sabato 4 dicembre 2021

Perché nel Medioevo schiaffeggiare una persona con il guanto era un segno di sfida?

Il segno di sfida dei cavalieri medievali consisteva in realtà nel gettare il guanto davanti a chi si intendeva sfidare. Il guanto rappresentava la sfida a duello perché era la più importante protezione per la mano che brandiva l’arma; si dovevano presentare giustificazioni validissime per tirarsi indietro.

Chi non raccoglieva il guanto, accettando la sfida, perdeva l'onore e passava per "vile fellone". Era l’accusa più disonorevole, l’infamia. Se lo sfidato moriva prima del duello, si chiamava un medico a verificare che il decesso non fosse stato causato dalla paura (come si potesse stabilire, non lo so). In tal caso, il giudice decretava vincitore il sopravvissuto.



Durante il Rinascimento il duello ebbe una nuova dignità, ma era considerato valido solo se permesso formalmente dall’autorità pubblica. Tanto che diventò materia di grande discussione tra i giuristi. Uno dei cavilli su cui ci si accapigliava riguardava l’identificazione del provocatore e del provocato, una differenza non da poco visto che a chi veniva sfidato spettava la scelta del campo, del giorno e dell’arma, oltre alla decisione di protrarre lo scontro al primo o all’ultimo sangue. Insomma, vantaggi evidentemente non da poco.

I termini della sfida venivano resi pubblici attraverso i “cartelli” con cui, a distanza, i duellanti se ne dicevano di tutti i colori. Prima di arrivare allo scontro c’erano poi altri passaggi obbligati: stabilire un giudice, solitamente un signore locale che potesse concedere un campo su cui combattere, e uno o due arbitri, di solito nobili, uomini d’armi o giuristi. I duellanti nominavano i “padrini”, avvocati che ne tutelavano i diritti coadiuvati da un notaio, un armaiolo e dagli amici di parte (i “confidenti”). Tutte queste formalità distinguevano il duello lecito da quello “alla macchia” che poteva scoppiare senza troppi complimenti tra le teste più calde.

Ma che cosa provocava il disonore e quindi l’ira di un uomo? La peggiore offesa era il mancato rispetto della parola data, che poteva voler dire anche insidiare la moglie altrui. Ma a volte bastava molto meno, uno sguardo storto e piccole provocazioni in seguito alle quali il nobile non poteva esimersi dal difendere il suo onore.



Anche se nel tempo questo modo di risolvere le controversie private venne proibito dalla legge, il reato di duello è stato cancellato dal codice penale italiano appena una decina di anni fa, nel 1999.


venerdì 3 dicembre 2021

I cavalieri medievali andavano davvero in cerca di avventure



Si e no.

O meglio, l'idea del cavaliere errante che andava in cerca di avventure è principalmente un'invenzione della letteratura cavalleresca medievale, che nei secoli è entrata nel nostro immaginario collettivo.

Questa figura però aveva un corrispettivo nel mondo reale, nel senso che nel medioevo, soprattutto negli ultimi secoli, non era così raro che dei cavalieri decidessero di lasciare la propria terra per andare in cerca di fortuna e mettersi al servizio di qualche nobile o sovrano.

Le "opportunità" per guerrieri professionisti come loro non mancavano. Le ragioni potevano essere tante, a volte erano dei nobili impoveriti, esiliati o caduti in disgrazia che diventavano dei mercenari, oppure erano uomini spinti dall'ambizione e dalla prospettiva di fama e ricchezza. Altri ancora, molto semplicemente si davano al brigantaggio.



giovedì 2 dicembre 2021

Cos'è il "terrore dell'anno 1000" ?

Mille e non più mille: oggi sfatiamo il mito che ha accompagnato il passaggio fra primo e secondo millennio dopo Cristo. Tante cose che diamo per scontate del Medioevo in realtà non sono affatto vere. Anzi, sono state inventate solo dopo secoli.

