialmente il
potere sui regni di Austrasia e Neustria nel 751 con Pipino il Breve.
Papa Stefano II consacrò personalmente Pipino, legittimando il suo
potere. La propaganda pipinide coniò in questo periodo la
definizione di "re fannulloni" per i Merovingi, esaltando
al contempo la vittoria di Carlo Martello sui musulmani.
La dinastia pipinide costruì la
propria egemonia grazie al ricorso sistematico a raccordi personali.
Alla disgregazione del potere centrale e al pericolo delle incursioni
esterne, i maestri di palazzo e i maggiori aristocratici del regno
risposero colmando i vuoti di potere tramite la rete
vassallatico-beneficiaria, più conosciuta come sistema feudale. I
vassalli si mettevano sotto la protezione di un signore, giurandogli
fedeltà e prestando servizio (perlopiù di natura militare) a
quest'ultimo, ricevendone in cambio protezione e un "benificium",
termine che lascerà gradualmente posto al più noto feudo. L'oggetto
del beneficio poteva essere qualsiasi bene, una rendita in denaro o
beni mobili, ma nell'impostazione più tipica del sistema era un
terreno, eventualmente con edifici costruiti su di essa. È
importante sottolineare come all'inizio il terreno del quale
beneficiavano i vassalli fosse concesso solo a titolo di usufrutto:
essi ne erano possessori, ma non godevano della piena proprietà. Per
questo alla loro morte il possesso ritornava al signore e non si
tramandava agli eredi. Analogamente non poteva essere fatto oggetto
di transazione, né venduto né alienato in alcun modo.
Alla morte di Pipino il Breve nel 768,
i suoi due figli Carlo Magno e Carlomanno si spartirono l'eredità.
Quando Carlomanno morì per cause naturali, Carlo Magno si ritrovò a
essere l'unico re dei Franchi. Carlo Magno intraprese dal 774
un'espansione sistematica che avrebbe unificato buona parte
dell'Europa occidentale nell'Impero carolingio, controllando
l'attuale Francia, l'Italia settentrionale e la Germania occidentale.
L'incoronazione imperiale di Carlo Magno nella notte di Natale
dell'800 segnò un punto di svolta nella storia medievale.
L'assunzione del titolo imperiale da parte di Carlo Magno peggiorò
inoltre le relazioni con l'Impero bizantino, che non riconobbe
l'avvenimento.
L'Impero era suddiviso in comitati, di
estensione varia, amministrati da conti, agenti territoriali del
potere regio. La contea poteva a volte corrispondere ad antiche
circoscrizioni pubbliche romane, mentre ai margini dell'Impero erano
state costituite le marche, territori con fortificazioni e
guarnigioni militari considerevoli. Il controllo sul territorio fu
rafforzato con un sistema di emissari, i missi dominici, che si
occupavano del controllo dei funzionari pubblici e della diffusione
dei capitolari. Pur senza abbandonare l'uso barbarico di una corte
itinerante, Carlo scelse dal 794 una residenza privilegiata,
Aquisgrana, sede del palazzo reale.
Carlo Magno dette impulso a una vera e
propria riforma nei vari ambiti culturali (in architettura, nelle
arti filosofiche, nella letteratura, nella poesia) che è stata
definita dagli storici novecenteschi "Rinascita carolingia".
Istituì la schola palatina presso il palazzo reale di Aquisgrana,
diretta da Alcuino di York, e favorì l'insegnamento delle arti
secondo la divisione nel trivium, e nel quadrivium, in un rinnovato
interesse per gli studi classici. In generale ripresero vigore le
scuole presso le sedi vescovili, le scuole cattedrali, e nei
monasteri. È nel periodo carolingio che venne elaborata una nuova
forma di scrittura, la minuscola carolina, per facilitare il lavoro
di copia degli amanuensi e la lettura dei testi essenziali,
costituendo la base di ogni successiva corsiva minuscola.
Già con il figlio di Carlo Magno,
Ludovico il Pio, la debolezza del potere centrale aveva innescato una
deriva dell'Impero carolingio della quale approfittarono le
aristocrazie per esercitare il potere in maniera sempre più libera e
arbitraria. Alla morte di Ludovico il Pio (840) Lotario I assunse la
corona imperiale, come previsto dal padre, mentre i due fratelli
superstiti Ludovico e Carlo si allearono per obbligarlo a cedere una
parte del potere. Il giuramento di Strasburgo, rivolto alle truppe
dei due fratelli, è rimasto famoso perché conserva il primo accenno
scritto alle nascenti lingue francesi e tedesca. Nell'843, con il
trattato di Verdun, Lotario dovette scendere a patti: mantenne la
corona imperiale ma si limitò a governare la fascia di territorio
centrale chiamata Lotaringia e l'Italia. Carlo il Calvo prese la
"Francia occidentale" e Ludovico il Germanico la "Francia
orientale". Con la morte di Lotario, Ludovico prese la corona
imperiale, quindi nell'875 gli successe Carlo il Calvo.
Carlo il Calvo morì nell'877 con
l'impero carolingio ormai in dissoluzione. Gli successe Carlo il
Grosso, figlio di Ludovico il Germanico, che fu deposto da una dieta
di Grandi dell'Impero nell'887. A quel punto l'impero di Carlomagno
fu definitivamente disgregato e le diverse fazioni cercarono di porre
il proprio controllo sulla corona: Arnolfo di Carinzia fu proclamato
re dei Franchi orientali, Oddone di Parigi fu proclamato re dei
Franchi occidentali, mentre Berengario del Friuli e Guido II di
Spoleto finirono per contendersi la corona di re d'Italia. Le
dinastie carolinge si estinsero nei diversi reami, sebbene il titolo
imperiale sopravvisse, diventando simbolo di un'autorità sempre più
teorica, fino a rimanere vacante a partire dal 924. I nuovi sovrani,
perdendo la visuale universalistica dei loro predecessori,
cominciarono a far sempre più riferimento alle realtà nazionali
costituenti i propri domini.
Il collasso dell'impero carolingio fu
accompagnato dalle cosiddette "seconde invasioni", con
gruppi non numerosi ma molto agguerriti e affamati di preda,
provenienti sia da est ma anche, e questa fu una novità nel panorama
europeo, da sud e da nord. Vari aggregati tribali scandinavi,
definiti Vichinghi o Normanni, si resero protagonisti di saccheggi
sulle coste atlantiche e settentrionali fra la fine dell'VIII e l'XI
secolo, stabilendosi poi nelle Isole britanniche, Islanda e
nell'Italia meridionale. Nel 911 con Rollone fu stabilito un
ulteriore insediamento normanno in quella che sarebbe stata poi
chiamata "Normandia". Germania e Italia erano invece sotto
il costante attacco degli Ungari. A questo quadro si aggiungevano le
scorrerie navali dei Saraceni, che riguardavano prevalentemente il
Mediterraneo. Per la prima volta dal tempo dei vandali le incursioni
provenivano dal mare e ciò comportò gravi conseguenze per tutti gli
insediamenti costieri, che andò dallo spopolamento alla vera e
propria rifondazione in zone interne più al riparo.
Agli inizi del X secolo, si stabilì
nel Regnum Teutonicorum, nuova denominazione del regno dei Franchi
orientali, la dinastia ottoniana. Ottone I frenò definitivamente le
incursioni magiare con la battaglia di Lechfeld nel 955: gli Ungari
furono convertiti al cristianesimo e vennero fatti insediare sul
medio corso del Danubio, dando origine a un regno che da essi prese
il nome di Ungheria. Dopo essere intervenuto anche in Italia, nel 962
Ottone si fece incoronare imperatore da Papa Giovanni XII. Gli
storici considerano questo evento come la fondazione del Sacro Romano
Impero, sebbene il termine fu adottato successivamente. Nel 972
Ottone si assicurò il riconoscimento del suo titolo dall'Impero
bizantino, sigillandolo col matrimonio fra suo figlio Ottone II e la
principessa bizantina Teofano. L'Italia, e in seguito la Borgogna,
entrarono nella sfera d'influenza ottoniana, mentre il Regno dei
Franchi Occidentali, frammentato in signorie locali, rimaneva fuori
dal Sacro Romano Impero.
Nella Gallia merovingia si registra per
la prima volta la presenza di tenute bipartite, le curtis, articolate
in base a una distinzione tra l'appezzamento centrale direttamente
gestito dal proprietario fondiario, la pars dominica (terra del
dominus), e i fondi affidati ai coloni, la pars massaricia.
Quest'ultima era composta da piccoli poderi, detti mansi, sufficienti
al sostentamento di una famiglia (5-30 ettari), concessi in affitto a
famiglie di massari liberi in cambio di un censo in denaro o in
natura oppure affidati al lavoro dei servi casati. Dalla metà
dell'VIII secolo si diffuse la pratica di coltivare il dominico
attraverso il lavoro forzato (le cosiddette corvées) degli
affittuari del massaricio, secondo il modello economico chiamato
dagli storici "sistema curtense". L'economia curtense era
diffusa soprattutto nel regno dei Franchi e in particolare tra la
Loira e la Senna, che con alcune varianti si radicò un po' in tutta
l'Europa cristiana.
Nel IX secolo incominciarono a
comparire diverse innovazioni nella coltivazione. Precedentemente la
rotazione era biennale: un anno si coltivavano cereali e l'anno
successivo la terra era tenuta a riposo (maggese). In questo periodo
si passò dalla rotazione biennale alla rotazione triennale: il primo
anno l'appezzamento era coltivato a cereali invernali, il secondo
anno si seminavano legumi o cereali primaverili e solo nel terzo anno
il terreno erano lasciato a maggese. Contemporaneamente si diffuse
l'aratro pesante, a vomere asimmetrico, dotato di avantreno mobile su
ruote e che necessitava di essere trasportato da buoi o talvolta
cavalli. Il suo utilizzo portò a un susseguirsi di invenzioni per
facilitare il compito dell'animale quale il giogo frontale per i buoi
e il collare da spalla per i cavalli. Si avviò così un processo che
lentamente condusse a un aumento, seppur modesto, delle rese
agricole.
Le signorie di banno e l'incastellamento
I sovrani dei regni e dei principati
nati dal collasso della formazione carolingia si dimostrarono spesso
incapaci di fronteggiare le invasioni di Ungari, Normanni e Saraceni.
I signori locali, sia laici che ecclesiastici, cominciarono a erigere
castelli (dal latino castrum, fortezza) per proteggere i propri
possedimenti e a organizzare una difesa indipendente, dando inizio al
fenomeno dell'incastellamento. La costruzione di castelli trovava
talvolta il consenso del sovrano, ma spesso l'incastellamento
avveniva su iniziativa dei signori del luogo senza alcuna preventiva
autorizzazione. Inizialmente i castelli si presentavano come semplici
insiemi di edifici dalla struttura ancora abbastanza primitiva,
recintati da palizzate in legno e contrafforti di terra.
