sabato 19 marzo 2022

Un fatto storico che sembra vero ma in realtà è falso

 

La vergine di Norimberga, chiamata anche vergine di ferro, è una macchina di tortura inventata nel XVIII secolo ed erroneamente ritenuta medioevale. La macchina è un sarcofago antropomorfo di legno dotato all'interno di punte metalliche o lame che avrebbero la funzione di ferire il condannato postovi all'interno, teoricamente senza lederne gli organi vitali per prolungarne l'agonia fino alla morte.

Storicamente non si hanno prove dell'esistenza e dell'impiego della vergine di ferro. Il termine deriva da un esemplare risalente al XIX secolo proveniente dalla città di Norimberga. Così come altri oggetti del periodo, è ritenuto un falso storico creato ad arte per impressionare i visitatori dei musei. Infatti oltre a non esistere originali medievali del dispositivo, non si trovano fonti storiche che parlino di un suo impiego prima del XIX secolo. È quindi confermato che sia un mito risalente al XVIII secolo nel quale si percepiva il Medioevo come un'epoca oscura.


venerdì 18 marzo 2022

Lizza

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La lizza era un tipo di recinto di confine di grandi o piccole proprietà terriere o di castelli dove, in caso di assedio, i soldati facevano la guardia giorno e notte in epoca merovingia, cioè in epoca medievale.
Rappresentava un rifugio per i combattenti dei tornei di quell'epoca. Le lizze erano ufficialmente inserite nelle regole dei tornei come luogo dove era possibile ripararsi, riprendere fiato, bere e riposarsi. Proprio davanti a queste, prima dell'inizio dei tornei, era consueto il raduno delle squadre o formazioni partecipanti.


giovedì 17 marzo 2022

La più grande battaglia della storia

La Battaglia di Ujbardha nel 2 Settembre 1457, combattuta tra gli albanesi sotto la guida di Skanderbeg e l'esercito turco, da 80,000 uomini ben armati, mentre gli albanesi erano non piu' di 15,000 uomini. Tutto è avvenuto in sole 3,5 ore. Io ho visto il luogo in cui si è svolta la battaglia. Secondo le fonti, tutto si è combattuto a distanze molto ravvicinate diciamo con le mani. Sono stati uccisi con coltelli e spade corte più di 50,000 turchi e solo 258 albanesi.


mercoledì 16 marzo 2022

Quali sono le truppe mercenarie più famose di sempre?

I Lanzichenecchi, dal tedesco "Landsknechte", ovvero grossomodo “servitori del paese”, erano delle temibili truppe mercenarie germaniche che fecero il bello ed il cattivo tempo sui campi di battaglia europei a partire dalla seconda metà del XV secolo, per poi lentamente finire in declino – come un po’ tutte le truppe mercenarie rinascimentali – a partire dalla seconda metà del XVI secolo, quando gli eserciti nazionali iniziarono ad assumere una loro identità.



Essi sono noti in Italia soprattutto per la loro rappresentazione ne I promessi sposi, in cui Manzoni ci lascia intendere qual era la reputazione di cui godevano questi mercenari. Ed infatti, nel descrivere la loro discesa in Italia, egli così scrisse:

«Oltre tutti i danni che si potevan temere da un tal passaggio, eran venuti espressi avvisi al tribunale della sanità, che in quell`esercito covasse la peste, della quale allora nelle truppe alemanne c`era sempre qualche sprazzo»

Non deve stupire la cattiva nomea che i Lanzichenecchi si fecero durante la loro lunga attività bellica. Essi lasciarono il segno sui campi di battaglia rinascimentali non solo esclusivamente per il loro valore militare, seppur questi subirono dolorose batoste in più di una occasione, ma anche per le efferatezze di cui si macchiarono nel corso delle varie campagne che li videro partecipi, come ad esempio il celebre sacco di Roma del 1527, quando i Lanzichenecchi, rimasti scontenti dal magro compenso fino a quel momento accumulato (e fomentati dal loro odio per la chiesa cattolica), misero a ferro e fuoco l’antica capitale dell’impero romano, già di per se ridotta in uno stato decadente. Spezziamo però una lancia – anzi, un’alabarda – a loro favore: al sacco parteciparono con la stessa efferatezza anche truppe italiane e spagnole. Così lo storico del tempo Francesco Guicciardini descrisse lo scempio:

«Tutte le cose sacre, i sacramenti e le reliquie de' santi, delle quali erano piene tutte le chiese, spogliate de' loro ornamenti, erano gittate per terra; aggiugnendovi la barbarie tedesca infiniti vilipendi. E quello che avanzò alla preda de' soldati (che furono le cose più vili) tolseno poi i villani de' Colonnesi, che venneno dentro. Pure il cardinale Colonna, che arrivò (credo) il dí seguente, salvò molte donne fuggite in casa sua. Ed era fama che, tra denari, oro, argento e gioie, fusse asceso il sacco a più di uno milione di ducati, ma che di taglie avessino cavata ancora quantità molto maggiore.»