Ad esempio, la storia di Colombo e dei dotti di Salamanca è opera di Washington Irving, uno scrittore statunitense del ‘800.

Questi nella sua biografia del navigatore portoghese ha inserito questa grandiosa scena in cui l’esploratore discuteva con gli esperti della corte di Spagna sul fatto che la terra fosse o meno sferica. Per chi fosse interessato, ho già parlato di questo mito qui:

Un’altra leggenda a tema medioevale è quella delle paure dell’anno mille.

Un’altra leggenda a tema medioevale è quella delle paure dell’anno mille. Queste paure, manco a dirlo, non sono mai esistite. Ciò nonostante sono presenti in molti testi distribuiti fra il ‘700 e la prima metà del secolo scorso.

Ma in cosa consiste questa leggenda?

Le paure dell’anno mille si riferiscono genericamente all’idea che nel medioevo la gente pensava che il mondo sarebbe finito in quell’anno.

Spoiler medioevale di ciò che sarebbe successo il giorno della fine del mondo.

Nessuno lavorava i campi, nessuno faceva più guerre, e tutti affollavano le chiese.

Ovviamente, quando queste cose le dici nell’anno 750 non fanno molta impressione, ma man mano che l’anno 1000 si avvicinava, secondo la leggenda, il mondo si è quasi fermato. Nessuno lavorava i campi, nessuno faceva più guerre, e tutti affollavano le chiese.

Negli ultimi mesi del 999 il mondo si è davvero fermato, con la gente affollata nelle chiese a pregare e piangere. Questa, ovviamente, è una leggenda, ma nel 1800 ha avuto una fortissima influenza nella descrizione del medioevo come “secolo buio” e della “cattiva influenza della chiesa”.

Nel diciannovesimo secolo in effetti, tutti erano convinti dei terrori dell’anno mille, e la leggenda era presente in quasi tutti i libri di storia.

Esempio del medioevo visto come “Dark Age”, per lo meno per quanto riguarda la fotografia.

Per nostra fortuna già in quel periodo un sacco di gente scriveva e lasciava documenti.

Ma se questa è davvero una leggenda, come si fa a dimostrarne la falsità? Per nostra fortuna già in quel periodo un sacco di gente scriveva e lasciava documenti. Ad esempio, Papa Silvestro II, che avrebbe dovuto essere molto interessato alla cosa, il giorno di San Silvestro del 999 emana una bolla in cui conferma vari privilegi ad un monastero tedesco.

La bolla è particolarmente importante perché parla dell’obbligo del monastero tedesco di pagare dodici denari ogni anno in futuro. Queste non sono le parole di uno che si aspetta la fine del mondo. Ma Papa Silvestro II non era una persona normale: era un grande dotto, così dotto da essere sospettato anche di stregoneria.

Ma, magari, le persone normali erano davvero terrorizzate dall’anno mille.

Esistono invece documenti che attestano come, negli anni prima dell’anno 1000, ci siano una serie di contratti a lungo termine fra plebei e abati per la concessione di terre da coltivare. Chiaramente anche loro, come Papa Silvestro II, non pensavano che il mondo finisse all’inizio dell’anno 1000.

Piccolo esempio didascalico di contadino medioevale, anche se l’immagine probabilmente risale a dopo il mille.

Ma c’è un altro modo di controllare? Si possono guardare le cronache dell’epoca, nelle quali nessuno parla dei terrori dell’anno mille.

Ma c’è un altro modo di controllare? Si possono guardare le cronache dell’epoca, nelle quali nessuno parla dei terrori dell’anno mille. Non che nel medioevo fossero così laici da avere indifferenza per la fine del mondo. Anzi, un uomo del medioevo bene o male sapeva tutto della fine del mondo.

La trovava nell’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse, un libro delirante e farraginoso in cui si parla della venuta dell’anticristo. L’unica cosa che l’uomo del medioevo non sapeva era quando la fine del mondo sarebbe arrivata.

