martedì 7 giugno 2022

Chi fu il più grande falsario del Medioevo?

Uno dei più grandi falsari di sempre fu Pietro Ramponi, nobiluomo bolognese vissuto tra il 1385 e il 1443.



Ramponi fu autore di opere storiche sul passato della propria famiglia e della città di Bologna.

Fino a qui, tutto bene. Salvo il fatto che Ramponi alterò la storia per dipingere un passato glorioso, completamente inventato.

Invece di citare adeguatamente le fonti dei suoi racconti, Ramponi inserì i suoi antenati in contesti e vicende storiche ove non vi erano mai stati!

Uno degli esempi più eclatanti è contenuto nella "Cronaca Villola", che parla della storia di Bologna. In questa monografia, Ramponi sostituì i nomi di vari personaggi storici con quelli dei suoi familiari. Cambiò, ad esempio, il nome del cavaliere "Guido Griffoni" in "Guido Ramponi".

Inserì anche un suo ipotetico ascendente nella corte di Carlo Magno.

L'apice (in tutti i sensi) lo raggiunse parlando delle torri cittadine: scrisse che quella della sua famiglia era la più antica di Bologna!

Un vero e proprio impostore della storia.


lunedì 6 giugno 2022

Gilles de Rais, assassino seriale dell’era feudale

Il processo contro questo nobile, amico di Giovanna d’Arco, rivelò che negli anni decine di bambini erano stati sequestrati e portati nei suoi castelli, dove venivano torturati e uccisi.

Gilles Montmorency-Laval, barone di Rais (o Retz), nacque nel settembre del 1404 nel castello di Champtocé, una delle proprietà della sua potente e ricca famiglia, che dominava estesi territori nel sud della Bretagna. A undici anni di età vide morire suo padre sventrato dalle zanne di un cinghiale che lo aveva attaccato mentre era a caccia in un bosco.

Gilles de Rais con indosso l'armatura. Ritratto idealizzato. 1834. Grande Trianon, Versailles

L’immagine del genitore moribondo con il ventre squarciato, agonizzante e sanguinante, colpì notevolmente il giovane, e probabilmente gli creò un trauma che lo accompagnò per tutta la sua tormentata vita. Fu quindi affidato alle cure del nonno materno, Juan de Craon, un nobile duro e sadico che trattava i suoi servi con estrema crudeltà. Educato come i rampolli dell’aristocrazia francese, il giovane Gilles si comportava in modo egoista, presuntuoso e capriccioso.

A quattordici anni fu nominato cavaliere ed entrò a servizio del duca Giovanni V di Bretagna: questo lo portò a partecipare ai conflitti armati fra i nobili di alto lignaggio della regione, che consideravano la guerra come qualcosa di intrinseco al loro modo di vivere, una specie di svago dell’aristocrazia. Violento, audace e coraggioso, Gilles non si fermava di fronte a niente. Aveva solo quindici anni quando, praticando la scherma, fece la sua prima vittima, un giovane il cui corpo ferito e sanguinante esercitò su di lui una strana attrazione.

Nonostante le tendenze omosessuali che presto si risvegliarono in lui, a 17 anni violentò Catherine de Thouars, una giovane ereditiera con cui si sposò lo stesso giorno, ignorando il rifiuto della sua famiglia. Non contento, catturò sua suocera, che non liberò finché lei non gli concesse alcuni castelli. Dovette attendere sette anni per avere un erede, la sua unica figlia, che presto abbandonò con sua moglie. Non si sarebbe mai più preoccupato di loro.

Come cavaliere del duca di Bretagna, Gilles de Rais si distinse per l’energia e la ferocia con cui affrontava i combattimenti: si batteva con tale impeto che i suoi compagni d’armi lo paragonavano ai vichinghi dei tempi passati. Nel 1429 la fama di guerriero feroce precedeva il barone de Rais, e il re di Francia reclamò i suoi servizi militari per liberare la città di Orléans, assediata dagli inglesi da ormai vari mesi. Quando vi arrivò, al comando di un gruppo di soldati, Gilles de Rais incontrò Giovanna d’Arco, la giovane che affermava di essere stata scelta da Dio per liberare la Francia dal giogo straniero. Il cavaliere rimase immediatamente affascinato dalla ragazza.