Certo il saccheggio e le violenze in guerra non erano prerogativa esclusiva dei mercenari tedeschi, ci mancherebbe, ma questi erano particolarmente feroci. Spesso, un po’ come tutte le truppe mercenarie, questi erano tanto più inclini al saccheggio quanto meno venivano pagati. Anzi erano gli stessi comandati che quando non riuscivano ad onorare la retribuzione promessa (la famosa “cinquina”, ovvero il compenso corrisposto ogni cinque giorni), permettevano ben volentieri ai sottoposti di darsi alla razzia, per rifarsi del mancato pagamento. D’altronde era il denaro quasi l’unico strumento per assicurarsi la fedeltà di questi uomini, come ovvio che sia, quindi era essenziale che questi fossero soddisfatti della retribuzione. Ne è testimone la diffidenza nutrita dagli spagnoli alla vigilia della battaglia di Pavia del 1525, quando il marchese di Pescara, Ferdinando Francesco D’Avalos, mise in guardia i propri uomini sugli alleati germanici sostenendo che questi fossero “non avvezzi a combattere per la gloria, per i trionfi e per la reputazione” ma che “vanno alla guerra come fossero operai

Per completare il quadro di cattiva fama che si portavano dietro i Lanzichenecchi, non possiamo non citare le condizioni igieniche e sanitarie in cui versavano queste truppe. Di certo la durezza della vita militare contribuiva al dilagare delle malattie, cosa piuttosto ovvia quando l’igiene non era al primo posto e tanti uomini si accalcavano in piccoli accampamenti. Difatti è acclarato che i Lanzichenecchi, ad esempio, fecero scoppiare una vera e propria emergenza sanitaria a Roma dopo il famoso sacco, poiché un tale ammasso di uomini in una città già di per se insalubre (qual era Roma al tempo) aveva quale ovvia conseguenza il dilagare di malattie contagiose. Ma questa non era una prerogativa dei mercenari tedeschi, ma una sgradevole conseguenza della guerra.

Un tocco di gioco d’azzardo ed il quadro è completo: essi erano grandi amatori di dadi e carte, portando in Italia un particolare gioco d’azzardo chiamato “zecchinetta” nella penisola. Insomma come diremmo oggi con un meme, erano violenti, sporchi e giocatori d’azzardo… ma avevano anche dei difetti. Però questi cattivi ragazzoni germani erano anche dediti alla religione. Era loro uso pregare e baciare il terreno prima di ogni battaglia.

Scherzi a parte, i Lanzichenecchi da un punto di vista puramente militari erano degli ottimi soldati, protagonisti di quella rivoluzione bellica rinascimentale che vide il ritorno della fanteria quale protagonista indiscussa dei campi di battaglia a scapito della cavalleria pesante e del diffondersi delle armi da fuoco, prima tra tutte l’archibugio. Certo, almeno inizialmente la loro valenza era adombrata dai loro mentori/nemici, la fanteria svizzera mercenaria armata di picca dalla quale Lanzichenecchi e Tercios spagnoli trassero in qualche modo ispirazione.

Anche se già dal medioevo era in uso in Germania per gli uomini delle fasce sociali più basse riunirsi in una sorta di associazione per offrirsi ai nobili dell’epoca quali milizie di facile impiego, la vera genesi dei Lanzichenecchi viene identificata nella volontà di Massimiliano D’Asburgo di usufruire di truppe armate di picca, sul modello svizzero, per avere ragione sulla Francia di Luigi XI. Già nella battaglia di Guinegatte del 1479, Massimiliano sconfisse i francesi grazie a questa nuova tipologia di fanteria.