Solo che nell’apocalisse San Giovanni gioca con il numero 1000 e secondo una certa interpretazione si potrebbe dedurre che il libro dica che satana verrà mille anni dopo la nascita di Cristo.

Appunto, nell’anno 1000.

L’apocalisse di San Giovanni in un quadro del fiammingo Jan Massijs del sedicesimo secolo.

Ma c’è stato qualcuno che ha avuto effettivamente paura della fine del mondo?

Ma c’è stato qualcuno che ha avuto effettivamente paura della fine del mondo? Abbone di Fleury, abate e grande intellettuale dell’epoca, nel 998 racconta della Francia dell’epoca, nella quale a suo avviso ci sono diverse cose che non vanno.

Una di queste è che, in passato, fra la plebe, si raccontavano storie riguardo la fine del mondo. I predicatori parlavano nelle strade, mentre i prelati tranquillizzavano la gente.

Quello che Abbone considera il passato è attorno al 970. Quindi, l’idea della fine del mondo girava, ma non era così diffusa, e comunque non a ridosso dell’anno mille.

I quattro cavalieri dell’apocalisse, più o meno come se li aspettava San Giovanni.

Qual è la genealogia dei terrori dell’anno mille?

Noi però siamo partiti dal fatto che storici accreditati del ‘700/’800/’900 abbiano scritto di questi terrori. Ma qual è la genealogia dei terrori dell’anno mille? Si tratta di una serie di autori che si sono copiati aggiungendo ogni volta qualcosina. Il primo colpevole è un cronista, Sigeberto di Gembloux.

Si tratta di un uomo colto, che legge i cronisti dell’anno 1000 e scopre che nel 1000 c’è stato un terremoto e una cometa nel 1002. Sigeberto semplifica e dice che, nel solo anno 1000, c’è stato un terremoto, una cometa ed è apparso un serpente nel cielo.

A sua discolpa, Sigeberto non dice che tutti hanno avuto paura. Si limita ad accumulare avvenimenti in un unico anno, evidentemente speciale. Anche lui, di fatto, è un millenarista, in quanto è stato afflitto dall’importanza di quell’anno tondo.

Nel 1170 un altro cronista scopre che nell’anno 1010 ci sono stati una carestia a un’eclisse. Alle quali aggiunge di sana pianta (nelle sue fonti non c’era) “e molta gente ha avuto paura”. In tutto il medioevo nessuno riprende questa frase, ne la storia dei terrori dell’anno mille.

Molto diverso il Rinascimento: Giovanni Tritemio, importante umanista tedesco del ‘500, riprende Sigeberto e le comete e i serpenti volanti. A questo, aggiunge che “la gente si spaventa e pensa che sia arrivato l’ultimo giorno”.

Di questo passo, autore dopo autore, ciascuno aggiunge una piccola parte.

Non sempre la gente scrive ciò di cui conosce, ma ciò che crede essere vero.

Questo è una lezione molto importante, in particolare nella storia: non sempre la gente scrive ciò di cui conosce, ma ciò che crede essere vero.

E, per un umanista del ‘500, il fatto che la povera gente di un’epoca oscura avesse paura dell’anno mille è qualcosa in cui si può credere senza problemi. Ed è per questa ragione che diventa un luogo comune.

Così nel ‘600, nel ‘700 e nell’800 tutti sanno che ci sono stati i terrori dell’anno mille. Inoltre c’è motivo per cui questa storia si diffonde. Le nazioni e le letterature moderne nascono dopo l’anno mille.

Ciò è dovuto a diversi fattori, ma per i primi veri storici del ‘700, che “sanno” che i terrori dell’anno mille ci sono stati, è facilissimo trovare in questi terrori la causa. Fino all’anno mille la gente era troppo terrorizzata per fare qualcosa. Dopo invece si sono messi in movimento.

