sabato 20 agosto 2022
Qual è la differenza tra un torneo di cavalieri di un film di Hollywood e un vero torneo di cavalieri del Medioevo?
venerdì 19 agosto 2022
La vittoria dei crociati più inaspettata
Giunto in Terrasanta nel giugno del 1190 alla guida della Terza Crociata promossa per riprendere Gerusalemme caduta in mano ai musulmani, il sovrano Riccardo Cuor di Leone partecipò alla contesa.
La marcia dei Crociati lungo le sponde del Mediterraneo fu a più riprese funestata da incursioni di contingenti nemici rivolti contro la retrovia.
Lo schieramento mantenne la propria compattezza e raggiunse Arsuf dove Saladino, il comandante dell’esercito musulmano, aveva deciso di sbarrare la strada e impegnare Riccardo in uno scontro campale che ebbe inizio la mattina del 7 settembre 1191.
Nonostante le forze nemiche fossero numericamente preponderanti e più fresche dei cristiani, il sovrano inglese fu abile a mantenere serrato il proprio schieramento riuscendo a resistere alle ripetute cariche, prima della fanteria beduina e in seguito della cavalleria del Saladino.
Riccardo intendeva ritardare ancora l’assalto crociato ma l’insubordinazione di due cavalieri cristiani lo obbligò a mettersi alla testa della carica decisiva che spezzò le fila dei musulmani e conquistò la vittoria.
In seguito Riccardo non riuscì a prendere Gerusalemme ma finì per formare un accordo di tregua con Saladino, che mantenne il controllo della città aprendola però al transito dei pellegrini cristiani.
giovedì 18 agosto 2022
Cosa sappiamo della vita in epoca medievale che molte persone troverebbero scioccante?
Di cose da dire ce ne sarebbero a bizzeffe.
Così, d’emblée, mi viene in mente un aneddoto che, quando lo lessi, mi lasciò un po’ basito.
Le leggi religiose, quindi parliamo già del periodo in cui si era poderosamente insediato il cristianesimo, proibivano di praticare sesso in determinati periodi e nei fine settimana: a quanto pare, i legittimi coniugi avevano circa 185 giorni all’anno per copulare, senza contare i giorni di “impurità” della donna (mestruazioni, gravidanza e puerperio). In sostanza, se la moglie restava incinta, il marito rimaneva a secco per quasi un anno.
A tal proposito, un decreto del canonista tedesco Burcardo di Worms nell’XI secolo recitava: “Con la tua sposa o con un’altra ti sei accoppiato da dietro, come fanno i cani? Devi fare penitenza per 10 giorni a pane e acqua. Ti sei unito a tua moglie mentre aveva le mestruazioni? Farai penitenza per altri 10 giorni con pane e acqua. [...] Hai peccato con lei in giorno di Quaresima? Devi fare penitenza 40 giorni con pane e acqua o dare 26 soldi di elemosina; ma se ti è capitato quando eri ubriaco, farai penitenza per solo 20 giorni”.
Tralasciando il linguaggio, oggi sarebbe un pane e acqua costante.
Un altro particolare che ho trovato quanto meno poco pratico è che il tutto andava fatto il più possibile vestiti, mentre i rapporti orali erano assolutamente proibiti e puniti con tre anni di prigione. Tra l’altro, Alberto Magno nel ‘200 pubblicò una lista contenente le posizioni più consone / peccaminose, in cui ovviamente la più casta era il missionario… e pensare che questo tizio è il santo patrono degli scienziati.
N.B.: In questa sede, visto che siamo in argomento, possiamo anche sfatare un mito: lo ius primae noctis non è mai esistito! O meglio, non vi è alcuna fonte che ne confermi la pratica per come la conosciamo noi. Nell’immaginario comune si tratta di una prassi che prevedeva che il proprietario terriero avesse diritto a copulare con le spose, ancora vergini, di ognuno dei propri sottoposti, prima ancora che questi avessero la possibilità di giacere con esse. In realtà, anche quando questa usanza fosse realmente esistita, non si sarebbe trattato di un pagamento in natura, ma di un pagamento in pecunia, accettando il quale il feudatario dava la propria benedizione all’unione.