Progressivamente la pietra sostituì il legno nelle fortificazioni,
si sfruttò meglio la fisionomia del suolo collocando i castelli su
alture, si ampliarono le zone abitabili e i magazzini. La conseguenza
principale del fenomeno dell'incastellamento fu il rafforzamento dei
poteri locali, che garantivano un controllo più efficace del
territorio e dei suoi abitanti.
Conti e marchesi ottennero col
capitolare di Quierzy, emanato da Carlo il Calvo nell'877 la
possibilità di trasmettere le cariche comitali e i feudi in eredità
(seppur provvisoriamente, in casi eccezionali, come la partenza del
re per una spedizione militare).
Soltanto dal 1037 ci fu la vera
ereditarietà, quando i feudatari ottennero l'irrevocabilità e
trasmissibilità ereditaria dei beneficia con la Constitutio de
feudis dell'imperatore Corrado II.
I conti non riuscivano però a
esercitare i loro poteri sull'intera antica circoscrizione pubblica,
ma solo sulle terre di proprietà della famiglia. Nel resto
dell'antica circoscrizione l'autorità del conte trovava un ostacolo
nell'emergere di poteri di fatto di istituti ecclesiastici e famiglie
aristocratiche, che tentavano di esercitare sui propri possessi i
poteri degli ufficiali pubblici, riuscendoci nei periodi di maggiore
disordine o se avevano edificato un castello. A loro volta i
detentori di cariche comitali trattavano come patrimonio personale i
territori affidatigli in qualità di conti o marchesi.
Mentre i signori fondiari esercitavano
il loro potere solo sui coltivatori di fondi dati in concessione, i
cosiddetti "signori di banno" (o di castello, o
territoriali), una volta fortificati i propri possedimenti,
iniziarono a esercitare la loro autorità su tutti coloro che abitano
nelle vicinanze del castello, sia che si trattasse di uomini liberi,
servi, piccoli proprietari o affittuari. La principale caratteristica
di questa signoria era l'esercizio dei cosiddetti poteri di banno,
ossia facoltà giudiziarie, fiscali e militari un tempo prerogative
regie. Le signorie di banno progressivamente si sovrapponevano e si
sostituivano alle precedenti signorie fondiarie. Il consolidamento
della signoria di banno contribuì alla delimitazione di precisi
confini territoriali entro cui tutti gli abitanti erano sottomessi al
potere del dominus loci, che si assumeva il compito di difendere
militarmente il territorio. I signori locali godevano inoltre delle
cosiddette bannalità, ossia il potere di imporre monopoli legati ai
diritti di uso delle risorse del territorio, come lo sfruttamento dei
boschi e l'uso del mulino del signore per macinare.
L'affermarsi dei poteri signorili portò
a una netta distinzione fra chi esercitava il potere e chi lo subiva.
Furono elaborate ideologie e immagini della società, a partire
dall'XI secolo con Adalberone di Laon (nella sua opera Carmen ad
Robertum regem), che distinguevano i bellatores, coloro che
proteggevano con le armi i deboli dai soprusi e la chiesa dai nemici
della Cristianità, gli oratores, i membri del clero specialisti
della preghiera, e i laboratores, che procuravano il cibo alle altre
due categorie, sostenendo l'intera società.
In questo contesto cambiavano anche le
forme di definizione della supremazia sociale. Secondo Marc Bloch tra
il XII e il XIII secolo era avvenuto un passaggio dalla condizione di
"nobiltà di fatto", ovvero dall'organizzazione in forme
aperte e fluide, alla condizione di "nobiltà di diritto",
con la definizione di un ceto chiuso a base ereditaria.
Al concetto di nobiltà è connesso il
concetto di cavalleria. I cavalieri, di origini sociali diverse,
erano specialisti della guerra che aiutavano i signori nell'esercizio
del loro dominio. Il possesso del costosissimo equipaggiamento
militare e il prestigio crescente dei cavalieri portò a una
progressiva identificazione tra cavaliere e nobile. L'introduzione di
un'investitura formale, l'adoubement, contribuì alla percezione
della cavalleria come gruppo limitato.
La tendenza, fra XI e XII secolo,
a riservare l'addobbamento ai soli figli dei cavalieri, era segno
dell'ormai avvenuta identificazione della cavalleria con la nobiltà,
ormai considerata una classe chiusa.
La riforma gregoriana e i nuovi movimenti religiosi
Sin dall'alto Medioevo la chiesa
esercitava un controllo non solo religioso, ma anche politico ed
economico sul territorio. Tali funzioni avevano attratto
l'aristocrazia militare, da cui, intorno all'anno Mille, provenivano
vescovi e abati. In questo quadro si collocano anche le ecclesie
propriae, ossia le chiese fondate dai potenti. Nacquero allora le
prime perplessità circa le ingerenze laiche nella Chiesa, la
cosiddetta questione della libertas Ecclesiae. La fondazione del
monastero di Cluny a Mâcon nel 909/910 è stata a lungo considerata
premonitrice della riforma della chiesa, sebbene nacque come
monastero privato di Guglielmo I di Aquitania. L'abbazia era esente
dal controllo vescovile grazie alla subordinazione diretta alla santa
Sede. A Cluny fu affidato alla preghiera corale un ruolo di primo
piano, mentre il lavoro veniva delegato in larga parte a laici. Tra i
secoli X e XI sorsero numerosissimi monasteri, dipendenti
dall'abbazia di Cluny, che aderirono al suo esempio affidandosi
direttamente alla Santa Sede (la cosiddetta congregazione
cluniacense).
Al clima della riforma cluniacense si
doveva il diffondersi di un desiderio di riforma nella chiesa
secolare. Erano frequenti pratiche come la simonia (vendita delle
cariche), nicolaismo (concubinato) e il nepotismo (trasmissione delle
cariche a parenti prossimi) o, soprattutto tra i vescovi, pratiche
come la mondanità, la superficialità religiosa e l'uso di
considerare l'investitura episcopale come una lucrosa rendita. I
movimenti dei patarini e dei vallombrosiani si scagliarono contro il
malcostume dei vescovi locali.
Il lungo periodo di progressivo
distanziamento fra Roma e Costantinopoli portò nel 1054 allo Scisma
d'Oriente: Papa Leone IX, attraverso il suo legato Umberto di
Silvacandida, e il patriarca Michele I Cerulario si scomunicarono a
vicenda. La Chiesa Cattolica romana ruppe ogni rapporto con la chiesa
greco-bizantina, che si autodefinì Chiesa ortodossa. Lo scisma non
fu mai più ricomposto e la frattura fra Occidente e Oriente divenne
insanabile.
Niccolò II nel 1059 emanò uno statuto
che fu alla base della Riforma gregoriana, il Decretum in electione
papae: l'elezione pontificia da allora si sarebbe svolta durante un
sinodo dei cardinali, titolari di chiese di Roma e dintorni (sedi
suburbicarie). Ildebrando di Soana, salito al soglio come Gregorio
VII (1073), nel 1075 ribadì il divieto per i laici di investire gli
ecclesiastici e nello stesso anno formulò il Dictatus papae,
raccolta di 27 proposizioni che stabilivano la supremazia del
pontefice sulla Chiesa e gli attribuivano la facoltà di deporre i
sovrani laici. Iniziava così la cosiddetta lotta per le investiture.
Nel sinodo di Worms (1076) l'imperatore Enrico IV dichiarò il papa
deposto, mentre Gregorio VII scomunicò e depose l'Imperatore
sciogliendo i suoi sudditi dall'obbedirgli. A causa della ribellione
dei grandi feudatari tedeschi, Enrico IV si recò nel 1077 davanti al
castello di Canossa per ottenere il perdono del Papa con la
mediazione della contessa Matilde (umiliazione di Canossa). Ottenuto
il perdono, Enrico IV nominò un antipapa e occupò Roma nel 1084.
Gregorio VII fuggì sotto la protezione dei Normanni e morì alcuni
mesi dopo. I problemi rimasero irrisolti fino al 1122, quando papa
Callisto II e il nuovo imperatore Enrico V firmarono il concordato di
Worms, che regolamentò le nomine dei vescovi e degli abati nei
territori imperiali.
Il Pieno Medioevo fu un periodo di
grandi movimenti religiosi. La nascita di nuovi ordini monastici
(Certosini e Cistercensi) e di ordini religiosi cavallereschi nell'XI
secolo avevano già manifestato l'esigenza di ritornare alla povertà
della Chiesa primitiva. Si diffusero fra il XII e il XIII secolo
movimenti pauperistici fondati sull'ideale della vita apostolica e
sulla volontà dei laici di predicare il Vangelo. Gruppi religiosi
come i Valdesi e gli Umiliati furono condannati come eretici dal
papato. I Catari (o albigesi) nel sud della Francia fecero presa su
gran parte della popolazione, e contro di essi fu avviata una vera e
propria crociata nel 1209. Nel novembre del 1215 Innocenzo III
convocò il IV concilio lateranense, in cui venne definitivamente
dichiarata la superiorità della Chiesa rispetto a qualunque altro
potere secolare, quale unica depositaria della Grazia e esclusiva
mediatrice tra Dio e gli uomini. Se da un lato si istituiva il
tribunale dell'Inquisizione contro le eresie nel 1231, dall'altro si
incoraggiava la predicazione popolare legittimando gli Ordini
mendicanti (Francescani e Domenicani), che avevano giurato voti di
povertà e si guadagnavano da vivere mendicando.
Dopo il Concordato di Worms
l'importanza del Papato nello scenario politico europeo è sempre
maggiore, grazie anche alla frequente convocazione di concili
ecumenici. L'azione del papa si basava su un'ideologia
universalistica, nata col Dictatus Papae, che poneva il pontefice
sopra ogni altro potere. Si richiamavano a un potere universale anche
gli imperatori del Sacro Romano Impero, legandosi all'eredità
dell'Impero di Roma. Papato e Impero entrarono in crisi nello stesso
periodo, fra la metà del XIII secolo e i primi anni del XIV secolo,
e i loro progetti di supremazia universalistica tramonteranno di
fronte all'emergere delle monarchie nazionali.
Nel 1152 salì al trono di Germania
Federico, duca di Svevia, poi noto in Italia come il "Barbarossa".
Federico iniziò una politica conciliante, rinsaldando il potere in
Germania, per poi scendere in Italia nel 1154 per essere incoronato e
poi iniziare a imporre la propria volontà ai comuni italiani.