Nei decenni a seguire i Lanzichenecchi assunsero sempre più una loro identità. Il reclutamento aveva inizio quando, in tempi immediatamente precedenti alla guerra o in costanza di questa, vi era bisogno di truppe per portare avanti la campagna. Il “mandante” per il reclutamento poteva essere chiunque, da una città libera all’imperatore, passando per un Duca facoltoso. Questi dava mandato ad un’altra figura, un impresario, sostanzialmente un militare d’esperienza con una certa fama ed influenza, il quale procedeva in prima persona al reclutamento.

Il “bacino” di reclutamento dei Lanzichenecchi era quello dell’alto corso del Reno e della Germania meridionale. Qui l’impresario emetteva un bando, il quale circolava tra città e villaggi. La maggior parte dei futuri Lanzichenecchi erano coloro che appartenevano ai ceti più bassi, figli di contadini ed artigiani, i quali accecati dalla possibilità di sfuggire ad una vita misera rispondevano numerosi al bando. Non era però improbabile che accorressero anche uomini di estrazione più elevata, comunque benestanti, i quali cercavano avventura e gloria.

Il giorno prestabilito chi volesse si recava presso la località stabilita nel bando in un giorno ben preciso, dove veniva passato in rassegna ai fini della idoneità fisica e del proprio armamento. Difatti quest’ultimo doveva essere portato autonomamente da ogni aspirante fante o comunque questi doveva portare i soldi necessari ad acquistare l’equipaggiamento. Durante l’ispezione inoltre l’impresario, detto Oberst, leggeva gli articoli del futuro contratto, avente ad oggetto i vari termini dell’ingaggio, la durata ed il soldo mensile. Se inizialmente le condizioni contrattuali venivano trattate dalle parti, in un secondo momento si ricorse a formule più o meno standardizzate che gli aspiranti Lanzichenecchi dovevano semplicemente accettare. Dopo la stipula del contratto, ognuno veniva registrato con nome ed arma in possesso, il grado assegnato e poi veniva corrisposta la prima mensilità. Vi era poi una sorta di cerimonia d’iniziazione: ogni fante passava sotto un giogo di alabarde incrociate.

Per quanto riguarda il soldo, vi erano delle differenze. Infatti, accanto al soldo normale, elargito ai fanti armati di picca, vi erano coloro che percepivano il Doppelsöldner, in italiano “doppio saldo”, ovvero per l’appunto una paga doppia. I beneficiari di questo trattamento privilegiato erano coloro i quali portavano con se un particolare equipaggiamento o svolgevano ruoli di rilievo.

Infatti il doppio saldo veniva elargito in primis a coloro i quali avevano un’alabarda o una spada a due mani, la celebre Zweihänder e comunque un’armatura a copertura del busto. Questi uomini venivano posti in prima linea o ai lati dello schieramento a quadrato e guidavano la carica. Proprio per questo “rischio extra” venivano pagati di più. Avevano accesso al doppio soldo anche i balestrieri e gli archibugieri. In totale gli armati che percepivano il doppio soldo erano ¼ del totale degli uomini. Percepivano il Doppelsöldner anche coloro che svolgevano particolari funzioni, come lo scrivano, il furiere, l’addetto all’assegnazione degli alloggi, il tesoriere, medico da campo, ma anche i pifferai e i portatori di stendardo, i quali in battaglia venivano posti al centro dello schieramento.


(notare l'armamento più particolare dei fanti di prima linea, in primis lo spadone a due mani)


Vi erano inoltre tutta una serie di altre figure addette ai compiti più disparati. Giudici, commissari che vigilavano sul rispetto delle regole disciplinari dei soldati. Una figura interessante era quella del Trossweibel, una sorta di commissario che vigilava su tutta quella folta carovana che seguiva i Lanzichenecchi durante le loro campagne. Molte persone, attratte dall’opportunità di profitto concessa dalla guerra si mettevano al seguito delle truppe. Si trattava di famiglie, commercianti, prostitute, lavandaie e chi più ne ha più ne metta. Figura essenziale era poi quella del rappresentante di truppa, una sorta di sindacalista rinascimentale, il quale si faceva voce dei diritti dei soldati dinnanzi ai superiori.

Unʼorganizzazione non indifferente era quella relativa allʼamministrazione della giustizia. La sua particolarità era che questa non era gestita da giuristi di professione, ma dagli stessi uomini della truppa. Solo nei casi più importanti il colonnello interveniva nelle vesti di Capo Supremo del Tribunale. Potremmo parlare di un vero “diritto lanzichenecchio”. Il giorno prestabilito per il processo venivano adunate le truppe e disposte delle panche in quadrato, dove sedevano un numero prestabilito di giurati scelti tra fanti, sergenti, alfieri e capitani. Veniva dunque dichiarata la materia della causa, civile o penale ed in seguito il processo aveva inizio con la lettura della lettera di impiego.