L’intera concezione che la gente ha del Medioevo è di per sé scioccante, penso che in molti resterebbero stupefatti nel momento in cui fossero portati a ragionare sul fatto che si sta parlando di un periodo di tempo durato dieci secoli (qualcuno in più o in meno a seconda delle specifiche aree) e che per forza di cose racchiude in sé molte pratiche e credenze culturali tra loro antitetiche, tanto che un uomo del Basso Medioevo poteva considerare inconcepibile qualcosa ritenuta la norma qualche secolo prima. Stiamo parlando di un periodo con varie sotto periodizzazioni, è bene tenerlo sempre a mente.
Il Medioevo viene considerata l’epoca buia per eccellenza, non solo per l’arretratezza culturale ma anche per quanto riguarda la mancanza di luce vera e propria, l’oscurità degli ambienti e delle strade. Beh, innanzitutto questa situazione non caratterizza il solo medioevo ma anche i secoli successivi non sono tanto più “luminosi” in tal senso, bisognerà infatti attendere l’elettricità. Fatta questa precisazione, è bene dire che il Medioevo dava invece grande importanza alla luce e al colore, basti pensare ai colori smaglianti dei codici, delle miniature, degli smalti usati per decorare i gioielli, degli arazzi ecc.. Il colore aveva grande importanza soprattutto nel vestiario, era in grado di far risaltare subito all’occhio l’estrazione sociale di un individuo; avremmo avuto quindi vesti dai colori accesi con ricami preziosi per i ricchi e abiti grigio/marrone per via delle fibre di cui erano costituiti per la maggior parte della popolazione. Gli uomini del tempo attribuivano grande importanza in particolare al giallo e quindi all’oro per la luce che promana.
Questo perché la luce è sempre stata associata alla divinità e tutto ciò che veniva considerato bello, doveva anche essere dotato di *claritas*, di lucentezza.
Un aspetto poco conosciuto perché poco indagato dagli stessi storici è quello relativo ai processi agli animali che cominciarono ad essere perpetrati a partire dal XIII secolo. Sì, gli animali erano portati in tribunale e sottoposti a processo come degli esseri umani, venivano imprigionati come degli esseri umani, sottoposti a torture prima dell’esecuzione capitale e vestiti come esseri umani quando erano condotti al patibolo. Questo è un fatto del tutto peculiare del Medioevo ma, nonostante la sua apparente assurdità, nasconde un significato più profondo. Contrariamente a quanto era avvenuto in passato, a partire dai Greci e poi fino ai Romani, gli animali erano considerati degli oggetti e quindi esseri non senzienti. Con il cristianesimo ci si pose il problema se, in quanto creature di Dio, fossero anch’esse destinate a vivere nel regno dei cieli o in qualche altro luogo destinato loro. Di conseguenza erano considerati degli esseri pienamente senzienti, pertanto sottoponibili a processo per i loro peccati, e messi alla berlina così da essere d’ammonimento per gli altri animali che “assistevano” all’esecuzione.
Sembra assurdo ai nostri occhi, eh? Eppure penso che anche ai nostri giorni potremmo trovare qualcosa di altrettanto scioccante da reggere il confronto.
Sappiamo parecchio su quell’età, da molte testimonianze, anche se nessuno di noi ha mai vissuto in quell’epoca e quindi non può rendersene conto di persona. Le ultime ricerche storiche e sociologiche mostrano come si vivesse meglio di quanto non si credeva in passato, quando il medioevo era considerato un’epoca di barbarie. Certamente la durata della vita era minore e c’era rischio di fame e pestilenze, ma non c’erano le attuali minacce all’ambiente, né gli armamenti sofisticati di oggi, che possono distruggere il pianeta. Inoltre c’era una profonda fede diffusa sia tra i nobili che nel popolo, sia pure con tutte le superstizioni e credenze possibili, per cui si accettava la morte come un passaggio più o meno naturale verso l’aldilà, ben sapendo che l’anima era eterna e immortale. Un’opera che tutti un poco conosciamo è la Divina Commedia di Dante, che, a mio avviso, bene esprime la mentalità e la cultura medioevale con la sua profondità di pensiero e anche i suoi limiti e interpretazioni.
mercoledì 17 agosto 2022
Se ferito in una battaglia medievale, realisticamente quali erano le tue possibilità di sopravvivenza?
