Dici Borgia e subito viene la pelle
d’oca. In particolare quando si parla di Rodrigo Borgia –
divenuto papa con il nome di Alessandro VI – e dei due figli Cesare
eLucrezia, tacciati di orrendi peccati: “Su di loro sono stati
versati fiumi non d’inchiostro, ma di fiele”, scrisse Roberto
Gervaso in un suo libro dedicato alla famiglia più tristemente
famosa del Rinascimento.

La Famiglia Borgia –
Dante Gabriel Rossetti, 1851
Certo è che, a partire dai
contemporanei e fino ai giorni nostri, fiumi d’inchiostro corretto
al fiele (prima in innumerevoli libri e poi in film e sceneggiati
televisivi) hanno spesso manipolato una verità storica – difficile
da rintracciare tra le tante “maldicenze” – non certo esemplare
dal punto di vista etico e morale, ma nemmeno tanto diversa dal
costume dell’epoca e dalla condotta politica di altri sovrani, papi
compresi.

Stemma della Famiglia
Borgia
Ma tant’è, ormai la leggenda nera
sui Borgia è difficile da estirpare, perché “sangue e sesso nel
XV-XVI secolo” sono argomento di più sicuro interesse rispetto a
una noiosa disamina storica degli eventi che portarono al soglio
pontificio Rodrigo Borgia e alle conseguenze del suo – quello sì
innegabile – sfrenato nepotismo.

Alessandro VI
E quindi, per parlare di sangue, sesso
e nepotismo (vizi comuni a tutte le epoche storiche) senza
allontanarsi molto dal tempo dei Borgia, basta risalire a papa
Callisto III – sul trono pontificio dal 1455 al 1458 – zio
materno di Rodrigo Borgia.

Tutta un’altra pasta rispetto al
nipote: morigerato nei costumi – non solo perché diventa papa
ormai ottantenne e gode di poca salute – ha però quel vizio di
voler conferire ai suoi parenti incarichi ecclesiastici e di governo:
nel 1456 nomina cardinali i nipoti Luis Juan de Milá e Rodrigo
Borgia (entrambi appena venticinquenni), mentre vorrebbe addirittura
mettere sul trono del Regno di Napoli – ma muore prima di riuscirci
– un altro nipote, Pedro Luis, fratello di Rodrigo, al posto di
Ferrante d’Aragona. Tutto questo per dire che neppure un pontefice
austero com’è considerato Callisto III è esente da quel
deleterio, e pare inestinguibile vizio, che è il nepotismo.
Comunque, dei vari nipoti favoriti da
Callisto III solo Rodrigo rimarrà nella storia come perfetto esempio
di esecrabili vizi che poi in politica – semplificando il pensiero
di Machiavelli – diventano virtù: inganno, menzogna, simulazione,
contraddistinguono tutto l’operato di Rodrigo, che va ben oltre il
concetto di nepotismo. Divenuto papa, non si accontenta di elargire
cariche remunerative e porpore prestigiose, ma insegue il sogno di
creare uno stato, anche a discapito della Chiesa, dove avrebbe
regnato il figlio Cesare.
Roderic Llançol de Borja, più noto
come Rodrigo Borgia
Rodrigo vede la luce in un imprecisato
giorno di gennaio del 1431, a Xàtiva, nel Regno d’Aragona. La
famiglia è nobile, sia da parte di padre sia di madre, ma la persona
artefice del suo successo è sicuramente lo zio materno, Alfonso de
Boria y Cabanilles (poi papa Callisto III), che gli spiana la strada
nella carriera ecclesiastica: da sacrestano della cattedrale di
Valencia – a soli 14 anni – a canonico in tre diverse importanti
chiese madri della Spagna. Il che significa, soprattutto, poter
contare su ingenti entrate che gli consentono di studiare in Italia,
prima a Roma e poi nel prestigioso Studium di Bologna, dove si laurea
brillantemente in diritto canonico, nel 1456, quando lo zio lo aveva
già nominato cardinale da alcuni mesi.
Proprio quando il potente parente sale
al soglio pontificio, il lungimirante Rodrigo preferisce adottare il
cognome della madre, Borja appunto, lo stesso dello zio, che lo aveva
italianizzato in Borgia.
La carriera di Rodrigo sembra, anzi è,
inarrestabile: vescovo a Valencia, cardinale diacono della chiesa
romana di San Nicola in Carcere e, ciliegina sulla torta,
vicecancelliere di Santa Romana Chiesa – dal 1457 – dopo che
riesce a porre fine a una rivolta scoppiata ad Ancona. L’incarico
non è solo prestigioso per il potere che conferisce, è anche
oltremodo remunerativo, tanto che Rodrigo se lo terrà ben stretto
per i successivi trentacinque anni – fino a che non diventa papa –
anche quando naviga in acque perigliose sotto Pio II, che lo trova
arrogante e troppo libertino, o deve contrastare l’ostilità del
cardinale Giuliano Della Rovere, poi papa Giulio II.