Passiamo ora all’equipaggiamento ed alle formazioni da battaglia dei Lanzichenecchi. Il grosso della truppa era armato con una picca lunga più di cinque metri ed estremamente pesante. La formazione standard infatti prevedeva che i picchieri si schierassero in quadrato o ad istrice molto densa e compatta, puntando le picche in avanti per formare una folta selva di punte ferrate contro il nemico. Questa formazione ricordava lo “schiltron” scozzese, o, vagamente, una falange macedone da cui differiva per una maggiore velocità di manovra ed una migliore flessibilità, cosa che non rendeva la formazione particolarmente vulnerabile agli attacchi laterali, a differenza delle antiche falangi macedoni. Una particolarità stava nell’utilizzo della picca da parte dei soldati. Infatti, se gli svizzeri impugnavano le loro picche a metà della loro lunghezza, i tedeschi preferivano impugnarla più infondo possibile, cosa che richiedeva un notevole sforzo fisico. Proprio a causa di questa scelta, la fatica doveva essere enorme, ragion per cui i picchieri abbassavano le picche solo pochi attimi prima di entrare in contatto col nemico. Oltre alla picca il fante era armato di Katzbalger, una spada a doppia taglio di circa 80 cm.

Come già detto in prima linea vi erano i beneficiari del doppio soldo armati di alabarda o di spadone a due mani Zweihänder, i quali avevano il preciso compito di menare fendenti a più non posso per spezzare le picche nemiche ed aprire un varco ai picchieri. Essendo protetti almeno di armatura pettorale, dovevano essere in qualche misura meno vulnerabili agli attacchi nemici.

Vi erano infine i tiratori, anch’essi beneficiari del doppio saldo, armati di balestra o di archibugio. Questi agivano con ampia libertà di manovra, salvo riparare dietro le picche in caso di pericoloso avvicinamento del nemico. Con il perfezionarsi delle armi da fuoco e l’introduzione del moschetto, i tiratori aumentarono di numero e iniziarono ad essere posti agli angoli delle formazioni quadrate. Essi sparavano a file alternate per garantire continuità di fuoco.

Quanto al vestiario, i Lanzichenecchi si distinguevano per il loro abbigliamento piuttosto stravagante e variopinto, con calzamaglie larghe e grossi berretti piumati. Pare che la particolare scelta di colori piuttosto disomogenea, fosse dovuta al fatto che il vestiario veniva ricavato dalla cucitura di più tessuti ricavati dai saccheggi. Pare che il loro vestiario fu tanto oggetto di scherno, quanto parte di una nuova moda per i ceti più alti.



Insomma, i Lanzichenecchi furono un “prodotto” di successo che prese parte a molti dei conflitti più importanti e non del rinascimento. Dalle guerre d’Italia alle fiandre, fino a seguire Massimiliano I nelle sue guerre contro i turchi ai confini dell’impero. Molte volse vinsero, altre volte furono duramente sconfitti. Una curiosa rivalità era quella con i picchieri svizzeri, i veri pionieri della fanteria rinascimentale, contro i quali i Lanzichenecchi presero belle batoste, come durante la guerra Sveva del 1499. Altre volte invece i Lanzichenecchi superarono i loro maestri, infliggendo loro gravi sconfitte, come nella battaglia della Bicocca del 1522, quando gli svizzeri si dimostrarono totalmente vulnerabili ad un uso più massiccio di armi da fuoco da parte dei Lanzichenecchi, perdendo tra i 3000 ed i 7000 uomini e 22 capitani. L’avventura dei Lanzichenecchi, come gran parte delle truppe mercenarie rinascimentali, andò tramontando attorno alla seconda metà del XVI secolo, quando iniziarono ad affermarsi gli eserciti nazionali.


martedì 15 marzo 2022

Come facevano le persone nel Medioevo a lavarsi i denti?




Sapevi che per essere considerate sane nel Medioevo le persone dovevano avere denti bianchi e alito profumato? Poiché questi erano anche considerati attributi di bellezza, è naturale che le persone allora si divertissero a dedicare del tempo al loro regime di igiene orale. Gli archeologi hanno trovato una grande quantità di prove in questo senso, inclusi collutori e trattamenti per l'alitosi, oltre a numerosi tipi di paste dentarie e polveri.