Durante la dieta di Roncaglia (1158) emise la constitutio de
regalibus, dove stabiliva le prerogative dell'autorità regia (le
regalie) che i comuni avevano usurpato. Questa politica procurò a
Federico l'inimicizia dei comuni dell'Italia settentrionale,
capeggiati da Milano. Dopo la distruzione di Crema (1159) e Milano
(1162), le città reagirono dando vita nel 1167 alla Lega Lombarda,
un'alleanza di carattere militare. Lo scontro decisivo avvenne nel
1176 con la battaglia di Legnano, dove Barbarossa fu sconfitto dalle
truppe comunali. Nel 1183 con la pace di Costanza Barbarossa
riconobbe l'autonomia dei Comuni. In seguito Federico si accordò col
re di Sicilia combinando il matrimonio tra suo figlio, il futuro
Enrico VI, e la figlia di re Ruggero, Costanza d'Altavilla, celebrato
nel 1186.
Nel 1190 Barbarossa morì in Anatolia
durante la spedizione della terza crociata. Suo figlio Enrico VI fu
incoronato imperatore l'anno successivo e nel 1194 ottenne anche la
corona di Sicilia. Enrico dovette affrontare le proteste dei nobili
tedeschi, contrari al tentativo di trasformare la corona imperiale in
un titolo ereditario per la dinastia sveva. Alla prematura morte di
Enrico VI, il figlio Federico, a soli tre anni, fu proclamato re di
Sicilia (1198) sotto la reggenza della madre Costanza d'Altavilla.
Nel 1198 fu eletto pontefice Innocenzo
III, con cui il potere della Chiesa romana raggiunge il suo apogeo.
Il papa stesso intervenne nell'elezione dell'imperatore, appoggiando
Federico II, eletto re di Germania nel 1212. Nel 1220 Federico II fu
consacrato imperatore da papa Onorio III. Avendo poi disatteso le
promesse di partecipazione alle crociate, fu scomunicato dal nuovo
papa Gregorio IX, ma nel 1228 guidò una spedizione in Terrasanta e
con un accordo diplomatico ottenne la restituzione di Gerusalemme
(quinta crociata). Nuovamente scomunicato poi deposto (1245) da papa
Innocenzo IV al concilio di Lione, fu duramente sconfitto dai comuni
a Parma nel 1248.
Dopo la morte di Federico nel 1250 e il
breve regno di suo figlio, Corrado IV, si aprì il periodo del Grande
Interregno (1254-1272), durante il quale nessuno dei pretendenti al
titolo imperiale riuscì a farsi incoronare. Solo nel 1273 fu eletto
un nuovo imperatore, Rodolfo d'Asburgo, grazie all'intervento del
papa. Per un secolo e mezzo la corona imperiale fu prerogativa di tre
casati: Asburgo, Wittelsbach e Lussemburgo. L'ultima tentazione
universalistica fu l'azione di Enrico VII di Lussemburgo (l'alto
Arrigo della Divina Commedia), primo imperatore a discendere in
Italia dopo Federico II, ma morì nel 1313 senza esser riuscito a
riportare la pace in Italia.
La Unam Sanctam di Bonifacio VIII del
1302 costituì l'ultimo episodio del conflitto medievale tra potere
spirituale e potere temporale. La bolla era una risposta al re
francese Filippo il Bello, con cui il papa era entrato in contrasto,
poiché il primo aveva cercato di imporre un tributo al clero
francese. L'anno successivo inviò il suo consigliere Guglielmo di
Nogaret, che con l'aiuto di Sciarra Colonna fece arrestare il Papa ad
Anagni (episodio dello Schiaffo di Anagni) per sottoporlo a processo.
Una sollevazione popolare riuscì a liberare Bonifacio VIII, il
quale, però, morì nello stesso anno. Dopo il breve papato di
Benedetto XI, nel 1305 fu eletto Papa l'arcivescovo di Bordeaux,
Clemente V, che decise di non scendere a Roma, ma di stabilirsi ad
Avignone, dando inizio alla cosiddetta "cattività avignonese".
La formazione delle monarchie nazionali
In Francia nel 987 Ugo Capeto, conte di
Parigi, riuscì a prendere il potere fondando la dinastia che da lui
prese il nome di capetingia. Fino all'inizio dell'XI secolo i
capetingi controllarono solo la Francia centro settentrionale, con il
resto del regno diviso in potenti ducati. Luigi VII riorganizzò la
burocrazia regia, con una rete di prevosti e balivi, che riscuotevano
le imposte e amministravano la giustizia. Verso la fine del XII
secolo, con Filippo Augusto, l'autorità dei re franchi riuscì a
estendersi dai Pirenei al canale della Manica in seguito alla
battaglia di Bouvines del 1214.
In Inghilterra la conquista normanna
portò alla nascita di un regno governato da una dinastia francofona.
Nel 1066 Guglielmo il Conquistatore, duca di Normandia, sbarcava in
Gran Bretagna sbaragliando con la battaglia di Hastings la resistenza
anglosassone e venendo incoronato re d'Inghilterra quell'anno.
Organizzò le circoscrizioni locali (shires) con funzionari regi
(sheriffs) e creò un catasto, il Domesday Book, con il quale censì
tutte le strutture fondiarie del regno. La nobiltà inglese fu
sostituita con una nuova aristocrazia francofona. Nell'XI secolo fu
fondato l'Exchequer (scacchiere) sotto Enrico I e nacque il
parlamento. I Plantageneti ereditarono il trono inglese con Enrico
II, aggiungendo l'Inghilterra al proprio impero angioino, che
comprendeva feudi che la famiglia aveva ereditato in Francia. Nel
1215 Giovanni Senzaterra firmò la Magna Charta Libertatum, statuto
legale inglese utilizzato per limitare i poteri del sovrano e
proteggere i privilegi degli uomini liberi.
In Spagna il Regno delle Asturie si
accollò il peso maggiore della lotta contro i musulmani. I suoi
regnanti ben presto assunsero l'onere e l'onore di raccogliere
l'eredità visigota, in virtù della loro discendenza da don Pelayo,
eroe di Covadonga e, pare, parente dei monarchi visigoti. Lentamente,
con alterne fortune, l'opera di riconquista procedette tra VIII e XI
secolo (importanti, in tal senso, sono i regni di Ferdinando I e
Alfonso VI di Castiglia). La Battaglia di Las Navas de Tolosa (1212)
segna uno spartiacque nella storia della Reconquista: dopo questa
brillante vittoria l'impero Almohade si disgregò in nuove taifas; le
principali città more (Cordova, Siviglia e in genere tutta la valle
del Guadalquivir) furono conquistate dai cristiani. Ciò che rimaneva
del Bilad al-Andalus si riorganizzò attorno alla taifa di Granada.
In Italia meridionale si andava
formando il Regno di Sicilia. I Normanni, stabilitisi ormai in
Normandia dalla Scandinavia, vedevano angusto il proprio territorio e
cercavano sbocchi di espansione. Fu così che la famiglia Altavilla
riuscì a inserirsi nel Meridione d'Italia sfruttando le rivalità
tra i vari signori locali e impadronendosi di Puglia e Calabria. La
loro fortuna fu nell'avere dalla loro parte il papato, in cerca di
alleanze durante la difficile disputa contro l'Impero tedesco. Nel
1059 papa Niccolò II riconobbe i territori normanni e nominò
Roberto il Guiscardo duca di Puglia e di Sicilia, nonostante l'isola
fosse allora ancora sotto il controllo degli Arabi. Tra il 1061 e il
1091 Ruggero d'Altavilla, fratello di Roberto, strappò la Sicilia
agli Arabi. Nel 1071, infine, gli ultimi baluardi bizantini, Brindisi
e Bari, caddero in mano normanna. Nel 1113 Ruggero II riuscì a
riunire nelle sue mani tutti i possedimenti normanni creando uno
stato fortemente accentrato.
Nel 1130 nacque il Regno di Sicilia,
per volontà dell'antipapa Anacleto II espressa al concilio di Melfi.
Le strutture amministrative normanne rimasero intatte col passaggio
del regno alla dinastia sveva nel 1194. Alla morte di Federico II,
suo figlio Manfredi divenne reggente sul trono di Sicilia. Incoronato
re nel 1258, sconfisse, alleato con i ghibellini, i guelfi nella
battaglia di Montaperti (1260). Scomunicato, Manfredi fu sconfitto e
ucciso nella Battaglia di Benevento (1266) dal conte Carlo d'Angiò,
chiamato in causa dal papa, che lo nominò nuovo Rex Siciliae.
L'ascesa di Carlo d'Angiò al trono siciliano determinò una guerra
tra Pietro III d'Aragona, imparentato con gli Hohenstaufen, e gli
Angiò, conclusasi nel 1302 con la Pace di Caltabellotta, cui seguì
la divisione del regno in due: Regnum Siciliae citra Pharum (noto
nella storiografia moderna come Regno di Napoli) e Regnum Siciliae
ultra Pharum (anche noto per un breve periodo come Regno di
Trinacria, noto nella storiografia moderna come Regno di Sicilia).
Le città e la rivoluzione politica
La vita cittadina in Europa raggiunse
il suo apogeo tra il XIII e la prima metà del XIV secolo. In
particolare le città italiane riuscirono ad avere il primato nel
settore manifatturiero e in particolare nel commercio. Il grande
slancio economico si tradusse anche nella reintroduzione in Europa
della moneta aurea.
L'Italia fu una delle zone di maggiore
fioritura economica, culturale e artistica, sebbene da un punto di
vista politico ci fu un continuo stato di lotta, interna ed esterna.
I problemi tra papato e impero al tempo di Federico I e soprattutto
di Federico II divisero i comuni italiani in guelfi e ghibellini, due
fazioni nelle quali confluivano tutta una serie di scelte politiche
locali (spesso si diventava guelfi o ghibellini in funzione di lotta
ai propri avversari che appartenevano alla fazione opposta) che solo
a livello teorico venivano ricollegati alle lotte sovranazionali tra
papato e impero. Molti storici hanno sottolineato come dietro l'alibi
di "guelfismo" e "ghibellinismo" si nascondesse
un'insanabile spirale di violenza e vendetta.