Papa Giulio II –
Raffaello Sanzio, 1511
Vale la pena spendere due parole sul
più che celebre Giuliano della Rovere, che quanto ad ambizione non è
certo secondo a Rodrigo – sarà ricordato come il Papa Guerriero,
più affascinato da Giulio Cesare (a cui si ispira per il nome da
pontefice) che da San Pietro – e nemmeno quanto a fortuna
familiare, visto che anche lui viene nominato cardinale da uno zio
pontefice, Sisto IV. Se poi si va a sbirciare nei suoi vizi privati,
oltre ad aver messo al mondo una figlia illegittima (Felice della
Rovere), a dar retta ai suoi contemporanei, pare che il papa
guerriero amasse molto “il tenir a bocha il fiasco”, e non
mancasse mai di portarsi dietro “li suoi ganimedi, id est alcuni
bellissimi giovani”, come il povero Francesco Alidosi, suo
favorito, ucciso a Ravenna da Francesco Maria della Rovere, duca
d’Urbino, che lo accusava di tradimento in favore dei francesi.

Raffaello, probabile
Ritratto del cardinale Alidosi, 1510/1511
Giulio II viene però ricordato
principalmente per il suo mecenatismo, e certo aver ingaggiato
artisti del calibro di Michelangelo, Raffaello e Bramante è una
giustificazione più che convincente. D’altro canto, i pettegolezzi
sui comportamenti privati di personaggi storicamente così importanti
non sono citati solo a fini scandalistici, ma a dimostrazione di una
tesi sostenuta ormai da molti storici, ovvero che Alessandro VI era
semplicemente un uomo del suo tempo.
Quando muore lo zio Callisto III,
Rodrigo è ancora troppo giovane per poter aspirare al soglio
pontificio, che viene assegnato al cardinale Piccolomini, papa Pio
II, che mal lo tollera ma non può togliergli il cancellierato perché
ha favorito la sua elezione.
Ancora nei due successivi conclavi, nel
1464 e 1471, Rodrigo preferisce rimanere in attesa: si avvicendano
papa Paolo II, Sisto IV, e poi a sorpresa, nel 1484 viene eletto
Innocenzo VIII, che ha la meglio sui due contendenti più favoriti,
Borgia e Della Rovere appunto: i cardinali, non potendo arrivare ad
un accordo, scelgono un papa “di transizione”, non anziano ma
cagionevole di salute, e soprattutto dotato di poco carisma ma anche,
pare, di un’avidità sconfinata, tutta volta ad assicurare un
tenore di vita principesco ai suoi sette figli.

Innocenzo VIII
Nel frattempo anche Rodrigo mette al
mondo numerosi figli: dei primi tre – Pier Luigi, Isabella e
Girolama – non si conosce la madre, mentre i successivi quattro –
Cesare, Juan, Lucrezia, Goffredo – sono il frutto di una lunga
relazione con una locandiera romana, Vannozza Cattanei, amante
ufficiale del cardinale per oltre 15 anni.

Ritratto di Vannozza
Cattanei
Lei è, a detta dei contemporanei,
bellissima e sensuale, una donna dal fascino irresistibile, tra le
cui braccia sembra finalmente calmarsi il fin troppo focoso Rodrigo,
che deve comunque maritarla a qualcuno di sua scelta per preservarne
l’onore. Anche quando la relazione finisce, e la donna trova un
solido affetto nell’ultimo marito (il quarto) scelto per lei da
Rodrigo, il rapporto tra i due rimane improntato a grande rispetto,
basato sull’amore incondizionato verso i figli. Figli che,
tuttavia, dopo l’ascesa di Rodrigo al soglio pontificio, saranno
sempre più allontanati dalla madre per spianare la strada alle mire
politiche del padre.