Aspetta, il Medioevo non era forse fatto solo di denti anneriti e marci?

Forse si può dare la colpa a Hollywood, ma la maggior parte delle raffigurazioni delle persone nel periodo medievale, in particolare dei contadini, promuoveva l'idea che quasi tutti avessero i denti anneriti e marci. In realtà, la maggior parte delle persone che vivevano nel Medioevo avevano effettivamente denti sani e ciò è dovuto a un fattore importante: lo zucchero era una rarità all'epoca. La pulizia dei denti e delle gengive veniva tipicamente eseguita strofinandoli con un panno di lino ruvido su cui venivano posizionate varie miscele. Secondo gli storici, la malta di salvia con cristalli di sale e carbone in polvere di rosmarino erano le soluzioni di "dentifricio" più popolari all'epoca.

Inoltre, le diete delle persone erano abbastanza equilibrate e includevano molta frutta, verdura e latticini ricchi di calcio (ciò che i dentisti moderni raccomanderebbero per denti sani in questi giorni). La carie dentaria non era così diffusa come oggigiorno, e divenne un problema serio solo nei secoli successivi, quando le importazioni di zucchero dalla regione tropicale divennero la norma.

Questi fatti non implicano automaticamente che le persone medievali non abbiano avuto problemi ai denti. In effetti, la chirurgia dentale era piuttosto brutta durante questo periodo. In un numero enorme di casi, il dente è stato rimosso tramite una "procedura" solitamente eseguita dal barbiere locale e senza anestetici.


Mantenere la salute orale nel Medioevo

Nonostante l'igiene dentale fosse considerata relativamente buona rispetto ai periodi successivi, non si può fare a meno di divertirsi con le pratiche e le ricette disponibili in quel momento. Ad esempio, le persone e i "dentisti" credevano che il dolore dentale fosse causato da un verme. Anche se nella maggior parte delle fonti storiche non vengono menzionate condizioni o malattie specifiche, ci sono ampie prove di rimedi bizzarri e talvolta davvero divertenti.

Ad esempio, un trattamento di "sollievo dal dolore dentale" disponibile suggeriva di macinare le formiche e le loro uova e successivamente di soffiare la polvere direttamente nel dente dolorante tramite una penna d'oca. Un'altra cura raccomandava di far bollire i tritoni - un tipo di lucertola anfibia - e gli scarafaggi che si trovano comunemente nelle paludi in estate in una pentola di ferro finché non riesci a farne una polvere.

Usando l'indice della mano destra, hanno applicato spesso la polvere sul dente e si sono astenuti dallo sputarlo. Questa era una tecnica collaudata garantita per consentire al dente di cadere senza dolore. Nonostante non abbiano la tecnologia moderna di oggi, le persone medievali hanno escogitato alcuni modi ragionevolmente efficaci per mantenere i loro denti bianchi e l'alito fresco!






lunedì 14 marzo 2022

In un duello tra due guerrieri medievali, uno armato di spada e l'altro di ascia, chi probabilmente dovrebbe vincere?

Tutto considerato, l'uomo con l'ascia. I norvegesi hanno studiato il problema e la loro risposta è stata:



Decisero che la daneaxe, con la sua maggiore portata, velocità e versatilità, era l'opzione migliore. La spada è stata relegata allo stato di supporto.

Uomini così armati servivano come guardie del corpo degli imperatori e come truppe personali dei signori.

Lo hanno fatto per una buona ragione. Gli uomini schierati in quel modo uccisero con più facilità.


PS:

C'è una ragione per cui i soldati hanno camminato in giro con bastoni appuntiti, sin dall'inizio. Non puoi battere la portata. Più lontano da te puoi colpire il nemico, meglio sei.

Sì, il taglio più potente di quest'arma è stato il colpo dall'alto, ma è stato anche il più lento. Tuttavia, le persone HEMA affermano che i daneax sono eccellenti lance corte, con molta meno esposizione all'utente. In effetti, l'arma non è mai scomparsa ed è cresciuta solo in raffinatezza:



Il problema con la portata è la mano sinistra. Quando l'arma diventa troppo lunga, hai bisogno di due mani per gestirla.