Adesso sembra quasi ridicolo, ma questo è davvero il modo in cui gli intellettuali dell’epoca pensavano. Chi, in in quei due secoli, vuole scrivere per esempio la storia dell’Italia, comincia sempre con i terrori dell’anno mille. Se non altro perché prima ci sono pochissimi documenti.

E, a loro modo di vedere, un motivo deve esserci.

La corte di Federico II di Svevia a Palermo, uno dei luoghi in cui è nata la nostra cultura.

Facciamo un passo avanti e vediamo quando, come e perché la leggenda è stata sfatata.

Facciamo un passo avanti e vediamo quando, come e perché la leggenda è stata sfatata. Nell’800 la principale corrente di pensiero era legata ad un positivismo che vedeva nella chiesa un nemico. E a ragione.

La chiesa del diciannovesimo secolo era molto diversa da quella cui siamo abituati oggi. Infatti rifuggiva qualunque novità e si arroccava nell’assolutismo e nell’oscurantismo.

Il medioevo era visto, ed è visto tutt’ora, come il periodo storico in cui il potere della chiesa è stato maggiore. Nel diciannovesimo secolo la chiesa è vista come fonte di superstizione e ignoranza. Per cui, per lo storico del ‘800, era plausibile che in un momento storico in cui l’influenza della religione era tanto grande si fosse potuta diffondere una superstizione così forte.

Pio IX, paladino dell’Ancien Regime e strenuo difensore dello stato vaticano.

D’altro canto anche nel campo opposto, fra i clericali, c’era gente che si dava da fare. Combatteva una guerra per la propria fazione facendo ricerche e dicendo che, dei terrori dell’anno mille, non era vero niente.

Questa gente, oltre a dire che la chiesa non era affatto fonte di superstizione si è messa anche a controllare le fonti e le cronache, per vedere che cosa sia successo davvero.

Il primo a pubblicare un articolo intitolato “I pretesi timori dell’anno mille” è stato Francois Pleine, un prete francese, nel 1873.

L’articolo era parte dii una battaglia ideologica che il clero ottocentesco stava combattendo contro la modernità e il liberalismo. Ciò nonostante, il contenuto era frutto di una ricerca corretta, e i risultati erano corretti allo stesso modo.

Ricordiamoci che, mentre preti e storici si combattevano a colpi di articoli, nel 1873 il mondo affrontava la prima crisi economica.

I loro presupposti ideologici erano palesemente sbagliati (si parla di rifiuto della modernità e del riconoscimento delle libertà individuali) ciò nonostante buona parte del clero ha realizzato una buona storiografia. Di contro, tutti i grandi dell’800 per rafforzare la propria opinione hanno finito per costruire e credere ad una leggenda.

Questa è una lezione che rimane attuale anche oggi: costruire una storiografia oggettiva è estremamente complicato, ed è qualcosa che va al di là delle nostre personali opinioni ed ideologie. Non deve (o meglio, non dovrebbe) essere in relazione con ciò che consideriamo essere giusto o sbagliato.









mercoledì 1 dicembre 2021

Che aspetto aveva un campo di battaglia medievale dopo la battaglia?


Ci sono molti resoconti di prima mano pervenutici sulla battaglia di Agincourt tra Inghilterra e Francia nell'ottobre del 1415. Enrico V d'Inghilterra era parente del re di Francia quando morì e si sentì come se dovesse reclamare la Corona francese.

Nell'estate del 1415 attraversò il canale per presentare le sue pretese in Francia.

A ottobre il suo esercito più piccolo era indebolito dalla fame e dalle malattie, quindi stava tornando al porto di Calais in modo da poter tornare in Inghilterra.

Un esercito francese molto più grande interruppe la sua ritirata vicino al villaggio di Agincourt.

L'esercito di Enrico contava solo 5 o 6 mila uomini di cui solo un migliaio erano cavalieri corazzati e uomini in armi che erano a piedi.