A causa di questa elevata
conflittualità si diffuse il sistema podestarile al posto di quello
consolare, con la differenza che il podestà era un forestiero,
quindi al di fuori delle lotte interne cittadine e teoricamente in
grado di mediare tra le fazioni. Nel corso del secolo XII si erano
andati formando nuovi ceti, che inizialmente venivano tenuti fuori
dalla vita politica in quanto non "aristocratici". La
"gente nova" (per citare la stessa espressione usata da
Dante Alighieri) erano signori del contado inurbati in città,
arricchiti dalla richiesta di derrate alimentari causata dalla
crescita demografica, i banchieri, i mercanti, i professionisti di
arti liberali (giuristi e medici), gli artigiani e, nelle città di
mare, gli armatori che si erano arricchiti con i commerci con gli
stati crociati.
Questi ceti emergenti si riunirono in
corporazioni di arti e mestieri che tutelavano i loro interessi,
controllavano la qualità dei prodotti, i prezzi e la formazione dei
nuovi addetti. Queste "Arti" già a partire dalla prima
metà del XIII secolo iniziarono ad avere un potere politico sempre
più rilevante, con la costituzione dei cosiddetti "Popoli"
(dal nome del ceto populares in antitesi a quello dei potentes, gli
aristocratici di origine feudale), con a capo il capitano del Popolo.
Verso la fine del XIII secolo un po' dappertutto il ceto dei magnati
venne cacciato, almeno formalmente, dal governo cittadino, talvolta
con vere e proprie leggi antimagnatizie. I rapporti tra magnati e
popolani furono spesso conflittuali, ma si assisteva anche ad
alleanze reciproche, spesso matrimoniali, che fondevano le famiglie
più ricche a quelle più nobili, portando vantaggi reciproci e
permettendo di eludere la legislazione anti-popolana (prima) e
anti-magnatizia (poi).
A partire dal Trecento infatti la
distinzione tra Popolo e nobili divenne sempre meno rintracciabile,
per la fusione dei due ceti, nascendo così un "Popolo Grasso",
di cittadini abbienti e potenti, contrapposto al "Popolo Magro",
un ceto medio di attività soprattutto artigianali. Esisteva poi il
ceto più basso il "Popolo minuto", dei salariati e dei
piccolissimi commercianti che non aveva nessuna rappresentanza
politica e che iniziò a farsi sentire solo dopo il brusco
peggioramento delle condizioni di vita dopo la crisi del XIV secolo.
Città e campagne nel Medioevo
Dopo la carestia del 1347 e la
catastrofica epidemia del 1348, la popolazione fu decimata, e la
scomparsa di un numero impressionante di individui ebbe una serie di
effetti sulle campagne e città europee. L’Europa subì alcuni
cambiamenti di segno opposto a quelli che l’avevano caratterizzata
tra X e XIII secolo, quando la popolazione era cresciuta, erano nati
villaggi e città, si coltivavano nuove terre. In molte aree la
natura riprese il sopravvento, e fra Tre e Quattrocento aumentarono
le terre destinate alla pastorizia, ma la crisi offrì anche
l’occasione per un grandioso processo di trasformazione: alcune
città decaddero e molti centri si trovarono in difficoltà; altri
tuttavia presero vigore, per cui non si verificò una decadenza come
quella del periodo altomedievale.
Dal X al XIV secolo ci fu una crescita
economica e demografica senza precedenti; con il crescere demografico
si intensificarono produzione e scambi, bonifiche, costruzioni di
ponti, canali e strade, realizzazioni di nuovi borghi e mercati. In
molte zone fu raggiunto il livello di massima saturazione in età
preindustriale, e fu grazie a questa espansione che si delineò
l’Europa che si è contraddistinta come civiltà urbana.
Non vi furono “motori” né
spiegazioni causali straordinarie, né improvvise svolte epocali, ma
una lenta e costante crescita della popolazione e del prodotto
globale. Prima dell’VIII secolo infatti, a causa della crisi dovuta
alla disgregazione dell’impero romano, alle pesti e ai disordini,
soprattutto nel versante mediterraneo dell’Europa, la situazione
era in declino, mentre, quando questi fattori che limitavano vennero
meno, il tasso di crescita della popolazione riprese senza ostacoli;
i motivi della decadenza erano quindi legati a fattori indipendenti
dall’equilibrio ambientale tra uomini e risorse.
È possibile perciò ricostruire la
dinamica economica del pieno Medioevo assumendo come principale
fattore di cambiamento e sviluppo il regolare incremento demografico.
Tale incremento fu sostenuto all’inizio
dall’espandersi e addensarsi di insediamenti umani e coltivazioni;
il processo (avviatosi a seconda dei casi in momenti diversi ma per
lo più tra X e XI secolo) di incremento delle aree già coltivate,
di occupazione di terreni non sottoposti a sfruttamento regolare, di
dissodamento e colonizzazione di nuove terre, raggiunse il culmine
nel corso del XII secolo, e proseguì, anche nelle aree più
densamente popolate, fino alla metà del Duecento.
L’accrescimento delle aree coltivate
non dipese però soltanto dalla disponibilità di terre, ma dalla
possibilità e capacità di mettere a frutto e sviluppare altre
risorse-chiave: le tecniche e la quantità di lavoro umano.
Nuovi aratri, ruote, ferrature di
animali, nuovi gioghi, così come la rotazione triennale delle
colture, permisero incrementi della produttività ma non furono la
causa della crescita, anche perché le prime regioni europee nelle
quali risultano presenti non furono altrettanto le prime nella
trasformazione economica, e altre novità, quali i mulini ad acqua,
si diffusero nelle zone più precocemente investite dalla crescita
solo dopo che questa si era già manifestata. Il mutamento
tecnologico medievale fu dunque un fenomeno più complesso
dell’adozione di nuovi attrezzi o di una specifica pratica
agricola; importate dall’Asia quasi tutte le principali
“invenzioni” medievali si diffusero man mano che fu necessario
far fronte ai bisogni dell’aumento demografico, quindi possiamo
definirle una conseguenza e non la causa di esso.
Anche il rendimento agricolo migliorò,
ma per ettaro e su scala pluriennale, via via che i sistemi
altomedievali, basati su un’agricoltura estensiva e su prolungati
periodi di riposo dei terreni, lasciavano il posto a coltivazioni
sempre più frequenti e specializzate, e ad una presenza più intensa
del lavoro umano: fu necessario infatti un notevole incremento della
quantità e qualità di lavoro per garantire raccolti sufficienti.
Mentre popolazione e produzione erano
in costante ascesa, l’equilibrio fra uomini e risorse fu dunque
assicurato dalla crescita prolungata di tutti i fattori produttivi:
terra, lavoro, investimenti.
L'innovazione tecnologica non interessò
solo le coltivazioni, ma anche i manufatti, gli edifici, la
produzione tessile, l’estrazione e lavorazione dei metalli.
La crescita demografica e lo sforzo
produttivo che si protrassero per quattrocento anni trasformarono il
paesaggio occidentale, modificando le forme di insediamento: la
popolazione si concentrò infatti in agglomerati distinti dagli
abitati sparsi, e non si formarono solo città ma anche una rete di
villaggi e borghi, che diedero vita ad un incremento delle vie di
comunicazione, la preferita delle quali fu la marittima, anche se,
con un grosso investimento di energia umana si sviluppò in modo
straordinario il sistema delle infrastrutture terrestri.
Le opportunità di scambio e la
divisione del lavoro fra le diverse comunità moltiplicarono i
mercati settimanali e periodici. La specializzazione delle colture
che seguì allo sviluppo dei consumi urbani e delle manifatture
tessili portò però ad un maggiore condizionamento delle annate
sfavorevoli: il timore delle carestie, che compare nel IX secolo è
quindi un segnale delle trasformazioni avvenute, del passaggio da
un'economia stagnante ed estensiva a basso grado di specializzazione
produttiva e di sfruttamento delle risorse, a un sistema economico
dinamico, a più alta intensità di lavoro ed utilizzo dei fattori.
I miglioramenti e le intensificazioni
delle colture furono realizzati grazie all’iniziativa delle
famiglie contadine, le cui caratteristiche, in età pienomedievale,
erano essenzialmente la mobilità e la propensione al cambiamento, in
parte per ricercare nuovi spazi agricoli, in parte per accumulare
risorse; gli aristocratici dal canto loro premevano per ottenere più
beni e servizi e favorirono la diffusione degli scambi e la
commercializzazione, dando luogo a strutture (mulini, ponti, strade,
approdi fluviali, luoghi di pedaggio e mercato) che incrementarono lo
sviluppo commerciale delle campagne.
Questa nuova economia vide l’uso del
denaro, ma esso non fu, come di solito si tende a credere, un
risultato, bensì un requisito iniziale del tipo di sviluppo
economico che si era manifestato in questo periodo.
Già prima dei carolingi era stato
coniato denaro in argento, ma dalla metà dell’XI secolo alla metà
del XII aumentò la domanda di denaro e diminuì l’offerta di
argento. Fu dato fondo così ai tesori delle chiese e dei monasteri e
furono istituite zecche feudali locali. Dopo il 1160 invece il
metallo tornò sul mercato, e le monete furono usate per i piccoli
pagamenti nelle città e nelle campagne più commercializzate, mentre
si affiancava il denaro grosso delle zecche regie, e genovini e
fiorini aurei rappresentarono, insieme ai più tardi ducati, il
principale mezzo di pagamento internazionale da metà Duecento in
poi.
L’organizzazione curtense si era
sviluppata dentro un quadro di prima diffusione del denaro e di
circolazione dei surplus agricoli, mentre lo stabilizzarsi di nuove
relazioni di dominio signorile nell’XI secolo avvenne nel pieno
della crescita, e può essere considerato come una reazione
aristocratica al mutamento economico, che l’assecondò ed
incentivò.
La pressione demografica, la
commercializzazione e l’uso delle monete favorirono anche il
processo di frazionamento dei mansi e la ristrutturazione delle
grandi tenute fondiarie, anche se si smembrarono solo i patrimoni che
coprivano spazi molto estesi, sovraregionali, e le grandi proprietà
si orientarono verso i centri urbani dominanti sul territorio, poiché
in essi si concentrava la domanda dei surplus agrari.
In gran parte dell’Europa le corvées
si trasformarono in pagamenti in denaro, e nei contratti agrari ci fu
una evoluzione in direzione di affitti sempre più brevi, contratti
scritti e, dalla fine del XII secolo, passaggi dai censi fissi (anche
in denaro) a canoni parziari in natura; con la crescita della
produzione e degli scambi aumentarono anche i redditi relativi ai
diritti su mulini, passi, ponti.
Nell’Italia centro-settentrionale il
sistema curtense che vigeva dall’alto Medioevo, si basava su un uso
limitato delle corvée, e su una relativa frequenza di censi fissi o
sostitutivi in denaro; il concentrarsi della proprietà della terra
in mano alle aristocrazie cittadine consentì lo sviluppo di patti a
metà del raccolto, prefigurazioni del contratto di mezzadria.