Entrambi capeggiarono l’esercito che in appena otto giorni liberò dall’assedio Orléans, dove entrarono trionfanti e acclamati dal popolo. Nominato maresciallo di Francia, nei mesi seguenti restò al fianco di Giovanna e le salvò anche la vita durante una scaramuccia alle porte di Parigi. Cercò di liberarla quando fu catturata e condannata per stregoneria ed eresia dagli inglesi a Rouen, ma non fece in tempo. Le cronache raccontano che pianse tutte le sue lacrime sulle sue ceneri. In seguito proseguì la lotta contro gli inglesi, ma nel 1434 cadde in disgrazia il cancelliere La Tremoille, suo grande protettore alla corte di Francia, e Gilles perse il suo titolo di maresciallo.

Tuttavia al tempo la sua fortuna era considerevole, poiché sommava all’eredità familiare i beni ottenuti in guerra. Ritiratosi nei suoi domini bretoni, il barone de Rais condusse una vita di lusso e sprechi. Celebrava sontuosi banchetti e organizzò anche una favolosa festa nel maggio del 1435, in cui venne ricreata la liberazione di Orléans del 1429 e che gli costò l’esorbitante cifra di 80.000 corone. Per far fronte a queste spese vendette il suo patrimonio, in contrasto con l’opinione della famiglia.

Riproduzione della stanza in cui Gilles de Rais commetteva i suoi crimini. Incisione del XIX secolo


Inoltre, affascinato dalla magia e dall’alchimia, riunì nel suo castello di Tiffauges maghi, negromanti, stregoni, satanisti e alchimisti, con cui si riuniva per cercare di scoprire la pietra filosofale. Lì invocava il diavolo e celebrava cerimonie sataniche, firmando patti con il suo stesso sangue. L’ultimo dei maghi che portò nella sua dimora fu l’ex monaco e occultista aretino Francesco Prelati, un imbroglione che gli consigliò di vendersi al diavolo.

Questi dettagli della “vita segreta” di Gilles de Rais si conoscono per via del processo a cui fu sottoposto nel 1440, dopo essere stato arrestato per ordine del vescovo di Nantes. L’accusa non si limitava alla pratica della stregoneria: si parlava anche di eresia, di violazione dell’immunità della Chiesa, di sodomia e di assassinio di bambini.

È quest’ultima accusa ad aver creato l’immagine di Gilles de Rais di criminale spietato, di assassino seriale. In effetti, diversi testimoni convocati di fronte al tribunale, umili contadini dei domini del barone de Rais, dichiararono che i loro figli, di età compresa fra gli 8 e i 14 anni, erano spariti da un giorno all’altro, mentre stavano sorvegliando il bestiame o lavoravano come apprendisti o si prendevano cura di un fratello più piccolo a casa.



I genitori avevano sospettato sin dal primo momento di Gilles de Rais, ma non si erano azzardati a protestare, tale era la paura che incuteva. Nel corso di sette anni si verificarono decine di sparizioni: 140, secondo alcune dichiarazioni rese.

Lo stesso Gilles de Rais e i suoi seguaci confessarono durante il processo ciò che accadeva con i bambini all’interno dei suoi castelli. Il barone aveva dei sicari incaricati del loro sequestro, che selezionavano quelli che erano «belli come un angelo».

La vittima veniva rinchiusa in una stanza speciale dei castelli di Tiffauges, Machecoul o La Suze. Lì, il barone iniziava sottoponendo i bambini a una specie di strangolamento per evitare che strillassero: «Li sollevava con una mano e poi li teneva sospesi per il collo, con nodi e corde, nella sua stanza, a un appendiabiti e a un gancio». Li liberava per violentarli e poi li uccideva, lui stesso o per mano dei suoi servitori, decapitandoli o percuotendoli.

Uno dei servitori di Gilles de Rais dichiarò anche che egli provava «più piacere assassinando i bambini, vedendo separarsi le loro teste e le loro membra e come si indebolivano e scorreva il loro sangue, che incontrandoli carnalmente». Poi cadeva addormentato. I servitori pulivano la stanza e bruciavano il cadavere nel camino. Si disse anche che, temendo un’indagine, Gilles de Rais abbia ordinato di bruciare i resti di 40 bambini nella torre del castello di Machecoul.


Esecuzione di Gilles de Rais. Stampa del XIX secolo


Alcuni autori hanno messo in dubbio la veridicità di queste dichiarazioni sotenendo che facevano parte di un processo politico, simile a quello organizzato pochi anni prima contro Giovanna d’Arco.