L'equilibrio era costituito da arcieri longbow armati di frecce bodkin che si dice riuscissero a penetrare l'armatura a piastre da 300 iarde.

Trasportavano anche grosse mazze di legno da martellare gruppi di paletti di 5 piedi che li proteggevano dalle cariche di cavalleria.

L'esercito francese era costituito dal top della nobiltà francese.

C'erano 20.000 cavalieri a cavallo, 10.000 cavalieri smontati e uomini alle armi e circa 3.000 balestrieri.

La battaglia fu combattuta in un campo fangoso circondato da fitti boschi su entrambi i lati.

Gli eserciti si formarono a circa 1.000 iarde l'uno dall'altro alle estremità opposte della zona fangosa.

Il comandante francese, non aveva fretta di attaccare, quindi aspettò che gli ultimi elementi dell'esercito arrivassero sul campo.

Henry sapeva che il tempo era contro di lui dato che i francesi stavano guadagnando solo più uomini e il morale stava abbandonando i suoi uomini in numero maggiore.

Henry ordinò al suo esercito di avanzare di circa 300 metri attraverso il fango profondo fino al ginocchio con il loro carico di armi e armature.Impetuosi nobili francesi si rialzarono e si misero in formazione per caricare gli inglesi. Henry formò il suo esercito con la sua fanteria al centro con i longbowmen sui fianchi.

I longbowmen hanno rapidamente montato una selva di pali acuminati nascosti dal fango tra i loro ranghi.

20.000 cavalieri francesi caricarono direttamente contro i 5.000 inglesi mentre la fanteria francese smontata iniziò a muoversi verso il nemico.

Gli arcieri di Henry lanciarono salve di frecce ai cavalieri francesi, uccidendone molti e ferendone altre centinaia.

Peggio ancora, la maggior parte dei loro cavalli venne colpita da frecce che li mandò nel panico.

I cavalieri francesi che raggiunsero le linee inglesi furono loro stessi o i loro cavalli impalati sui pali mentre altri vacillarono e si ritirarono sotto una pioggia di frecce inglesi prima di calpestare i propri uomini della retroguardia.

Quindi immagina se riesci a sentire il suono bizzarro delle frecce che sfrecciano intorno a te mentre 20.000 cavalli tuonano sul campo di battaglia mentre 20.000 gole emettono un grido di battaglia.

Ora prova a immaginare le urla degli uomini che vengono forate dalle frecce e il frenetico nitrito dei cavalli che resistono alle stesse; solo loro non capiscono il perché.

I francesi smontati erano sfiniti quando raggiunsero le linee inglesi dopo essere stati investiti dai loro cavalieri in ritirata e aver sopportato una pioggia di frecce.

Tendevano a concentrarsi verso il centro dov'erano il re inglese e i suoi cavalieri.

I cavalieri francesi smontati, ancora fiduciosi della vittoria, intendevano catturare il maggior numero di nobili inglesi che potevano per il riscatto, che era l'usanza nel medioevo. Inoltre, i cavalieri francesi non erano interessati a combattere gli arcieri in combattimenti ravvicinati perché erano visti come socialmente inferiori.

Esausti, i cavalieri francesi iniziarono a subire un alto numero di vittime. Presto corpi francesi si accumularono in profondità 4 e 5 in alcuni punti, formando un muro di cadaveri che gli inglesi usarono come fortificazioni ad hoc.

A questo punto, gli arcieri avevano esaurito le frecce e avevano iniziato ad attaccare la fanteria francese sul fianco.

Li avrebbero linciati e poi avrebbero dato loro il colpo di grazia con le loro grandi mazze di legno.

Quindi immagina un muro di corpi che si accumula lungo la linea inglese, aspetta ... i caduti non muoiono subito.