Presunto ritratto di
Giovanni Borgia

Goffredo Borgia.
Morto Innocenzo VIII, il 25 luglio
1492, si riapre la lotta tra i possibili canditati, che sono tre:
Rodrigo Borgia, Ascanio Sforza e, ovviamente, Giuliano Della Rovere.
Pare che alla fine lo Sforza si sia fatto comprare da Rodrigo con la
promessa (mantenuta), tra gli altri benefici, della nomina a
vicecancelliere.
L’11 agosto 1492 Rodrigo Borgia, a 61
anni d’età, diventa infine il nuovo Pontefice, con il nome di
Alessandro VI.
Alessandro VI
Come papa, Alessandro VI non avrebbe
potuto lasciare dietro di sé una fama peggiore, nemmeno se lo avesse
voluto. Certo è un libertino che mette al mondo tanti figli, porta
all’eccesso il peccato di nepotismo, e sulla sua elezione pesano le
accuse di simonia, ma sono tutti peccati dai quali non sono esenti
molti, se non tutti, i pontefici dell’epoca, compresa una relazione
amorosa iniziata dopo la nomina a papa. Alessandro perde
letteralmente la testa per la giovanissima Giulia Farnese, detta per
questo la Sponsa Christi, quando è già salito sul trono di Pietro.
Allora, perché nasce la leggenda nera
dei Borgia?
Intanto perché loro, spagnoli
d’origine, sono considerati degli arrampicatori a caccia di potere
e ricchezza in un paese che non è il loro, e su questo nessuno può
avere nulla da obiettare. Non solo Alessandro VI distribuisce
cariche, feudi e benefici ai membri della sua famiglia, ma vuole
costruire un regno indipendente da lasciare a Cesare, e per questo
intriga, inganna, manipola e usa i suoi figli, in particolare la
sventurata Lucrezia, passata alla storia come avvelenatrice, oltre
che amante incestuosa del padre e del fratello Cesare.

Questa storia dell’incesto viene
messa in giro dal primo marito di Lucrezia – Giovanni Sforza,
signore di Pesaro e Gradara (un feudo papale) – accusato dal
suocero di impotenza per consentire nuove e più proficue nozze della
figlia con Alfonso di Bisceglie, figlio illegittimo del re di Napoli
Alfonso II, in una visione politica antifrancese.
Neanche a dirlo, dopo aver tentato di
resistere, Giovanni Sforza è costretto ad accettare l’annullamento
del matrimonio oltre che firmare una dichiarazione dove ammette la
sua impotenza, tanto che Lucrezia viene dichiarata “Virgo intacta”
senza nemmeno dover sottostare a un controllo medico. Ma intanto, il
leggero vento della maldicenza sui rapporti incestuosi dei Borgia
inizia inarrestabile a soffiare.

Presunto ritratto di
Lucrezia Borgia nella Disputa di Santa Caterina del Pinturicchio
Mentre si preparano le nuove nozze,
Lucrezia forse resta incinta di un servitore spagnolo che, guarda
caso, viene poi trovato annegato nel Tevere, fatto probabilmente
assassinare da Cesare per non mettere a rischio il matrimonio della
sorella. Che la faccenda risponda o meno a verità, nessuno può
dirlo, fatto sta che le voci di un parto di Lucrezia si rincorrono
proprio quando nasce l’Infans Romanus, Giovanni Borgia,
ufficialmente il penultimo figlio di Alessandro VI e di donna
sconosciuta.
Comunque sia Lucrezia infine sposa
Alfonso, “l’adolescente più bello che si sia visto a Roma”, e
se ne innamora anche. Intanto però Cesare, che aveva rinunciato alla
porpora cardinalizia anche a seguito della morte violenta del
fratello Juan – tanto arrogante e inetto quanto in cima alle
preferenze di Alessandro – spariglia nuovamente le carte perché
sfumano le sue nozze con la figlia di Federico I di Napoli, e lui
ripiega sulla nobildonna francese Charlotte d’Albret, che non è
cosa di poco conto: ora i Borgia sostengono le mire di Luigi XII sul
regno di Napoli e sul ducato di Milano. Rassicurata dal padre, dopo
un periodo di separazione, Lucrezia e Alfonso tornano a Roma, ma il
giovane napoletano è visto come un pericolo da Cesare, che al
secondo tentativo riesce a farlo ammazzare.

Ritratto di Cesare
Borgia in età giovanile
Non sapremo mai se Lucrezia abbia
perdonato il padre e il fratello per averle assassinato il tanto
amato marito, fatto sta che comincia a prenderne le distanze e dopo
aver rifiutato diversi pretendenti (“perché i miei mariti sono
malcapitati”), accetta di sposare Alfonso d’Este, che appartiene
a una delle più antiche famiglie nobili d’Italia. Il 6 gennaio
1502 Lucrezia lascia Roma sotto una nevicata purificatrice, presagio
della sua nuova e più tranquilla vita a Ferrara.