Un tribunale deciso a condannare il barone avrebbe raccolto le accuse di pratiche demoniache, eresia e sodomia per ottenere una condanna esemplare. La minaccia della tortura sarebbe anche servita affinché lo stesso Gilles confessasse. Tuttavia, la maggior parte dei biografi, anche i più recenti, tende a credere che l’accusato abbia commesso almeno una parte dei crimini imputati.

L’atteggiamento che ebbe negli ultimi mesi di vita fu strano. Nel settembre del 1440, quando una delegazione inviata dal vescovo di Nantes si presentò alle porte del castello di Machecoul, Gilles si consegno'senza opporre alcuna resistenza. Al processo, dopo aver riconosciuto tutti gli atti che gli furono imputati, dichiarò come ultima giustificazione di aver agito in quel modo perche' era scritto nelle stelle. La sua condizione di pari di Francia non servì a salvarlo. Il 26 ottobre del 1440 fu impiccato nel prato della Madeleine, in prossimita' di Nantes. I suoi resti, parzialmente bruciati, vennero sepolti nella chiesa dei Carmelitani della stessa città.


domenica 5 giugno 2022

Come riuscivano due armate a trovarsi nell'antichità?

Gli antichi eserciti in campagna di solito viaggiavano con almeno piccoli complementi di esploratori. Gli eserciti a base di fanteria come i romani avevano contingenti di cavalleria che servivano a ricognizione di ruoli e fanteria leggera che poteva anche cercare l'esercito. Gli eserciti pesanti della cavalleria erano intrinsecamente mobili e qualsiasi contingente poteva servire da forza di scouting.

Per eserciti abbastanza grandi, ci sarebbero evidenti segnali rivelatori che una grande forza militare era arrivata nell'area. Terreni agricoli saccheggiati, sentieri sulle strade, accessori scartati, campeggi abbandonati, ecc. Se l'esercito nemico avesse attraversato villaggi e città, la gente del posto avrebbe potuto essere consultata per scoprire cosa aveva fatto l'esercito e dove stava andando l'esercito.

In alcuni casi, dove era in gioco l'onore dei generali o l'esito di una battaglia, gli eserciti si informavano reciprocamente delle rispettive posizioni e coordinavano un punto d'incontro su un campo di battaglia. In altri casi, un esercito ha lanciato una sfida affermando la sua posizione e chiedendo a un altro esercito di venire e affrontarlo sul campo.

In generale, per gli antichi eserciti non era così difficile trovare altri eserciti a meno che un esercito non volesse dare battaglia. I Parti furono il miglior esempio di ciò nel mondo antico. Quando i romani tentarono di invadere e ingaggiare i Parti in battaglia, gli eserciti dei Parti sfruttarono il vantaggio di mobilità posseduto dalle loro unità a base di cavalli e rimasero lontani dai Romani in battaglia. I romani non furono mai in grado di trovare gli eserciti dei Parti a meno che non fosse in circostanze partiche.

Secondo la logica, era più facile per i difensori trovare eserciti attaccanti. Il difensore conosce meglio il territorio, di solito ha il vantaggio di una popolazione amica e ha il lusso di scambiare spazio per il tempo. L'attaccante entra in un territorio sconosciuto, sperimenta una resistenza ostile ed è più colpito dalla nebbia della guerra.



Catafratti dei Parti. I Parti avevano una cavalleria leggera e pesante all'interno del loro esercito, armati con varie armi da archi a lunghe lance simili a lance.


sabato 4 giugno 2022

La gente mangiava carne ogni giorno nel Medioevo?

Solo i nobili mangiavano carne ogni giorno, tranne che durante la Quaresima. I contadini mangiavano raramente la carne. Nell'Inghilterra medievale i contadini allevavano gli animali. Quindi i loro nomi sono germanici come suino (Schwein), gallina (Hahn), mucca (Kuh) e pecora (Schaf). I nobili erano normanni, quindi i termini per la carne sono latinati come maiale (porc), pollame (poulet), manzo (boeuf) e montone (mouton).

I nobili avevano solo il privilegio di cacciare la carne. Quindi l'animale è chiamato cervo (Tier). La carne si chiama cervo (cervo).