Immagina di essere ferito da un numero qualsiasi di armi da mischia medievali e di scendere nel fango,nel sangue, nei fluidi intestinali e il piscio di terrore e avere altri uomini che ti sciamano sopra, spingendoti più in basso nel fango.

I francesi erano troppo sfiniti per ritirarsi di nuovo attraverso centinaia di metri di fango, quindi iniziarono ad arrendersi a frotte. Furono disarmati e riuniti in gruppi per essere riscattati in seguito.

Mentre la battaglia stava finendo, un'incursione di contadini francesi, guidati dal loro signore locale, era scivolata dietro il retro dell'esercito di Henry e stava facendo irruzione nelle salmerie inglesi dei bagagli.

Enrico, temendo che i suoi prigionieri si sollevassero e si riunissero alla battaglia, ordinò al suo esercito di iniziare a ucciderli.

I cavalieri rifiutarono l'ordine del loro re per diversi motivi. Innanzitutto, violava il codice cavalleresco che avevano giurato di sostenere e perché è difficile ottenere un riscatto per i morti.

Gli arcieri di Henry erano gente comune e non avevano tali riserve, quindi iniziarono allegramente a uccidere i francesi e saccheggiare i loro corpi.

Una volta che il raid nelle salmerie era stato respinto ed era chiaro che aveva vinto la battaglia, Enrico ordinò la fine del massacro. Quindi immagina il campo alla fine della battaglia.

Cavalli morti e morenti sparpagliati per tutto il campo fangoso. Immagina il muro di uomini morti e morenti in cui si erano arroccati gli inglesi. Immagina i loro gemiti e le loro grida pietose.

Immagina la scena mentre gli uomini frugavano freneticamente tra mucchi di corpi tra 4 e 5 strati di fango in profondità mentre provano a tirare fuori gli amici prima che possano affogare nella putrida lacuna di fango e fluidi corporei.

Cronisti medievali ci dicono che molti dei feriti hanno impiegato tutta la notte per morire mentre i sacerdoti si facevano strada attraverso il campo fangoso per consegnare gli Ultimi riti ai morenti.

I resoconti ci dicono che le grida dei morenti potevano essere ascoltate nel campo inglese per tutta la notte mentre si stringevano attorno ai loro fuochi.

La mattina seguente fu inviato un manipolo di arcieri inglesi per finire qualsiasi francese rimasto ferito e vivente sul campo di battaglia. Non abbiamo nemmeno parlato degli odori.


martedì 30 novembre 2021

Cosa accadde a Romano IV Diogene e all'Impero Bizantino dopo la sconfitta di Manzicerta?

Dei quattro imperatori bizantini di nome Romano, l'unico che ha subito una significativa sconfitta personale è Romano IV Diogenes (r. 1068-1071), quindi presumo che la domanda riguardi le conseguenze della battaglia di Manzikert (19 agosto 1071) .



La parte facile e tragica a livello personale è il destino personale di Romano.

Alp Arslan trattava onorevolmente il suo prigioniero imperiale, anche se prima lo sottoponeva al rito della resa. Quindi, i due monarchi pratici e competenti fecero un accordo: Romano era libero di andare a condizione che pagasse un tributo annuale insieme a un pagamento una tantum come riscatto personale, liberasse i prigionieri turchi tenuti dai bizantini e mandasse anche mercenari ai Selgiuchidi.

Le cose a Costantinopoli, però, non andavano a favore di Romano. Il Cesare John Doukas, fratello del defunto imperatore Costantino X Doukas (r. 1059-1067), che era stato il predecessore di Romano, dichiarò vacante l'ufficio imperiale e spostò le fila in modo che Eudocia, moglie di Costantino X e Romano, e Michele VII (r. 1071–1078), suo figlio di Costantino, potrebbe condividere il trono. Pochi giorni dopo, però, la stessa Eudocia fu costretta a ritirarsi in un monastero; Michele è stato proclamato unico imperatore il 24 ottobre, solo sessantacinque giorni dopo la battaglia di Manzikert.