Scarse. Quasi sempre erano le infezioni successive alle ferite che provocavano la morte, ma questo non solo in epoca medievale anche molti secoli dopo malgrado qualche progresso della medicina.
Se non si sviluppa tetano, cancrena o
sepsi, o se gli organi interni o il cervello non sono stati
danneggiati, abbastanza bene. I soldati sono noti per essere
sopravvissuti alla perdita di un arto - Götz von Berchlicingen è
l'esempio principale - e protesi e sedie a rotelle erano note già
nel Medioevo.
martedì 16 agosto 2022
Papa Borgia fra Potere, Lussuria e la sua Leggenda Nera.
Dici Borgia e subito viene la pelle d’oca. In particolare quando si parla di Rodrigo Borgia – divenuto papa con il nome di Alessandro VI – e dei due figli Cesare eLucrezia, tacciati di orrendi peccati: “Su di loro sono stati versati fiumi non d’inchiostro, ma di fiele”, scrisse Roberto Gervaso in un suo libro dedicato alla famiglia più tristemente famosa del Rinascimento.
La Famiglia Borgia – Dante Gabriel Rossetti, 1851
Certo è che, a partire dai contemporanei e fino ai giorni nostri, fiumi d’inchiostro corretto al fiele (prima in innumerevoli libri e poi in film e sceneggiati televisivi) hanno spesso manipolato una verità storica – difficile da rintracciare tra le tante “maldicenze” – non certo esemplare dal punto di vista etico e morale, ma nemmeno tanto diversa dal costume dell’epoca e dalla condotta politica di altri sovrani, papi compresi.
Stemma della Famiglia Borgia
Ma tant’è, ormai la leggenda nera sui Borgia è difficile da estirpare, perché “sangue e sesso nel XV-XVI secolo” sono argomento di più sicuro interesse rispetto a una noiosa disamina storica degli eventi che portarono al soglio pontificio Rodrigo Borgia e alle conseguenze del suo – quello sì innegabile – sfrenato nepotismo.
Alessandro VI
E quindi, per parlare di sangue, sesso e nepotismo (vizi comuni a tutte le epoche storiche) senza allontanarsi molto dal tempo dei Borgia, basta risalire a papa Callisto III – sul trono pontificio dal 1455 al 1458 – zio materno di Rodrigo Borgia.
Tutta un’altra pasta rispetto al nipote: morigerato nei costumi – non solo perché diventa papa ormai ottantenne e gode di poca salute – ha però quel vizio di voler conferire ai suoi parenti incarichi ecclesiastici e di governo: nel 1456 nomina cardinali i nipoti Luis Juan de Milá e Rodrigo Borgia (entrambi appena venticinquenni), mentre vorrebbe addirittura mettere sul trono del Regno di Napoli – ma muore prima di riuscirci – un altro nipote, Pedro Luis, fratello di Rodrigo, al posto di Ferrante d’Aragona. Tutto questo per dire che neppure un pontefice austero com’è considerato Callisto III è esente da quel deleterio, e pare inestinguibile vizio, che è il nepotismo.
Comunque, dei vari nipoti favoriti da Callisto III solo Rodrigo rimarrà nella storia come perfetto esempio di esecrabili vizi che poi in politica – semplificando il pensiero di Machiavelli – diventano virtù: inganno, menzogna, simulazione, contraddistinguono tutto l’operato di Rodrigo, che va ben oltre il concetto di nepotismo. Divenuto papa, non si accontenta di elargire cariche remunerative e porpore prestigiose, ma insegue il sogno di creare uno stato, anche a discapito della Chiesa, dove avrebbe regnato il figlio Cesare.