Durante la Quaresima venivano importati dalla Scandinavia merluzzo essiccato (bacalao) e aringhe in salamoia. Sir John Falstolf difese con successo una carovana inglese piena di aringhe in canna durante la Guerra dei Cent'anni. Quando i norvegesi si convertirono al cristianesimo. Hanno fermato le incursioni vichinghe. Sono diventati esportatori di pesce. Il re danese fece pagare pedaggi alle navi che entravano e uscivano dal Mar Baltico, fino a quando l'Impero britannico non disse loro di fermarsi. (Immagino che fossero ancora vichinghi.)


venerdì 3 giugno 2022

Quale secolare omicidio non verrà mai risolto?

Roma, 14 giugno 1497.



È una fresca notte primaverile in cui Roma è immersa in un sonno profondo. Nei pressi del Tevere si aggirano ombre furtive di quattro uomini, seguite da quella di un cavaliere misterioso che trasporta un cadavere.

I quattro lo sollevano e lo gettano in acqua, per poi scomparire inghiottiti dalle fauci del buio, convinti che nessuno li abbia notati. Non è così: un barcaiolo ha visto tutto e il giorno dopo racconta la vicenda alle autorità papali.

Dalle acque del fiume viene rinvenuto un corpo martoriato da nove pugnalate; il cadavere è quello di Giovanni Borgia, figlio prediletto di papa Rodrigo e capitano delle armate pontificie. Era un ventenne scapestrato, donnaiolo e attaccabrighe.



La sera dalla scomparsa era stato a cena nel palazzo di sua madre insieme ai fratelli Cesare e Goffredo e dopo il banchetto si staccò dal gruppo. Nessuno lo rivide più vivo. Il 16 giugno viene recuperato il cadavere ed il papa, devastato, pretende che venga trovato il colpevole.

I sospettatati sono numerosi poiché Giovanni aveva molti nemici. Intrighi passionali, vendette private o giochi di potere lo hanno condotto alla morte. Inoltre i Borgia avevano tanti nemici che è difficile dire chi non avesse un movente.

E se invece fosse stato proprio uno della famiglia ad uccidere “Juanito”? Roso dall’invidia per i favoritismi accordati al fratello, Cesare era desideroso di prenderne il posto. Per volere del padre, era stato costretto a diventare cardinale, ma la sua vera indole era quella di condottiero.

In effetti dopo la morte del fratello poté realizzare il suo sogno. Le indagini si conclusero dopo qualche settimana con un nulla di fatto. Solo il Tevere conosce la verità di ciò che accadde in quella notte di sangue.


giovedì 2 giugno 2022

Un esempio di coraggio del passato che sorprende ancora oggi

Non so se considerarlo coraggio o qualcos'altro.

Caterina Sforza, signora di Forlì e contessa d Imola, era famosa per essere una combattente nata, come Giovanna d'Arco infatti amava indossare l'armatura e comandare di persona le proprie truppe in battaglia. Per le sue doti guerriere e il suo carattere forte fu soprannominata "la tygre di Romagna".

Si narra che durante l'assedio di una rocca i suoi nemici le avessero mostrato i propri figli tenuti in ostaggio, minacciandoli di ucciderli.

Lei, per nulla turbata, si sporse dalle mura sfidando i nemici e gridò loro:
"Fatelo, se volete. Ho con me lo strumento per farne degli altri!", alzando al contempo le gonne.



Fatto sta che respinse l'assedio salvando anche i propri figli.


mercoledì 1 giugno 2022

Perché nel Medioevo venivano tassate le vedove?

Le vedove che nel XIV secolo si risposavano entro 12 mesi dalla morte del marito dovevano pagare una tassa.



Era una normativa spagnola, che obbligava queste donne a versare due maravedis, la moneta iberica del tempo.

Il motivo? A causa delle numerose guerre ed epidemie, erano svariate le donne che rimanevano senza coniuge. La Spagna del ‘300 era governata dal re Alfonso XI di Castiglia (1311-1350) che combatteva contro i musulmani per la riconquista della Penisola iberica.

La legge prevedeva che le vedove osservassero un anno di lutto prima di un secondo matrimonio perché le notizie relative ai caduti e superstiti erano incerte.

Una volta risposate, avrebbero rischiato di essere vendute come serve insieme al nuovo coniuge se per caso si fosse scoperto che il primo marito era vivo.

Da questa tassa erano esentati gli uomini.