Vita dura per i neonati nel Medioevo
e anche per le madri, perché pare che una donna su tre morisse
per complicazioni legate alla gravidanza o al parto.
Anche quando andava tutto bene,
partorire significava dover sopportare un dolore fisico molto
intenso; cercare di alleviarlo sarebbe stata considerata una colpa.
Il parto infatti doveva essere
a tutti i costi un evento doloroso, perché tale era stata la
condanna data da Dio a Eva.
Nel caso di morte della madre, il
bambino veniva estratto dal suo ventre
(sectio in mortua), per
ragioni connesse all’eredità e per riuscire a battezzarlo.
Appena nati, ai
bambini toccava la fasciatura,
come del resto è avvenuto fino a epoche non molto lontane: si
credeva che le ossa tenere, se non sostenute, si sarebbero deformate.
Quella di quei tempi, però, era
una pratica al limite della
tortura.
Scriveva il medico Aldobrandino da
Siena nel 1256 che la nutrice doveva far assumere al neonato le
posizioni volute degli arti, "dargli bella forma"
piegandolo come necessario, e poi fasciarlo: un lavoro che andava
fatto bene, ammoniva il trattato, per non deformare il corpo del
bambino.
Occorrevano due metri di
tessuto
e il colore indicava la classe
sociale, scuro (di canapa) per i poveri, bianco o rosso per gli
aristocratici.
In questo particolare della
Natività di Maria
(Giotto, 1303 circa) la nutrice
stringe il naso alla neonata, fasciata come si usava, perché il
pianto le apra i polmoni.
Nelle classi agiate,
la madre naturale quasi mai
allattava:
era invece normale affidarlo a una
balia, in modo da poter avere nuove gravidanze. Quando veniva chiuso
il contratto con la balia, poteva capitare che il bambino passasse da
un giorno all'altro dal latte alle farinate, un passaggio spesso
troppo precoce, che comportava gravi rischi per la salute e aumentava
il tasso di mortalità già alto per i neonati.
Un altro dei rischi mortali che il
neonato poteva correre era la caduta dal letto, un'eventualità per
niente rara, oppure
morire soffocato nel letto,
schiacciato dalla balia
che lo faceva dormire con sé. Era
un incidente così frequente da essere contemplato
tra i peccati più abituali da
confessare
per le donne.
Quando era più grandicello e
cominciava a uscire per le strade, un'altra minaccia per un bambino
era
l'aggressione di cani,
che accadeva così spesso da
essere usata come "scusa", da parte di una balia
negligente, per nascondere altri tipi di incidenti.
Quando non erano intenti a sfuggire
a questi pericoli, i bambini del medioevo giocavano, come tutti i
bambini:
Sono
un'ottantina i giochi
rappresentati in questa tavola di Pieter Bruegel,
del 1560. Anche se di epoca più
tarda, i passatempi dei bambini dei secoli precedenti non dovevano
essere molto diversi: gli astragali (in basso a sinistra), ossa di
animali lanciate in aria e di cui c'era da indovinare la combinazione
delle facce, le bambole, le bolle di sapone (sempre nell'angolo a
sinistra), finti cavalieri e finte spose, altalena, capriole,
moscacieca, bocce...
Sono pochissime le immagini medioevali
che illustrano bambine mentre giocano: le piccole ritratte con in
mano una bambola appartengono alle classi sociali più elevate. In
questo caso, però, l'oggetto, più che un divertimento, serve a
modellare il futuro che le aspetta: spose e madri, oppure monache. In
questo ritratto,
Isabella d'Austria
a poco più di due anni stringe
una bambola che è una damina perfettamente agghindata. Il gioco era
un'anticipazione del ruolo a cui era destinata.
I bambini giocavano per lo più
all'aperto con la trottola, il cerchio, il volano (un "antenato"
del tennis). C'erano anche i trampoli, che erano in realtà uno
strumento di lavoro per i pastori, usato per controllare dall'alto le
greggi e muoversi velocemente tra i capi di bestiame. D'inverno,
quando veniva ucciso il maiale, i bimbi avevano a disposizione la
vescica, che gonfiavano e utilizzavano come una palla.
Nell'immagine, la miniatura Due bambini giocano al volano, contenuta nel Libro d'Ore (1400 circa) conservato alla Bodleian Library di Oxford.
Nell'immagine, la miniatura Due bambini giocano al volano, contenuta nel Libro d'Ore (1400 circa) conservato alla Bodleian Library di Oxford.
Sembra che i bambini, anche quelli
molto piccoli, non ricevessero molto amore in epoca medievale. Data
l'alta mortalità infantile del tempo, stimata di uno o due su tre,
investire amore in un bimbo piccolo era forse considerato inutile o
forse il valore della prole veniva sminuito dalla frequenza dei
parti. Un bambino moriva e un altro ne prendeva il posto. Come
scrisse Filippo di Novara nel duecento: "sono così sporchi e
fastidiosi nell'infanzia e così disobbedienti e capricciosi, che a
stento varrebbe la pena di allevarli". Nell'insieme si ha
l'impressione che i neonati e i bambini piccoli venissero lasciati
sopravvivere o morire, senza grande preoccupazione, fino ai
cinque-sei anni. L'effetto psicologico che questo può avere avuto
sul carattere, e magari sulla storia, è da immaginare.
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