Roderic Llançol de Borja, più noto come Rodrigo Borgia
Rodrigo vede la luce in un imprecisato giorno di gennaio del 1431, a Xàtiva, nel Regno d’Aragona. La famiglia è nobile, sia da parte di padre sia di madre, ma la persona artefice del suo successo è sicuramente lo zio materno, Alfonso de Boria y Cabanilles (poi papa Callisto III), che gli spiana la strada nella carriera ecclesiastica: da sacrestano della cattedrale di Valencia – a soli 14 anni – a canonico in tre diverse importanti chiese madri della Spagna. Il che significa, soprattutto, poter contare su ingenti entrate che gli consentono di studiare in Italia, prima a Roma e poi nel prestigioso Studium di Bologna, dove si laurea brillantemente in diritto canonico, nel 1456, quando lo zio lo aveva già nominato cardinale da alcuni mesi.
Proprio quando il potente parente sale al soglio pontificio, il lungimirante Rodrigo preferisce adottare il cognome della madre, Borja appunto, lo stesso dello zio, che lo aveva italianizzato in Borgia.
La carriera di Rodrigo sembra, anzi è, inarrestabile: vescovo a Valencia, cardinale diacono della chiesa romana di San Nicola in Carcere e, ciliegina sulla torta, vicecancelliere di Santa Romana Chiesa – dal 1457 – dopo che riesce a porre fine a una rivolta scoppiata ad Ancona. L’incarico non è solo prestigioso per il potere che conferisce, è anche oltremodo remunerativo, tanto che Rodrigo se lo terrà ben stretto per i successivi trentacinque anni – fino a che non diventa papa – anche quando naviga in acque perigliose sotto Pio II, che lo trova arrogante e troppo libertino, o deve contrastare l’ostilità del cardinale Giuliano Della Rovere, poi papa Giulio II.
Papa Giulio II – Raffaello Sanzio, 1511
Vale la pena spendere due parole sul più che celebre Giuliano della Rovere, che quanto ad ambizione non è certo secondo a Rodrigo – sarà ricordato come il Papa Guerriero, più affascinato da Giulio Cesare (a cui si ispira per il nome da pontefice) che da San Pietro – e nemmeno quanto a fortuna familiare, visto che anche lui viene nominato cardinale da uno zio pontefice, Sisto IV. Se poi si va a sbirciare nei suoi vizi privati, oltre ad aver messo al mondo una figlia illegittima (Felice della Rovere), a dar retta ai suoi contemporanei, pare che il papa guerriero amasse molto “il tenir a bocha il fiasco”, e non mancasse mai di portarsi dietro “li suoi ganimedi, id est alcuni bellissimi giovani”, come il povero Francesco Alidosi, suo favorito, ucciso a Ravenna da Francesco Maria della Rovere, duca d’Urbino, che lo accusava di tradimento in favore dei francesi.
Raffaello, probabile Ritratto del cardinale Alidosi, 1510/1511
Giulio II viene però ricordato principalmente per il suo mecenatismo, e certo aver ingaggiato artisti del calibro di Michelangelo, Raffaello e Bramante è una giustificazione più che convincente. D’altro canto, i pettegolezzi sui comportamenti privati di personaggi storicamente così importanti non sono citati solo a fini scandalistici, ma a dimostrazione di una tesi sostenuta ormai da molti storici, ovvero che Alessandro VI era semplicemente un uomo del suo tempo.
Quando muore lo zio Callisto III, Rodrigo è ancora troppo giovane per poter aspirare al soglio pontificio, che viene assegnato al cardinale Piccolomini, papa Pio II, che mal lo tollera ma non può togliergli il cancellierato perché ha favorito la sua elezione.