Gli artisti non ci fanno alcun favore nell'uso delle armi. Ad esempio, sappiamo che i romani preferivano usarle di taglio o pugnalare. Tuttavia, se guardi i loro monumenti, crederesti che il loro uso preferito fosse quello di tagliare. Solo il Tropaeum Traiani ne illustrò l'uso preferito.


Un colpo dato di taglio, sebbene eseguito con tanta forza, raramente uccide, poiché le parti vitali del corpo sono difese sia dalle ossa che dall'armatura. Al contrario, una pugnalata, sebbene penetri solo due pollici, è generalmente fatale.

Quindi, ti suggerisco di considerare un'ascia danese come un'arma primitiva, non strettamente un'ascia. Ogni parte dell'arma aveva uno scopo:



Dall'alto (usato come una lancia, usato per tagliare, usato per agganciare e accecare)

Gli Huscarli portavano anche una spada perché, come arma secondaria, era l'arma di ultima istanza.


domenica 13 marzo 2022

Armatura a piastre

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L'armatura a piastre era una particolare tipologia di armatura pesante, composta da piastre di ferro e acciaio collegate le une alle altre da giunture in cuoio, utilizzata nel Tardo Medioevo per proteggere le forze di cavalleria. Sviluppata nel XIV secolo dal modello dell'usbergo "misto", composto sia da maglia di ferro che da piccoli segmenti rigidi di metallo, questa tipologia di armatura toccò il suo apice nel XV secolo con la creazione dell'armatura gotica e funse da modello per lo sviluppo delle corazze rinascimentali e dell'"armatura a tre quarti" per le forze di fanteria pesante come i lanzichenecchi. Nel XVI secolo, l'armatura a piastre venne appositamente adattata per la nuova cavalleria pesante dei corazzieri, mentre il suo utilizzo tra i ranghi della fanteria si riduceva a ben specifici corpi (i picchieri) ed a ben specifiche parti (il piastrone atto a coprire il tronco). Nel XVIII secolo l'uso dell'armatura cessò in tutta Europa. Il solo piastrone restò in dotazione ai corazzieri sino al XX secolo, divenendo, attraverso le corazze da fanteria della prima guerra mondiale, il moderno giubbotto antiproiettile.

Storia
Origini
Il ricorso ad armature realizzate in piastre più o meno grandi di metallo data originariamente all'Evo Antico.
Già la fanteria pesante dell'Antica Grecia erano usi proteggere il loro tronco con una piastra di bronzo, il thórax (in tutto e per tutto antesignano del piastrone rinascimentale), e la parte terminale degli arti (superiori ed inferiori) con corpi cavi conico-cilindrici sempre di bronzo: schinieri (knemis) e vambraci (epipēkhýon). Questi accorgimenti difensivi figurarono nella panoplia dei primi opliti (VIII-VII secolo a.C.) tanto quanto dei pezeteri e degli hypaspistai dell'esercito macedone (IV secolo a.C.). La successiva introduzione della cotta in maglia di ferro (III secolo a.C.[1]), armatura distintiva del legionario romano e del guerriero celtico, fu principalmente dovuta a questioni economico-pratiche: si trattava infatti di armature necessitanti una minor lavorazione, elastiche oltre che solide, molto più facilmente riparabili. Intorno al I secolo, quando l'impero romano era al culmine del suo potere, il bisogno di soldati sempre più pesantemente corazzati, unitamente ad un'adeguata disponibilità finanziaria, spinse però in favore di un ritorno ad una tipologia di armatura più solida, composta da lamine di metallo, la lorica segmentata. Parallelamente, il diffondersi di apposite protezioni per le braccia (v. lorica manica) dimostrò la possibilità di vestire interamente in lamine/piastre di metallo un guerriero secondo il modello già in uso in Medioriente, ove i cavalieri catafratti erano coperti dalla testa ai piedi dall'armatura, seppur del tipo cotta di maglia o lorica squamata. Gli eccessivi costi costrinsero però Roma ad abbandonare la lorica segmentata in favore della più economica lorica hamata.