Il ritorno di Romano era ora visto come un pretendente ostile al trono, e ne seguì una guerra civile. La fazione di Romano fu sconfitta e decise di arrendersi dopo aver ricevuto un'epistola che garantiva la sua sicurezza personale che era stata firmata da tre vescovi metropolitani come testimoni, come era consuetudine nelle guerre civili bizantine. Prima ancora di arrivare a Costantinopoli, però, fu catturato e brutalmente accecato.

Con una mossa troppo cinica anche per lui, Michele Psello, l'eminente filosofo, studioso, storiografo e maestro ed eminenza grigia di Michele VII, che era stato una delle menti dietro la mutilazione di Romano, osò inviare all'ex imperatore un'epistola lodando il suo virtù, chiamandolo martire e assicurandogli che Dio lo privasse dei suoi occhi fisici in modo che potesse vedere la luce divina! Romano morì pochi giorni o settimane dopo.

Ora, l'immagine più ampia.

Sebbene la battaglia di Manzikert sia spesso menzionata come un importante punto di svolta, non fu una vera catastrofe militare per i bizantini. La maggior parte delle loro truppe aveva semplicemente disertato a tradimento invece di essere uccise o catturate. Anche la maggior parte degli ufficiali superiori, bizantini e mercenari, erano vivi. Fu la guerra civile e la morte di Romano a trasformare la sconfitta militare in un fallimento strategico e a cambiare per sempre le dinamiche in Anatolia. Se Romanus fosse tornato al trono illeso e avesse onorato il patto che aveva stretto con Alp Arslan, l'impero avrebbe potuto trovare un modo per riprendersi più velocemente.

Le cose però non sono andate così. Dopo la morte di Romano, i Selgiuchidi iniziarono una nuova ondata di incursioni e invasioni, che a lungo termine privarono l'impero dell'intero cuore dell'Anatolia - nemmeno sotto le dinastie Comnene e Lascaride lo avrebbero rivendicato. La guerra civile bizantina diede anche a Roussel de Bailleul, un capitano mercenario che aveva combattuto a Manzikert, l'opportunità di costruire il suo stato di breve durata intorno ad Ankara: Michele VII dovette chiedere a Tutush, un capo selgiuchide, di eliminarlo.

In materia interna, la sconfitta di Romano per mano dei Doukai fu un altro episodio del lungo antagonismo tra i due rami dell'aristocrazia bizantina. Dopo la morte di Basilio II (r. 976-1025) e il declino della dinastia macedone, l'aristocrazia si era divisa in due fazioni che combattevano l'una contro l'altra per il dominio sull'impero: l'aristocrazia militare delle province e l'aristocrazia civile di Costantinopoli. Romanus apparteneva al primo, mentre i Doukai erano membri di spicco del secondo.

Michele VII era un ragazzo debole e studioso che trascorse il suo regno sotto l'influenza di "cortigiani intriganti e studiosi loquaci", per citare Georg Ostrogorsky. Sia la loro indole personale che la loro identità socio-politica hanno reso impossibile per la fazione dominante andare con successo contro la svolta della marea che si stava verificando in tutto il mondo medievale.

Nel 1071, quello stesso anno, Bari, ultima roccaforte bizantina in Italia, andò perduta ai Normanni. La piccola azienda agricola, che era stata la spina dorsale del sistema sociale e militare dell'impero, fu messa da parte e lasciata al collasso. Nel decennio che seguì, l'Impero bizantino affrontò rivolte nei Balcani e si trovò sull'orlo dell'annientamento. Alla fine, fu la vittoria dell'aristocrazia militare di fronte ad Alessio I Comneno (r. 1081–1118) a darle nuova vita, anche se di breve durata e costruita su fondamenta molto diverse. Ma questa è un'altra storia per un'altra volta.