Ancora nei due successivi conclavi, nel 1464 e 1471, Rodrigo preferisce rimanere in attesa: si avvicendano papa Paolo II, Sisto IV, e poi a sorpresa, nel 1484 viene eletto Innocenzo VIII, che ha la meglio sui due contendenti più favoriti, Borgia e Della Rovere appunto: i cardinali, non potendo arrivare ad un accordo, scelgono un papa “di transizione”, non anziano ma cagionevole di salute, e soprattutto dotato di poco carisma ma anche, pare, di un’avidità sconfinata, tutta volta ad assicurare un tenore di vita principesco ai suoi sette figli.
Innocenzo VIII
Nel frattempo anche Rodrigo mette al mondo numerosi figli: dei primi tre – Pier Luigi, Isabella e Girolama – non si conosce la madre, mentre i successivi quattro – Cesare, Juan, Lucrezia, Goffredo – sono il frutto di una lunga relazione con una locandiera romana, Vannozza Cattanei, amante ufficiale del cardinale per oltre 15 anni.
Ritratto di Vannozza Cattanei
Lei è, a detta dei contemporanei, bellissima e sensuale, una donna dal fascino irresistibile, tra le cui braccia sembra finalmente calmarsi il fin troppo focoso Rodrigo, che deve comunque maritarla a qualcuno di sua scelta per preservarne l’onore. Anche quando la relazione finisce, e la donna trova un solido affetto nell’ultimo marito (il quarto) scelto per lei da Rodrigo, il rapporto tra i due rimane improntato a grande rispetto, basato sull’amore incondizionato verso i figli. Figli che, tuttavia, dopo l’ascesa di Rodrigo al soglio pontificio, saranno sempre più allontanati dalla madre per spianare la strada alle mire politiche del padre.
Presunto ritratto di Giovanni Borgia
Goffredo Borgia.
Morto Innocenzo VIII, il 25 luglio 1492, si riapre la lotta tra i possibili canditati, che sono tre: Rodrigo Borgia, Ascanio Sforza e, ovviamente, Giuliano Della Rovere. Pare che alla fine lo Sforza si sia fatto comprare da Rodrigo con la promessa (mantenuta), tra gli altri benefici, della nomina a vicecancelliere.
L’11 agosto 1492 Rodrigo Borgia, a 61 anni d’età, diventa infine il nuovo Pontefice, con il nome di Alessandro VI.
Alessandro VI
Come papa, Alessandro VI non avrebbe potuto lasciare dietro di sé una fama peggiore, nemmeno se lo avesse voluto. Certo è un libertino che mette al mondo tanti figli, porta all’eccesso il peccato di nepotismo, e sulla sua elezione pesano le accuse di simonia, ma sono tutti peccati dai quali non sono esenti molti, se non tutti, i pontefici dell’epoca, compresa una relazione amorosa iniziata dopo la nomina a papa. Alessandro perde letteralmente la testa per la giovanissima Giulia Farnese, detta per questo la Sponsa Christi, quando è già salito sul trono di Pietro.
Allora, perché nasce la leggenda nera dei Borgia?
Intanto perché loro, spagnoli d’origine, sono considerati degli arrampicatori a caccia di potere e ricchezza in un paese che non è il loro, e su questo nessuno può avere nulla da obiettare. Non solo Alessandro VI distribuisce cariche, feudi e benefici ai membri della sua famiglia, ma vuole costruire un regno indipendente da lasciare a Cesare, e per questo intriga, inganna, manipola e usa i suoi figli, in particolare la sventurata Lucrezia, passata alla storia come avvelenatrice, oltre che amante incestuosa del padre e del fratello Cesare.
Questa storia dell’incesto viene messa in giro dal primo marito di Lucrezia – Giovanni Sforza, signore di Pesaro e Gradara (un feudo papale) – accusato dal suocero di impotenza per consentire nuove e più proficue nozze della figlia con Alfonso di Bisceglie, figlio illegittimo del re di Napoli Alfonso II, in una visione politica antifrancese.