Intanto la presenza del denaro
modificava anche la mobilità sociale, allargando ad esempio il
divario tra contadini agiati e meno agiati, anche se va sottolineato
che tale presenza interessò solo le realtà contadine a contatto con
il mondo urbano, dove in effetti la moneta e gli scambi erano
determinanti per la qualità della vita.
Le crociate e il Mediterraneo bassomedievale
A partire dall'XI secolo l'Occidente
latino ricominciò a rimpossessarsi del Mediterraneo, espandendosi
verso Oriente. Si svilupparono in questo periodo le cosiddette
repubbliche marinare. Alcune di esse ( Amalfi e Gaeta) godevano di
una fiorente economia e di un'autonomia politica considerevole già
dall'Alto Medioevo. L'esaurirsi delle razzie corsare musulmane dopo
il X secolo permise il prosperare di nuove repubbliche marinare:
Genova, la sua protetta Noli, Pisa, Ancona e, in Dalmazia, Ragusa. A
Venezia si svilupparono traffici di grande portata, grazie a una rete
finanziaria, produttiva e commerciale che seppe instaurare in un vero
e proprio impero economico.
La navigazione sull'Adriatico fu sicura
fin dal IX secolo e permise lo sfruttamento di rotte che andavano da
Costantinopoli, alla Siria e la Palestina, al Nordafrica e alla
Sicilia. I veneziani, nonostante i reiterati divieti, commerciavano
con gli Arabi, comprese quelle merci proibite quali armi, legname,
ferro e schiavi. Contemporaneamente Genova e Pisa iniziavano a
emergere con politiche autonome. Nelle città più importanti
d'Oriente tutte le repubbliche marinare avevano dei veri e propri
quartieri con empori, fondachi, cantieri navali e arsenali, dove
convergevano le piste carovaniere e da dove partivano le navi con i
preziosi carichi per l'Europa; Genova, Venezia e Pisa ebbero anche il
possesso di vasti territori oltremare.
Intanto nel 1059 l'impero bizantino
vedeva la fine della dinastia macedone, cinque anni dopo lo Scisma
d'Oriente. Il trono fu conteso tra le due più potenti famiglie
bizantine del tempo, i Comneni, che avevano il potere militare e i
Ducas, che avevano il potere politico. Mentre ciò accadeva,
l'esercito bizantino fu sconfitto dai turchi selgiuchidi, nella
battaglia di Manzicerta, nel 1071. Dopo questa battaglia, in breve
tempo, l'impero bizantino perse tutta l'Asia Minore. La contesa tra
le due famiglie si concluse nel 1081 con l'ascesa al trono del
generale Alessio I Comneno. I Comneni continuarono la politica dei
macedoni tesa a rafforzare militarmente l'impero e riuscirono a
risollevare le sorti dell'impero, che sembravano segnate.
Fu in questo clima, segnato
dall'affermarsi delle etnie berbere e turche a danno degli Arabi, che
Papa Urbano II indisse un pellegrinaggio armato al concilio di
Clermont (1095), dando inizio alle crociate. All'appello risposero
sia la nobiltà europea, sia un'ampia fetta di gente comune animata
dall'entusiasmo inculcato da alcuni predicatori come Pietro
l'Eremita. Partiti verso Costantinopoli senza una strategia precisa,
le truppe guidate da principi francesi, normanni e fiamminghi
conquistarono in poco tempo tutta la costa del Mar di Levante, e nel
1099 presero Gerusalemme.
I crociati crearono un Regno affidato a
Goffredo di Buglione, ma solo suo fratello Baldovino prese il titolo
di re. Le conquiste vennero spartite tra i partecipanti all'impresa
creando gli Stati crociati e alcuni feudi minori, tutti sottoposti,
almeno formalmente, al re di Gerusalemme. Questa fu soltanto la prima
di ben nove crociate, non tutte finalizzate alla conquista o alla
difesa della Terra Santa.
Col tempo la crociata, infatti, rivolta
ora contro i musulmani di Spagna, i pagani dell'Europa nord-orientale
(Crociate del Nord), gli eretici della Linguadoca e gli avversari
politici del Papato in Italia, divenne una semplice guerra investita
di sacralità, per la quale il papato si serve appunto di un concetto
che risulta efficace al fine di mobilitare grandi masse di fedeli, ma
che porta anche alla degenerazione dello stesso concetto. Nel tempo i
crociati poterono beneficiare di una commutatio del loro voto fatto
quando presero la croce, ossia anziché partire per la Terra Santa,
essi poterono partecipare alle spedizioni militari che furono
investite dei privilegi previsti per le Crociate nel Levante.
Dal XIII secolo le crociate
cominciarono a essere dirette contro altri cristiani, come la
crociata albigese e la quarta crociata contro Costantinopoli. Alla
scomparsa della dinastia dei Comneni seguì la perdita, in sequenza,
di Serbia, Croazia e Dalmazia. Nel 1204 Venezia inflisse il colpo
finale all'impero, deviando la crociata alla capitale bizantina. I
crociati assediarono la città e la conquistarono, rovesciando così
l'Impero d'Oriente, ed elessero Baldovino conte di Fiandra, eletto
dai crociati "imperatore latino di Costantinopoli".
L'Impero latino avanzò pretese su
tutti i territori controllati dall'Impero bizantino fin dal momento
in cui Costantinopoli venne conquistata ed esercitò il controllo su
parte della Grecia. Gran parte del territorio rimase però nelle mani
degli stati rivali guidati dagli aristocratici dell'ex-Impero, come
il Despotato d'Epiro, l'Impero di Nicea, e l'Impero di Trebisonda,
anche se i parenti di Baldovino, conte delle Fiandre, combatterono
lungamente per assicurarsene il dominio. L'Impero latino ebbe termine
il 25 luglio 1261, quando Michele VIII Paleologo riuscì a
riconquistare Costantinopoli nel 1261 e sconfisse l'Epiro,
rivitalizzando l'Impero ma dando troppa attenzione all'Europa quando
le province asiatiche erano la preoccupazione principale.
Se sul lungo periodo i risultati
politici delle crociate furono fallimentari, non riuscendo a creare
un dominio stabile in Terra Santa, i risultati dal punto di vista
culturale furono enormi. Grazie ai rinnovati contatti col mondo
bizantino e islamico si ebbe un rifiorire del sapere scientifico in
Europa, che era caduto nell'oblio. A metà del XII secolo una équipe
di dotti guidati da Pietro il Venerabile, abate di Cluny tradusse il
Corano; verso il 1187 iniziò a circolare Aristotele. I testi latini
e greci, filtrati dal mondo arabo, contenevano anche cognizioni
provenienti da Persia, India e perfino (in maniera mediata) Cina,
soprattutto riguardo alla medicina, all'astronomia e alla matematica.
Arrivarono anche discipline orientali che, sebbene avessero
interessato il mondo ellenistico e tardo-antico, erano ormai
sconosciute in occidente, come l'astrologia e la magia. La conquista
più duratura di quel periodo storico fu l'introduzione dei numeri
arabi posizionali e dello zero, entrambe scoperte di origine indiana.
Questo nuovo sistema di numerazione fu introdotto in Occidente dal
pisano Leonardo Fibonacci, con il Liber abaci del 1202.
L'economia bassomedievale
Dal Duecento la bilancia commerciale
tra Oriente o Occidente divenne positiva per il secondo dopo secoli
di assoluto predominio commerciale dell'Europa sud-orientale. La
larga circolazione di merci anche non preziose permise un vorticoso
impennarsi degli scambi economici e l'aumento di ricchezza. Merci
orientali e occidentali, nordiche e mediterranee circolavano
velocemente via mare e via terre, e assieme a esse si spostavano gli
uomini e i capitali. I mercanti seppero presto dotarsi di strumenti
giuridici e tecnologici in grado di soddisfare la domanda crescente
di oro: nacquero nuovi tipi di contratto commerciale, più flessibili
e omologati dappertutto; nacquero le società di persone e di
capitali, le compagnie commerciali (a scadenza annuale, rinnovabili)
e le commende (tra imprenditori con capitali e commercianti che li
facevano fruttare). Nacquero le prime banche in senso moderno (in
grado di far fruttare i capitali) e le prime forme di assicurazione.
Per evitare di trasportare fisicamente il denaro nacquero strumenti
creditizi che permettevano la riscossione di somme precedentemente
versate in altre città mostrando lettere bollate della banca.
L'attività bancaria prosperò nonostante i divieti ecclesiastici di
guadagnare denaro "dal denaro".
Dal XII secolo alcune città italiane
avevano ricevuto l'autorizzazione imperiale di battere il "denaro",
la moneta argentea carolingia, che però tendeva a svalutarsi col
tempo. Il miglioramento economico stimolò il conio di monete più
pregiate, con un maggiore contenuto argenteo, detti "grossi"
o "bianchi". La moneta aurea fece la sua ricomparsa stabile
in Europa occidentale nella seconda metà del Duecento a Firenze e
Venezia, che coniarono, rispettivamente, il fiorino e il ducato o
zecchino, che divennero i mezzi principali dei grandi scambi
internazionali.
Un'altra novità del Medioevo fu la
nascita delle "compagnie", società
mercantili-imprenditoriali che sostituirono il commercio un tempo
basato sui mercanti itineranti. Le compagnie avevano succursali nelle
più importanti piazzeforti ed erano organizzate in maniera tale da
poter far muovere merci e capitali senza bisogno di far muovere i
suoi dirigenti né il denaro, che grazie alle lettere di cambio si
poteva riscuotere in qualsiasi filiale della compagnia.
Oltre all'Italia, l'altra grande zona
commerciale europea era l'area del Mar Baltico e il Mare del Nord,
con le attivissime città portuali anseatiche. Il punto di incontro
tra le merci italiane e nordiche era soprattutto il porto di Bruges.
Altre zone, come l'Inghilterra o il regno di Napoli, ebbero un ruolo
più passivo nello sviluppo economico, venendo monopolizzate da
mercanti stranieri che le spogliavano delle materie prime sottocosto
e vi rivendevano a prezzi molto alti i prodotti finiti.
Ma anche il settore produttivo venne
rivoluzionato, con un passaggio da un sistema artigianale (dove si
produceva su richiesta) a un sistema manifatturiero (dove si
produceva per vendere) che ebbe luogo tra l'XI e il XIII secolo, con
variazioni da luogo a luogo e da merce a merce. Spesso nelle città
si creò un sistema di manifattura diffusa, con le varie fasi della
lavorazione delle stoffe affidate a vari lavoratori specializzati.