In breve, la battaglia di Manzikert è stata una sconfitta tattica che ha rivelato e gonfiato i problemi profondi ed endemici del sistema sociale, politico e militare bizantino. Tutto ciò portò alla turchificazione dell'Anatolia ea una nuova era storica: molti storici considerano il 1081 l'inizio del periodo tardo bizantino.


lunedì 29 novembre 2021

Come venivano prodotte in serie le frecce di legno grezzo nel Medioevo in Europa

Non era una produzione di massa come oggi concepiamo il termine, nel senso di "catena di montaggio automatizzata", ma la produzione si faceva riunendo diversi mestieri: fabbro per i punti, falegnami per la lavorazione del legno degli alberi e impennaggio per le piume. Gli alberi erano spesso di nocciola, una pianta che può essere ramata per produrre un gran numero di rami ragionevolmente dritti e sottili. Questi potevano essere semplicemente raddrizzati o eventualmente girati su un tornio a palo. Questo è un tornio polare. Usa un alberello elastico e un pedale per tirare una corda avvolta attorno al pezzo da lavorare.



Potevi anche raddrizzare i rami spingendoli attraverso un foro rotondo praticato in una sostanza più dura. Si presume che questo sia un nativo americano shoshone che usa uno strumento del genere:



Le piume erano attaccate con la colla, probabilmente a base di zoccoli di animali, o col filo. Selezionare, modellare e attaccare queste piume era un compito specializzato e ci dà il cognome inglese comune Fletcher.


domenica 28 novembre 2021

Cos'è più vantaggioso, combattere con una spada normale, oppure usare una spada a due mani con due braccia

C'è un errore che tutti fanno quando pensano alle armi bianche.

Le armi di solito non si evolvono per creare una versione "migliore" ed unica ma più una che si adatti bene al contesto e alle situazioni e sopratutto all'avversario che si ha di fronte.

La spada classica, che piace tanto ad Hollywood, in realtà ebbe il suo picco nell'alto medioevo a causa delle corazze non troppo spesse e ad il fatto che la maggior parte delle nazioni non aveva eserciti ancora professionisti, ma c'erano i nobili ed una parte di guerrieri che potevano permettersi bardature e armi efficaci accompagnati molto spesso da altri soldati che non erano proprio armati benissimo.



"il massimo che potevi trovarti davanti era questo, protezioni forti alla testa e alle braccia, ma la cotta di maglia era abbastanza fragile di per sé."

La spada ad una mano si rivela molto versatile ed efficace se il tuo avversario ha punti scoperti o poco protetti, insieme ad uno scudo puoi combattere tranquillamente qualsiasi tipo di avversario che non sia troppo corazzato ed inoltre si sposa bene con certe tattiche di guerra come il muro di scudi e la testuggine.

Se invece, come successe dal basso medioevo in poi, le corazze diventano super efficaci e abbastanza impenetrabili, allora le armi migliori da utilizzare sono quelle che fanno danno contundente o che penetrano con efficacia gli spazi piccoli che di solito avevano le armature complete.



"questi erano molto più simili a dei carrarmati semoventi che al tizio visto in alto".

Proprio per questo nel basso medioevo erano soliti utilizzare più armi inastate, mazze, martelli, asce e qualche stocco.

Quindi, nel primo caso una spada andrebbe benissimo, nel secondo se fossi in te userei uno spadone, lo spadone proliferò verso la fine del medioevo proprio per la sua versatilità ed efficacia, era un arma molto potente che oltre al taglio essendo anche pesante aveva un buon danno contundente, inoltre essendo un'arma per certi versi inastata era molto utile per respingere assedi o per tenere a distanza l'avversario senza essere colpiti.

I lanzichenecchi resero celebre quest'arma e ne comprovarono più volte la sua efficacia in varie situazioni, se si era coperti da un armatura pesante contro avversari che avevano la stessa corazza era la via migliore insieme ai primi fucili, alle alabarde, mazzapicchi e martelli da guerra o stocchi.