Neanche a dirlo, dopo aver tentato di resistere, Giovanni Sforza è costretto ad accettare l’annullamento del matrimonio oltre che firmare una dichiarazione dove ammette la sua impotenza, tanto che Lucrezia viene dichiarata “Virgo intacta” senza nemmeno dover sottostare a un controllo medico. Ma intanto, il leggero vento della maldicenza sui rapporti incestuosi dei Borgia inizia inarrestabile a soffiare.
Presunto ritratto di Lucrezia Borgia nella Disputa di Santa Caterina del Pinturicchio
Mentre si preparano le nuove nozze, Lucrezia forse resta incinta di un servitore spagnolo che, guarda caso, viene poi trovato annegato nel Tevere, fatto probabilmente assassinare da Cesare per non mettere a rischio il matrimonio della sorella. Che la faccenda risponda o meno a verità, nessuno può dirlo, fatto sta che le voci di un parto di Lucrezia si rincorrono proprio quando nasce l’Infans Romanus, Giovanni Borgia, ufficialmente il penultimo figlio di Alessandro VI e di donna sconosciuta.
Comunque sia Lucrezia infine sposa Alfonso, “l’adolescente più bello che si sia visto a Roma”, e se ne innamora anche. Intanto però Cesare, che aveva rinunciato alla porpora cardinalizia anche a seguito della morte violenta del fratello Juan – tanto arrogante e inetto quanto in cima alle preferenze di Alessandro – spariglia nuovamente le carte perché sfumano le sue nozze con la figlia di Federico I di Napoli, e lui ripiega sulla nobildonna francese Charlotte d’Albret, che non è cosa di poco conto: ora i Borgia sostengono le mire di Luigi XII sul regno di Napoli e sul ducato di Milano. Rassicurata dal padre, dopo un periodo di separazione, Lucrezia e Alfonso tornano a Roma, ma il giovane napoletano è visto come un pericolo da Cesare, che al secondo tentativo riesce a farlo ammazzare.
Ritratto di Cesare Borgia in età giovanile
Non sapremo mai se Lucrezia abbia perdonato il padre e il fratello per averle assassinato il tanto amato marito, fatto sta che comincia a prenderne le distanze e dopo aver rifiutato diversi pretendenti (“perché i miei mariti sono malcapitati”), accetta di sposare Alfonso d’Este, che appartiene a una delle più antiche famiglie nobili d’Italia. Il 6 gennaio 1502 Lucrezia lascia Roma sotto una nevicata purificatrice, presagio della sua nuova e più tranquilla vita a Ferrara.
“Ritratto di un gentiluomo”, tradizionalmente ritenuto essere Cesare Borgia
Nel frattempo Cesare, con le sue conquiste in terra di Romagna e nelle Marche, non delude il padre che lo nomina duca di Romagna. Lui, detto il duca Valentino (dal titolo francese di duca di Valentinois), certo si macchia di molti delitti, tanto che gli stessi comandanti di ventura ai suoi ordini tramano contro di lui, per non essere “uno a uno devorati dal dragone”. Alla fine però mal gliene incoglie, e vengono tutti uccisi, a Senigallia, durante un banchetto che doveva essere di riconciliazione: insomma i traditori abboccano al tradimento di chi, quanto a campione d’inganni, non era secondo nemmeno a suo padre. Intanto a Roma, all’inizio del 1503, Alessandro VI è in difficoltà, perché la sua spudorata politica di accaparramento dei beni delle famiglie nobili romane non può essere più tollerata. In particolare gli Orsini, quando viene ucciso il cardinale Giovanni Battista, organizzano una rivolta che, neanche a dirlo, finisce con la loro sconfitta, grazie all’intervento di Cesare.
Papa Alessandro VI, dettaglio della Resurrezione, Sala dei Misteri (appartamento Borgia)
E’ l’ultima vittoria dei Borgia: il 18 agosto di quell’anno Alessandro VI muore, forse di malaria, forse avvelenato nel tentativo di avvelenare il suo ospite, il cardinale Adriano da Corneto.