Sviluppi contemporanei
I corazzieri restarono in forza agli eserciti del Vecchio Mondo lungo tutto l'arco del XIX secolo, dalle Guerre napoleoniche alla prima guerra mondiale, mantenendo sempre quale equipaggiamento distintivo del corpo la corazza toracica di derivazione medievale. I paralleli, sempre più rapidi sviluppi della siderurgia e delle tecnologie militari spinsero in favore di un ammodernamento delle piastre metalliche deputate alla protezione dell'addome e del petto, onde contrastare il sempre più letale munizionamento delle armi da fuoco. Nel 1916, il Gen. Adrian dell'esercito francese progettò e testò una corazza toracica in piastra metallica poi prodotta in 3.000 esemplari circa
Nel corso dell'Ottocento si erano nel contempo segnalati diversi episodi di riutilizzo a scopo bellico della corazza a piastre metalliche per proteggere i fantaccini dal fuoco nemico. Alcuni esemplari, solitamente realizzati da armorari specializzati, più o meno abili, e non su vasta scala industriale, apparvero durante la Guerra Civile Americana (1861-1865), con esiti discutibili ma non sempre negativi. Il bandito australiano Ned Kelly (1855-1880) protesse sé stesso ed i membri della propria banda con delle apposite corazze contro il fuoco delle Autorità. Fu però solo durante la seconda guerra mondiale che la corazza a piastre venne efficacemente adattata ai colpi delle moderne armi da fuoco, gettando le basi per lo sviluppo del giubbotto antiproiettile moderno: corazze anti-proiettili figurarono nell'equipaggiamento dell'esercito russo e, in minor misura, dell'esercito americano e dell'esercito imperiale giapponese.
A partire dagli anni cinquanta del XX secolo l'esercito degli Stati Uniti d'America ha investito nello sviluppo di moderne armature in piastra metallica o artificiale per la protezione dei propri soldati. I primi prototipi apparvero durante la Guerra di Korea, venendo poi perfezionati nel corso della Guerra in Vietnam. L'introduzione, nel corso degli anni settanta delle fibre sintetiche ultra-resistenti (kevlar o twaron), impresse la svolta definitiva allo sviluppo delle attuali armature di fanteria. Ad oggi, il titanio è l'unico metallo ancora utilizzato per la realizzazione di piastre a scopo difensivo.

Costruzione
Componenti

L'armatura a piastre si componeva di:
Testa Elmo (Barbuta, Borgognotta ecc.), Celata o Elmetto
Tronco Corazza; Panziera; Rondella ascellare; Guardastanca
Arti superiori Spallaccio; Bracciale (Vambrace e Rebrace) ; Cubitiera; Guanto d'arme
Arti inferiori Scarsella; Cosciale; Ginocchiello; Schiniere; Scarpa d'arme

Tutte queste componenti erano inizialmente realizzate in ferro ed allacciate tramite cinghie di cuoio direttamente sulla maglia di ferro.
Nel corso del XV secolo, le componenti in piastra metallica, realizzate in acciaio più resistente e leggero, vennero connesse direttamente le une alle altre e collocate sul giaco di stoffa e/o cuoio che copriva il corpo del miles. Al volgere del Quattrocento, l'armatura a piastre poteva ancora inglobare componenti in maglia di ferro, direttamente collegate alle piastre, per le zone di giunzione più delicate.

Varianti
Le principali varianti dell'armatura a piastre sono:
  • Armatura "mista" o Cotta di "maglia e piastra" (circa 1400), ibrido tra l'usbergo e l'armatura a piastre definitiva;
  • Kastenbrust (prima metà del XV secolo), armatura a piastre "alla tedesca" con alcuni accorgimenti per facilitare il combattimento a piedi;
  • Armatura gotica (fine XV secolo), realizzata in acciaio, la variante "definitiva" dell'armatura a piastre medievale, capace di proteggere tutto il corpo del cavaliere con un buon connubio di resistenza e libertà di movimento;
  • Armatura massimilianea (prima metà del XVI secolo), evoluzione rinascimentale dell'armatura gotica, sempre lavorata con scanalature riprendenti il panneggio delle vesti e decorata all'acquaforte. Si abbinava ad una celata e non più ad un elmo;
  • Armatura da giostra (XV-XVI secolo), variante ad uso "ludico" dell'armatura gotica, unicamente utilizzabile in una giostra data la sua scarsa manovrabilità;
  • Armatura a tre quarti (fine XVI-XVII secolo), tipica della cavalleria pesante dell'Età Moderna (fond. Corazzieri). Priva di schinieri, si abbinava ad un elmetto;
  • Armatura da parata (fine XVI-XVII secolo), variante di rappresentanza dell'armatura a tre quarti. Vera e propria opera d'arte orafa con sbalzi, altorilievi, bassorilievi, smalti in metallo prezioso ecc.