Tra questi i tintori emersero perché lavoravano strumenti complessi
e materie prime costose. Notevoli furono le innovazioni tecnologiche,
tra le quali il filatoio a mano, il telaio orizzontale e la
gualchiera, ma anche la riscoperta del vetro e la rinnovata
produzione ceramica grazie alla ruota a pedale. La lavorazione dei
metalli fece grandi progressi, con forni più efficienti che
permisero la lavorazione dell'acciaio e le opere di grandi dimensioni
quali le campane o le canne d'organo.
La cultura bassomedievale
| «Siamo come nani sulle spalle dei giganti, sì che possiamo
vedere più cose di loro e più lontane, non per l'acutezza della
nostra vista, ma perché sostenuti e portati in alto dalla statura
dei giganti» |
| (Bernardo di Chartres) |
A Chartres nacque nel XII secolo una
scuola cattedrale dove per la prima volta si iniziò a guardare allo
studio della natura, delle scienze e, senza tralasciare lo studio
delle Scritture e il culto per l'auctoritas, ci si ispirava alla
tradizione neoplatonica. Andava nascendo un nuovo approccio allo
studio, quello della logica, che offriva un metodo innovativo con in
quale affrontare lo scibile: invece di commentare letteralmente le
Sacre Scritture si andava alla ricerca dei criteri per poter
comprendere, al di là della fede, quello che era giusto e quello che
non lo era. Il fondatore di questa scuola di pensiero viene
considerato Pietro Abelardo, duramente avversato dai tradizionalisti,
la cui eredità fu raccolta dal monaco camaldolese Graziano, che
redasse una raccolta completa di diritto canonico (il Decretum),
servendosi proprio della logica abelardiana; da allora la logica fu
alla base del rinnovamento nella teologia e filosofia che va sotto il
nome di scolastica. I grandi maestri della scolastica furono Alberto
Magno, Tommaso d'Aquino e Duns Scoto, che applicarono il metodo
abelardiano, arricchito anche dalle traduzioni di Averroè che
permise la riscoperta di Aristotele in Occidente, alla ricerca
teologica, indagata come una vera e propria scienza, usando quindi le
facoltà intellettuali umane.
Nelle città si sviluppò una sorta di
scuola primaria privata, alla quale poteva seguire la scuola d'abaco,
dove si insegnavano ai ragazzi più grandi nozioni di matematica e di
ragioneria. Per quanto riguarda il livello superiore di istruzione,
nel XIII secolo alle scuole cattedrali si affiancarono le università,
che nacquero come associazioni private di studenti, che subito
mirarono a un riconoscimento ufficiale e alla concessione di benefici
di carattere giuridico e economico. Le prime sedi universitarie
nacquero collegate alle scuole cattedrali o in maniera autonoma un
po' in tutta Europa. Il centro di maggior fervore culturale era
Parigi, ma lo Studium di più antica fondazione risulta quello di
Bologna, dove nel 1088 si istituzionalizzò una scuola di diritto
gestita da laici. A partire dal XIII secolo nasce anche la produzione
e il commercio dei testi dei maestri ad uso degli studenti. Si
diffusero le peciae, fascicoli venduti dagli stationarii (artigiani
specializzati che copiano libri per mestiere), scritti su carta,
materiale più economico, la cui tecnica di produzione era stata
importata in Europa dagli arabi, che l'avevano appresa dai cinesi.
Nelle città del tardo Medioevo si
andava sviluppando una cultura "laica", determinata dalla
grande sete di risposte a questioni pratiche e concrete, in campo
sociale, economico e politico. Senza metter in discussione la fede o
l'importanza della teologia o del latino, i ceti dirigenti cittadini
amavano la cultura detta "cortese", con i poemi epici, le
poesie finemente erotiche, i romanzi cavallereschi. In zone come la
Toscana, le signorie venete e romagnole o le corti sicule di Federico
II o catalane di Alfonso X il Saggio si erano creati dei circoli
poetici, derivati dalle composizioni provenzali dei trovatori, dove
nacquero talvolta anche forme espressive nuove, come il dolce stil
novo. Nel corso del Duecento inoltre si diffuse in Italia l'uso del
volgare, adoperato in poesia sin dal Cantico delle creature di san
Francesco, datato 1224. Il volgare era l'espressione di un ceto
emergente di banchieri, mercanti, imprenditori, ecc., che guardavano
con diffidenza ai lunghi tempi necessari per apprendere il latino e
alle materie più astratte. La richiesta di sapere scientifico alla
portata del cittadino medio fece nascere i sunti o le
"volgarizzazioni" di opere e trattati di scienze e altro,
come il Trésor di Brunetto Latini o il Convivio di Dante Alighieri.
Nel XII secolo nacque anche l'uso di registrare cronache cittadine e
anche familiari, che fissavano la memoria storica in maniera più
agevole e più snella dell'antica cronachistica ecumenica in latino.
Dall'arte romanica all'arte gotica
«Allora il mondo si scosse la polvere
dalle sue vecchie vesti e la terra si ricoprì di un candido manto di
chiese»
(Rodolfo il Glabro, monaco
di Saint-Bénigne a Digione, a proposito dell'arrivo del nuovo
millennio.)
Il progresso nella società si
accompagnò anche a un rinnovamento artistico e a un rinnovato
slancio architettonico verso edifici di grandi dimensioni,
soprattutto edifici religiosi: era infatti dall'epoca romana che in
Europa occidentale non si costruivano opere monumentali su larga
scala e diffusamente.
Tra XI e XII secolo si diffuse lo stile
"romanico" (termine coniato solo nel XIX secolo),
caratterizzato da una ritrovata monumentalità e da una maggiore
complessità negli edifici. Esso assorbì, da regione a regione, le
più svariate influenze (arabe, paleocristiane, classiche,
bizantine...), con alcune caratteristiche comuni come l'uso diffuso
(ma non esclusivo, perché restò a lungo l'alternativa delle
capriate) di volte a botte e volte a crociera, le spesse murature, le
complesse forme, l'uso di apparati scultorei per decorare.
L'edificio simbolo di questa epoca fu
la cattedrale, che iniziò a simboleggiare la ricchezza e il
prestigio dell'intera comunità cittadina, con gare tra città vicine
per avere l'edificio più grande, bello e maestoso.
Già dalla metà del XII secolo si
diffuse in Francia un nuovo stile, detto poi gotico (termine coniato
nel Rinascimento con risvolti negativi), che gradualmente conquistò
tutta l'Europa. L'architettura gotica fu rivoluzionaria per il modo
innovativo di concepire la struttura degli edifici: il peso non
veniva più sorretto dalle pesanti pareti, ma da una serie di
elementi (colonne, archi, volte, contrafforti, pinnacoli, ecc.) che
permettevano di svuotare le pareti riempiendole di grandi e luminose
vetrate, e di raggiungere altezze in verticale inimmaginabili.
Grandi diffusori del gotico furono i
cistercensi, che lo portarono in Italia dove però non ebbe mai una
forte presa, almeno secondo le forme transalpine, che vennero mediate
in edifici più legati alla tradizione romanica. Durante il XIII
secolo gli ordini mendicanti furono responsabili del rinnovamento
artistico. Davanti alle loro chiese nacquero vaste piazze per
accogliere la popolazione che attendeva con trepidazione gli
infuocati sermoni; inoltre iniziò l'uso di dare cappelle a famiglie
e personalità, affinché con la creazione di abbellimenti essi
potessero espiare i propri peccati.
Ma l'edilizia non riguardò solo le
chiese, anzi con l'affermazione dei Comuni i ceti dirigenti locali
spesso si affidarono all'architettura per dimostrare, anche
visualmente, il loro potere e prestigio. I vari palazzi comunali o
del podestà erano nelle città italiane il polo laico, complementare
a quello religioso; questi palazzi dovevano superare in altezza e in
bellezza tutte le altre architetture laiche della città. Entro il
XIV secolo molte città avevano provveduto a cingersi di almeno una
nuova cerchia di mura (rispetto alle mura romane che spesso erano
state continuativamente usate) che inglobasse le zone esterne ormai
densamente popolate per l'arrivo ingente di immigrati dalle campagne.
Da un punto di vista urbanistico gli
ampliamenti delle città e le nuove fondazioni seguivano un andamento
casuale, ben riconoscibile tutt'oggi nelle piante di molte città,
anche perché opposto al reticolo regolare di quei nuclei più
antichi di epoca romana. Una delle eccezioni fu Firenze, dove ad
Arnolfo di Cambio è tradizionalmente attribuito un progetto
urbanistico con la riorganizzazione delle piazze e il tracciato di
nuove strade rettilinee che vennero inglobate nella nuova cinta
muraria, triplicata rispetto alla precedente in area racchiusa.
Dopo due secoli di grande sviluppo e
prosperità nel continente europeo, il Trecento fu un secolo di
rottura, con l'interruzione di fenomeni in crescita come lo sviluppo
demografico, l'ampliamento e la creazione di nuove città, lo
straordinario aumento dei traffici in quantità e in qualità. Oggi
si inizia a considerare che il regresso possa essere stato causato
innanzitutto da una variazione del clima, con la fine del cosiddetto
periodo caldo medievale, che aveva permesso lo scioglimento dei
ghiacci (si pensi alla navigazione dei Vichinghi), la coltivazione
della vite fin sopra Londra, abbondanti raccolti facilitati dalla
piogge scarse e regolari e le tiepide primavere. Gli aspetti più
gravi riguardarono la carestia del 1315-1317, il ristagno economico,
la peste nera e le conseguenti rivolte popolari.
Grandi porzioni di terra furono
abbandonate e lasciate incolte, mentre, a causa del declino del
numero di lavoratori, i salari aumentavano progressivamente. I
tentativi dei proprietari fondiari di abbassare i salari con la forza
fallirono. Tutto questo non fece altro che aumentare il risentimento
dei ceti subalterni verso i più ricchi, che sfociò in una serie di
rivolte. Nel 1358 in Francia ebbe luogo le rivolte della jacquerie,
dove i contadini inferociti misero al rogo parecchi castelli e
aggravarono la situazione già difficile durante la guerra dei
cent'anni. Nel 1378 si ebbe la rivolta dei Ciompi, i salariati più
bassi nella produzione laniera, a Firenze. Essa obbligò il governo
fiorentino a concedere loro il diritto di avere riconosciuta una
propria corporazione e a partecipare al governo cittadino. Le nuove
arti "del Popolo di Dio" (cioè non Maggiori né Minori)
vissero fino al 1382, quando l'alleanza tra i ceti dominanti e
intermedi isolò i Ciompi e i loro alleati, togliendo loro tutte le
rivendicazioni che avevano ottenuto. In Inghilterra si ebbe una dura
rivolta cristiano-popolare nel 1381, capeggiata da Wat Tyler e John
Ball, che si ribellarono al duro regime fiscale imposto dal re a
causa della lunga guerra contro la Francia.