“Ritratto di un
gentiluomo”, tradizionalmente ritenuto essere Cesare Borgia
Nel frattempo Cesare, con le sue
conquiste in terra di Romagna e nelle Marche, non delude il padre che
lo nomina duca di Romagna. Lui, detto il duca Valentino (dal titolo
francese di duca di Valentinois), certo si macchia di molti delitti,
tanto che gli stessi comandanti di ventura ai suoi ordini tramano
contro di lui, per non essere “uno a uno devorati dal dragone”.
Alla fine però mal gliene incoglie, e vengono tutti uccisi, a
Senigallia, durante un banchetto che doveva essere di
riconciliazione: insomma i traditori abboccano al tradimento di chi,
quanto a campione d’inganni, non era secondo nemmeno a suo padre.
Intanto a Roma, all’inizio del 1503, Alessandro VI è in
difficoltà, perché la sua spudorata politica di accaparramento dei
beni delle famiglie nobili romane non può essere più tollerata. In
particolare gli Orsini, quando viene ucciso il cardinale Giovanni
Battista, organizzano una rivolta che, neanche a dirlo, finisce con
la loro sconfitta, grazie all’intervento di Cesare.

Papa Alessandro VI,
dettaglio della Resurrezione, Sala dei Misteri (appartamento Borgia)
E’ l’ultima vittoria dei Borgia: il
18 agosto di quell’anno Alessandro VI muore, forse di malaria,
forse avvelenato nel tentativo di avvelenare il suo ospite, il
cardinale Adriano da Corneto.
Con la sua morte finisce anche la
parabola ascendente del figlio Cesare, costretto alla fine a riparare
in Spagna, tradito dal nuovo papa Giulio II, che pure lui aveva
appoggiato nel conclave. Insomma, alla fine i traditori finiscono
sempre traditi…

Cesare Borgia ritratto
da Dosso Dossi – 1518/1520 circa
Molto altro si potrebbe raccontare sui
Borgia, come la triste storia della sepoltura sia di Alessandro sia
di Cesare, finito addirittura in terra sconsacrata – e vicino a una
discarica – durante il periodo dell’inquisizione, oppure della
vicenda del loro acerrimo nemico Girolamo Savonarola, finito prima
impiccato e poi arso sul rogo in quel di Firenze per volontà di
Cesare e contro il parere di Alessandro. Ma queste sono davvero altre
storie…
E’ più interessante forse tirare le
somme sul perché, tra tanti altri personaggi non proprio di
specchiata virtù, proprio ai Borgia sia rimasta appiccicata questa
triste fama, dura a morire.
Lo storico del Rinascimento Alexander
Lee, dell’Università di Warwick, individua tre cause ben collegate
fra loro: l’origine spagnola della famiglia, che come tale viene
assimilata a quel pensiero negativo sulla Spagna, nato proprio nella
metà del ‘500 e che poi prenderà il nome di Leyenda Negra. Un
preconcetto difficile da estirpare, propagandato un po’ in tutta
Europa anche da filosofi del calibro di Immanuel Kant; il secondo
motivo è l’estraneità: nel Rinascimento (e non solo, verrebbe da
dire) il papato viene di diritto considerato come di esclusivo
appannaggio dell’Italia, per il potere e le ricchezze che
conferisce.
In questo contesto, già con Callisto
III, i Borgia rappresentano un’anomalia, soprattutto perché non si
limitano ad accumulare privilegi e cariche, ma lo fanno
sfrontatamente a discapito delle nobili famiglie romane; il terzo
motivo, sempre secondo Lee, deriva direttamente dal secondo: i Borgia
“costruiscono sulla sabbia” il loro potere, troppo in fretta e in
modo troppo personalistico, così, alla morte di Alessandro VI,
“senza un potere o un’influenza duraturi, non c’era nulla né a
trattenere le critiche né a frenare le esagerazioni”.
Quella dei Borgia è dunque una storia
da riscrivere? In qualche modo sicuramente sì: d’altronde, il
meccanismo della maldicenza che si diffonde a macchia d’olio viene
spiegato con poche semplici parole da Voltaire: “Calunniate,
calunniate, qualcosa resterà”.
E i Borgia ne sono proprio un esempio…