Con la sua morte finisce anche la parabola ascendente del figlio Cesare, costretto alla fine a riparare in Spagna, tradito dal nuovo papa Giulio II, che pure lui aveva appoggiato nel conclave. Insomma, alla fine i traditori finiscono sempre traditi…
Cesare Borgia ritratto da Dosso Dossi – 1518/1520 circa
Molto altro si potrebbe raccontare sui Borgia, come la triste storia della sepoltura sia di Alessandro sia di Cesare, finito addirittura in terra sconsacrata – e vicino a una discarica – durante il periodo dell’inquisizione, oppure della vicenda del loro acerrimo nemico Girolamo Savonarola, finito prima impiccato e poi arso sul rogo in quel di Firenze per volontà di Cesare e contro il parere di Alessandro. Ma queste sono davvero altre storie…
E’ più interessante forse tirare le somme sul perché, tra tanti altri personaggi non proprio di specchiata virtù, proprio ai Borgia sia rimasta appiccicata questa triste fama, dura a morire.
Lo storico del Rinascimento Alexander Lee, dell’Università di Warwick, individua tre cause ben collegate fra loro: l’origine spagnola della famiglia, che come tale viene assimilata a quel pensiero negativo sulla Spagna, nato proprio nella metà del ‘500 e che poi prenderà il nome di Leyenda Negra. Un preconcetto difficile da estirpare, propagandato un po’ in tutta Europa anche da filosofi del calibro di Immanuel Kant; il secondo motivo è l’estraneità: nel Rinascimento (e non solo, verrebbe da dire) il papato viene di diritto considerato come di esclusivo appannaggio dell’Italia, per il potere e le ricchezze che conferisce.
In questo contesto, già con Callisto III, i Borgia rappresentano un’anomalia, soprattutto perché non si limitano ad accumulare privilegi e cariche, ma lo fanno sfrontatamente a discapito delle nobili famiglie romane; il terzo motivo, sempre secondo Lee, deriva direttamente dal secondo: i Borgia “costruiscono sulla sabbia” il loro potere, troppo in fretta e in modo troppo personalistico, così, alla morte di Alessandro VI, “senza un potere o un’influenza duraturi, non c’era nulla né a trattenere le critiche né a frenare le esagerazioni”.
Quella dei Borgia è dunque una storia da riscrivere? In qualche modo sicuramente sì: d’altronde, il meccanismo della maldicenza che si diffonde a macchia d’olio viene spiegato con poche semplici parole da Voltaire: “Calunniate, calunniate, qualcosa resterà”.
E i Borgia ne sono proprio un esempio…
lunedì 15 agosto 2022
I cavalieri medievali erano atletici?
Dovevano esserlo per forza le loro armature erano pesanti ma non tanto come quelle dei cavalieri del 1400–1500 ma le armi erano pesantissime. I combattimenti avvenivano a cavallo e mentre si combatteva era anche necessario mantenere l'equilibrio per non cadere da cavallo. Tutto ciò richiedeva uomini di grande vigore fisico unite a grande agilità chi non possedeva entrambe queste doti quasi subito, cioè al primo combattimento contro un avversario pericoloso o morivano uccisi a quest'ultimo o cambiavano mestier nel senso che andavano a fare i frati.
domenica 14 agosto 2022
Perché il feudalesimo è scomparso verso la fine del Medioevo?
Furono inventate le pistole. Nella battaglia di Pavia nel 1525, i cavalieri in armatura furono abbattuti da archibugieri e poi uccisi dai picchieri. Un cavaliere necessitava fino a 40 libbre romane (329 grammi ciascuno) di argento all'anno per mantenere le proprie armi, armature e cavalli. Hollywood non ha ancora girato un film al riguardo. Ma i giapponesi avevano ripetuto la battaglia di Nagashino del 1575 numerose volte in tv e film. Aveva circostanze e risultati simili.