La disordinata religiosità che fu
animata dalla sensazione di terrore e di disorientamento a fronte
dell'inspiegabile susseguirsi di calamità e sciagure (carestie,
epidemie, guerre, l'avanzata dei Turchi o dei Tartari), fu permeata
da elementi apocalittici e irrazionali, che credevano in un'azione
diabolica congiunta e particolarmente efficace. La fine del mondo e
la venuta dell'Anticristo sembravano più vicine che mai e si
cercarono dei nemici da combattere, che erano, oltre ai cattivi
cristiani, gli ebrei e le streghe, contro le quali si scatenò una
vera e propria caccia.
Mentre nel resto d'Europa si
affermavano le monarchie nazionali, l'Italia tardomedievale vide la
formazione di regimi signorili (le signorie cittadine) o oligarchici.
Durante i periodi di crisi si iniziò
ad appoggiarsi su un unico personaggio, magari esterno alla città,
che tenesse la "balìa", ovvero il potere assoluto, in un
momento di difficoltà. Questi "signori" permisero di
superare alcune impasse politiche, ma spesso essi cercarono di
consolidare il loro potere e magari trasformarlo in ereditario: fu la
nascita delle signorie dal 1240 in poi (Torriani e poi Visconti a
Milano, Gonzaga a Mantova, Este a Ferrara, Scaligeri a Verona, da
Carrara a Padova, Ordelaffi a Forlì, Malatesta a Rimini, da Polenta
a Ravenna, da Montefeltro a Urbino, Da Varano a Camerino, ecc.).
Rimanevano tuttavia funzionanti le istituzioni comunali, sebbene
spesso si limitassero a ratificare le decisioni del Signore.
Stati comunali minori sparivano
aggregandosi ad altri più grandi, per conquiste o per trattative
diplomatiche. Nel XIV secolo i signori ottennero il titolo di vicario
imperiale e tra il XIV e il XV secolo i titoli di duca e marchese.
L'assegnazione di questi titoli è indice della stabilizzazione dei
poteri signorili. Alla fine le Signorie si evolsero in Principati con
dinastie ereditarie. Ciò avvenne quando i Signori, riconoscendo
l'imperatore e pagando una quantità di denaro, vennero legittimati e
riconosciuti come autorità da sudditi e principi. Questo cambiamento
fu reso possibile grazie all'incapacità dei sovrani tedeschi di
mantenere l'ordine nell'Italia del nord e grazie alla poca difficoltà
che i Signori incontravano per essere riconosciuti come autorità
legittima. Ma non tutte le repubbliche comunali divennero principati.
Questo accadde con tempi molto più lunghi o non accadde mai nelle
città marinare o in Toscana, dove i ceti imprenditoriali erano più
attivi e forti e riuscirono a impedire che un gruppo primeggiasse. Il
discorso cambia per quanto riguarda il centro-sud, dove erano
presenti lo Stato della Chiesa, il Regno di Napoli e il Regno di
Sicilia. Questi ultimi due regni divennero, nel XV secolo, due
vice-reami sotto gli Aragonesi.
Nella prima metà del XV secolo si ebbe
un lungo periodo di guerre che interessò l'intera penisola e fu
segnato dai ripetuti tentativi degli Stati più forti di estendere la
propria egemonia. La Pace di Lodi, firmata nella città lombarda nel
1454, mise fine allo scontro fra Venezia e Milano che durava
dall'inizio del secolo. Il trattato fu ratificato dai principali
Stati regionali. L'importanza della Pace di Lodi consiste nell'aver
dato alla penisola un nuovo assetto politico-istituzionale che,
limitando le ambizioni particolari dei vari Stati, assicurò per
quarant'anni un sostanziale equilibrio territoriale e favorì di
conseguenza lo sviluppo del Rinascimento italiano. A farsi garante di
tale equilibrio politico sarà poi, nella seconda parte del
Quattrocento, Lorenzo il Magnifico, attuando la sua famosa politica
dell'equilibrio.
La cattività avignonese e il grande scisma
d'Occidente
Il quattordicesimo secolo vide sia la
cattività avignonese del 1305-1378 sia lo Scisma d'Occidente che
durò dal 1378 al 1418. I papi avignonesi furono tutti francesi, ma
solo nei primi anni essi furono effettivamente soggetti al re di
Francia; con l'inizio della Guerra dei cent'anni la monarchia
francese entrò in un periodo di grave crisi, che sollevò il papato
dalla sua influenza effettiva. Il prestigio dei papi avignonesi fu
anzi molto forte e seppe irradiare in tutta Europa le sue decisioni
politiche, teologiche e fiscali. Lo Stato della Chiesa fu
amministrato da energici legati pontifici, mentre ad Avignone
convergevano artisti di fama internazionale grazie al cospicuo
mecenatismo del papato, assieme ai maggiori banchieri del tempo. La
tendenza generale del tempo, riscontrabile in tutta la società, era
però una crisi dei cosiddetti poteri universali (il papato stesso e
l'Impero): ormai tra essi e i cittadini si erano definitivamente
interposte le monarchie nazionali, che volevano ormai controllare
anche gli ecclesiastici. Dall'altro la Chiesa perdeva anche rilievo
morale, con una decadenza spirituale che avrebbe portato nei secoli
successivi a gravi conseguenze (come la riforma protestante).
Nel 1378, dopo il ritorno del papato a
Roma, si giunse al grande scisma d'Occidente. C'erano due pontefici,
uno romano e uno avignonese, ciascuno con il suo collegio
cardinalizio, che si lottavano scomunicandosi a vicenda e cercando di
far valere la propria posizione sulla cristianità. Una soluzione al
problema sembrò il ricorso a un nuovo strumento, il conciliarismo,
cioè la convocazione di un'assemblea di vescovi frequente,
indispensabile per la scelta di questioni teologiche e disciplinari
più importanti e addirittura superiore alla volontà del singolo
pontefice nei casi più decisi. Nel 1414 il re di Germania Sigismondo
di Lussemburgo-Boemia convocò un concilio a Costanza, per discutere
la ricomposizione dello scisma, che portò nel 1417 alla deposizione
dei tre papi e l'elezione di Martino V, un nobile cardinale romano.
Con il documento dell'Haec Santa si stabilì inoltre che un concilio
avrebbe dovuto essere indetto ogni 5 anni e fu stabilita la
superiorità del concilio sul papa stesso. Il conciliarismo, che
toglieva potere al pontefice, non era ben visto dai prelati più
vicini alla curia romana, né dal nuovo papa stesso, anche se il peso
del successo di Costanza impediva qualsiasi deroga al nuovo
principio, nonostante anche le difficoltà obiettive che tali grandi
riunioni comportavano, considerando anche le vie di comunicazione e
le condizioni di viaggio dell'epoca, sommate alla lunghezza dei
lavori conciliari che mancavano della tempestività necessaria per
certe decisioni.
La guerra dei cent'anni fu un conflitto
tra il Regno d'Inghilterra e il Regno di Francia che durò, non
continuativamente, 116 anni - dal 1337 al 1453 - e che si concluse
con l'espulsione degli inglesi da tutti i territori continentali,
fatta eccezione per la cittadina di Calais.
Il conflitto fu costellato da tregue
molto brevi e interrotto da due veri e propri periodi di pace della
durata rispettivamente di 9 e 26 anni, che lo dividono in tre fasi
principali, la guerra edoardiana (1337-1360), la guerra carolina
(1369-1389) e la guerra dei Lancaster (1415-1429), alle quali deve
essere aggiunta la fase conclusiva della guerra (1429-1453). Tale
suddivisione è tipica della storiografia anglosassone, mentre altre
periodizzazioni prevedono una divisione in una prima (1337-1389) e in
una seconda fase (1415-1453).
Militarmente, la guerra vide la nascita
di nuove armi e nuove tattiche, le quali segnarono l'abbandono degli
eserciti organizzati su base feudale e incentrati sulla forza d'urto
della cavalleria pesante. Sui campi dell'Europa Occidentale videro la
luce eserciti professionali, per la prima volta dai tempi dell'Impero
romano. Si trattò, d'altra parte, del primo conflitto in cui si
usarono le armi da fuoco. In particolare, le bombarde fecero la loro
prima comparsa su suolo francese nel corso della battaglia di Crécy,
tra le file inglesi.
Inghilterra e Francia alla fine del
conflitto apparivano molto differenti rispetto a prima.
Tra il
1455 e il 1485 l'Inghilterra fu lo scenario della guerra delle due
rose, una sanguinosa lotta dinastica combattuta tra il Casato dei
Lancaster e il Casato di York, chiamata così dagli emblemi dei due
casati. La guerra finì nel 1485 quando Enrico Tudor, discendente dei
Lancaster ma maritato a una York, vinse la battaglia di Bosworth e si
fece incoronare come Enrico VII.
Grossi stravolgimenti si ebbero
anche in Francia: l'autorità regia, rappresentata dai balivi, si
estese a tutto il territorio e si creò una fiscalità centrale.
Luigi XI, dopo aver sciolto la Lega del bene pubblico, si scontrò
con il duca di Borgogna Carlo il Temerario. Carlo fu ucciso nel 1477,
e nel 1482 il ducato di Borgogna passò al regno di Francia.
La nascita dello stato spagnolo
Il Trecento iberico si caratterizzò da
una battuta d'arresto del processo di riconquista cristiana. I motivi
di ciò sono molteplici: con il Trattato d'Almizra (1244), solo la
Castiglia restò l'unico regno interessato a una espansione
territoriale ai danni dei musulmani; questo regno è sconvolto da una
guerra dinastica che portò al trono Enrico II di Trastamara (1369).
La macchia d'illegittimità dei Trastamara pesò sui re di questo
casato finché Enrico III l'Infermo sposò Caterina di Lancaster
nipote di Pietro il Crudele (fratellastro sconfitto da Enrico di
Trastamara). Sotto Enrico l'Infermo riprese la guerra con i musulmani
battendoli a Collejares nel 1406.
I successori del sovrano si
dimostrarono troppo deboli e poco interessati alla Reconquista. Il
primo Quattrocento castigliano da questo punto di vista non segnò
grandi novità, anzi per la debolezza politica dei re si assistette a
frequenti atti d'insubordinazione dei nobili Castigliani.
Per una decisa ripresa della secolare
guerra all'occupazione islamica si dovette attendere la salita al
trono d'Isabella la Cattolica. Le sue armate, congiuntamente con
quelle del marito Ferdinando il Cattolico, il 2 gennaio 1492
entrarono a Granada dopo un lungo assedio. Questo atto segnò la fine
della Reconquista ma anche l'inizio di un'epoca caratterizzata
dall'intolleranza religiosa (nello stesso giorno in cui entrarono a
Granada i Re Cattolici firmarono il decreto d'espulsione degli Ebrei
dalla Spagna).
Il XV secolo è attraversato da
importanti cambiamenti culturali: l'ottimismo, la fiducia nell'uomo e
nelle sue possibilità, il principio della "virtù" umana
contrapposta alla "fortuna" sono manifestazioni filosofiche
e letterarie di un periodo noto col nome di Umanesimo. L'Umanesimo,
le cui avvisaglie possono esser colte già nel Trecento, ha una prima
diffusione nell'Italia rinascimentale, le cui corti sono punti di
riferimento vitale per gli artisti del tempo.
La civiltà umanistica fu
caratterizzata dalla volontà di distacco dalle tradizioni medievali
e da un recupero della civiltà classica greco-romana, che divenne un
modello di ispirazione. Nacque in questo contesto il desiderio di
restaurazione degli ideali di bellezza, libertà e razionalità
classica. Gli umanisti furono i primi a percepire una "rottura"
tra mondo antico e mondo moderno: fino ad allora era stato naturale
per entità politiche come l'Impero o il papato dichiararsi eredi
dell'Impero romano. I primi ad accorgersi dei nuovi tempi e a
iniziare un recupero del retaggio classico furono i letterati, già a
partire dal XIV secolo: Francesco Petrarca, Giovanni Boccaccio, Cola
di Rienzo furono gli esponenti più importanti, nelle cui opere
cercarono di far rivivere i modelli antichi filtrati. La scoperta di
codici letterari in latino e il contemporaneo arrivo di numerosi
intellettuali bizantini contribuiscono a portare alla riscoperta di
buona parte della letteratura latina e della letteratura greca,
insieme allo studio dello stesso greco. Importanti progressi vengono
effettuati anche nel campo della filologia e della storiografia, la
cui importanza risulta evidente, ad esempio, con la prova della
falsità della donazione di Costantino da parte di Lorenzo Valla.
Con le speculazioni degli umanisti, si
iniziò ad avere una nuova sensibilità anche sul piano
filosofico-scientifico, che, sviluppando istanze già in atto dal
XIII secolo, metteva in discussione le antiche certezze
aristotelico-tomistiche basate sull'auctoritas, per iniziare a
guardare la natura con un occhio più spregiudicato. L'indagine
artistica era strettamente connessa con quella scientifica, come
dimostrano gli studi sulla prospettiva e sul calcolo di Leon Battista
Alberti e Filippo Brunelleschi. Accanto all'aristotelismo, tanto caro
ai sistemi di pensiero della scolastica, si diffuse il pensiero
neoplatonico, secondo il quale l'uomo era al centro del mondo e
doveva osare per cogliere i frutti della sua intelligenza. Il
neoplatonismo si basava su quei testi del II-III secolo elaborati ad
Alessandria d'Egitto, giunti a Firenze nella prima metà del
Quattrocento con gli studiosi greci, e che andavano sotto il nome di
ermetici, dal nome del loro autore leggendario, Ermete Trismegisto.
Tra i traduttori di tali testi vi fu Marsilio Ficino.
Il 1455 è l'anno dell'invenzione della
stampa a caratteri mobili, a opera del tedesco Johann Gutenberg che
progressivamente rivestirà un ruolo fondamentale nella diffusione
del libro. Con l'invenzione della stampa a caratteri mobili
fioriscono le prime editorie, in particolare nella penisola italiana:
celebre la stamperia veneziana di Aldo Manuzio.
La caduta di Costantinopoli
Verso il 1230 si erano spostati in
Anatolia gli ottomani, una tribù turca proveniente dall'Asia
centrale. Gli Ottomani costituirono uno stato indipendente
sostituendosi al Sultanato selgiuchide di Rūm per merito di ʿOthmān
I Ghāzī, il cui nome servirà a indicare la dinastia ottomana da
lui fondata. Un processo di espansione territoriale che portò
all'occupazione dei Balcani e dell'Asia Minore, con la creazione di
un Impero con capitale Adrianopoli. Neanche una crociata nel 1396
riuscì a frenare gli Ottomani. L'impero d'Oriente si salvò
momentaneamente grazie al signore di Samarcanda Tamerlano, il quale
nel 1402 inflisse una pesante sconfitta agli Ottomani. L'avanzata
culminò con la caduta di Costantinopoli nel 1453, con cui l'Impero
bizantino cessò d'esistere insieme, secondo alcuni storici, al
Medioevo.
L'Impero Bizantino lasciò
un'importante eredità culturale, testimoniata non soltanto dalle
vestigia degli edifici bizantini giunti fino a noi, o dai frutti
dell'arte bizantina (soprattutto sacra), ma anche dalla forte
impronta culturale-religiosa lasciata ad alcuni popoli slavi e non
(vedi i Bulgari) dell'Est europeo, come il mito della Terza Roma.
Dopo pochi anni dalla caduta di Costantinopoli, la propaganda della
Chiesa ortodossa russa, divenuta autocefala nel 1448, designò Mosca,
appunto, come "Terza Roma". L'idea si sviluppò durante il
regno di Ivan III di Russia, Gran Principe di Mosca, che sposò Sofia
Paleologa, nipote dell'ultimo Imperatore di Costantinopoli. Ivan
reclamò l'eredità storica e soprattutto religiosa della città che
si definiva seconda Roma.
La caduta di Costantinopoli determinò
il passaggio ai Turchi del controllo delle preziose merci che
giungevano in Europa dall'Asia. Nacque così in tutto il continente
l'esigenza di trovare vie alternative per giungere in India e in
Cina. Le nuove innovazioni e i fondamentali progressi nella
navigazione e nella cartografia permisero le grandi esplorazioni
compiute nel Quattrocento da spagnoli e portoghesi tra cui quella di
Bartolomeo Diaz che raggiunse il Capo di Buona Speranza e quella di
Vasco da Gama che nel 1497 raggiunge Calcutta. Queste conquiste
vennero promosse dal re portoghese Enrico il Navigatore, che aveva
riunito nel sud del Portogallo un vero e proprio centro studi con
cartografi, geografi e astronomi.
Ma l'impresa più celebre e
significativa è senza dubbio quella compiuta da Cristoforo Colombo
che il 12 ottobre 1492 raggiunse il continente americano. Dopo
essersi rivolto inutilmente al re portoghese, che era interessato
alla navigazione orientale, Colombo si trasferì in Spagna cercando
l'appoggio dei re cattolici, predicando la necessità di raggiungere
l'Asia e il Gran Khan mongolo (in realtà sostituito dalla dinastia
Ming già nel XIV secolo) per allearsi con lui contro i Turchi. Dopo
la conquista del Sultanato di Granada da parte degli spagnoli, che
pose fine al dominio arabo su territori europei, Colombo ottenne
l'appoggio alla spedizione dai sovrani che gli concessero i titoli di
ammiraglio, di viceré e di governatore delle terre che avesse
scoperto. Il 3 agosto partì dal porto di Palos con due caravelle e
una caracca. Il 12 ottobre Colombo avvistò un'isola che lui credeva
del Cipango, ma che si trovava invece nelle Bahamas. In altre
spedizioni successive Colombo arrivò a Cuba e su Hispaniola (Haiti),
anch'egli pensava fosse il Catai, la Cina descritta da Marco Polo. La
bolla Inter Caetera di Papa Alessandro VI e poi il trattato di
Tordesillas divisero le terre del Nuovo Mondo tra l'Impero spagnolo e
l'Impero portoghese.
I contatti tra Asia ed Europa nel Medioevo
Fino al XIII secolo l'Asia "profonda",
ovvero tutto ciò che stava al di là del Vicino e di gran parte del
Medio Oriente, fu per l'Europa un oggetto sconosciuto, trattato solo
nelle leggende geografiche, nonostante i numerosi e secolari traffici
di lungo raggio che da India, Cina e persino Giappone facevano
giungere in Europa merci preziose e ricercatissime. Le rotte
carovaniere della "via dell'incenso" o della "via
della seta" si basavano infatti sugli scambi da carovaniere a
carovaniere su brevi tratte, con numerosi passaggi prima di arrivare
a destinazione: i convogli viaggiavano poco, ma le merci, e con esse
le idee e i culti, facevano invece lunghi tragitti. Fondamentale era
la mediazione dei musulmani, in particolare delle metropoli
arabo-iraniche (Shiraz, Isfahan, Baghdad) e delle oasi turkmene.
Inoltre molte merci arrivavano via mare alla penisola arabica tramite
il Golfo Persico, grazie ai venti periodici dei monsoni.
Dalla Malaysia, da Sumatra e dalla
Corea provenivano oro e argento; da Ceylon e dall'India arrivavano le
preziose spezie (pepe, chiodi di garofano, noce moscata e cinnamomo),
indispensabili per la cucina e la conservazione degli alimenti, il
sandalo, il bambù, l'albero della canfora, le essenze profumate
(muschio, incenso, ecc.) e infine le pietre preziose; da Cina e
Giappone arrivavano stoffe preziose e suppellettili in porcellana;
altre derrate di minor pregio, ma scambiate in maggiori quantità,
erano il riso, lo zucchero di canna e i cereali, le quali viaggiavano
di solito per mare.
Tra le leggende medievali sui luoghi di
origine delle merci più pregiate, circolavano quelle che parlavano
di un Paradiso terrestre in estremo oriente oltre leggende arabe o
bizantine, molte delle quali sono confluite in raccolte come le Mille
e una notte. Tra i luoghi più prodigiosi descritti c'era il Monte
della Calamita, che attirava nell'Oceano Indiano tutti i metalli, per
cui rendeva necessario per quelle misteriose popolazioni costruire
navi senza chiodi; oppure si descrivevano popolazioni fantastiche
come i cinocefali (dalla testa canina), gli sciapodi (con un unico
piede), i blemmi (con la faccia sul ventre), eccetera. Un esempio
della fascinazione esercitata da queste zone fu la misteriosa lettera
del Prete Gianni, che arrivò a metà del Duecento a papa Alessandro
III tramite l'imperatore bizantino, nella quale si descriveva un
favoloso regno cristiano, con alcuni spunti storici reali, quali la
presenza di comunità nestoriane, che effettivamente esistevano sulla
"via della seta" tra Iran e Cina, o la realtà di regni
turco-mongoli in Asia centrale.