giovedì 14 luglio 2022

Come venivano suturate le ferite nell'Europa medievale?

C'è una registrazione dettagliata dell'anno 1300 (circa), dice che un chirurgo inglese curò una ferita aperta subita da un principe dopo un combattimento. Non ricordo tutti i dettagli, ma so che il lavoro veniva fatto con lino pulito (o un'altra fibra vegetale?), imbevuto di aceto, poi le bende dovevano essere cambiate ripetutamente per mantenere la ferita pulita, fino a quando non cominciava a guarire dall'interno alla superficie.

Una tale sutura deve aver lasciato una grande cicatrice, ma il paziente è rimasto in vita. Probabilmente ha fatto un ottimo lavoro come potrebbe fare qualsiasi chirurgo moderno, se solo avessero i materiali disponibili allora.




mercoledì 13 luglio 2022

La zoofilia era punibile con la morte.

 


Il medioevo era ossessionato dal sesso. Il sesso era considerato una cosa naturale e coloro che si erano sposati si zittivano come conigli. La nudità era considerata naturale, la grande cultura balneare greco-romana era sopravvissuta al Medioevo e le saune erano onnipresenti. Anche l'omosessualità era tollerata.

Ma c'era una linea invalicabile, ed era avere rapporti sessuali con gli animali.

Il motivo è semplice; la paura degli ibridi uomo-bestia. Le persone temevano che copulare con gli animali potesse produrre chimere, centauri, dogmen e altri ibridi uomo-bestia, e questo era fonte di paura. Così essere catturati in un atto zoofilo poteva portare sia te che il povero animale a bruciare vivi.

La cultura medievale del bagno e della nudità è sopravvissuta in Finlandia, Scandinavia, Paesi baltici e Russia. Dove si tende anche ad avere un atteggiamento rilassato nei confronti del sesso.

martedì 12 luglio 2022

L'arco lungo inglese ha la mitica reputazione di fermare i cavalieri corazzati. In realtà, quanto era efficace questa tipologia di arco nell'uccidere o disarmare i cavalieri francesi?

Si è spesso provato a sminuire l'arco lungo, con innumerevoli varianti di questa domanda, tutte gloriosamente prive di senso.

Perché, fino alla metà del XIV secolo, questo è l'aspetto di un cavaliere.



I cavalieri sono esistiti dall'VIII secolo (se vogliamo essere generosi con la definizione di cavaliere) fino alla metà del XV secolo, il che significa che per 600 di questi 700 anni i cavalieri avevano fondamentalmente l'aspetto di questo ben arredato cavaliere templare (sì, dovrebbe indossare il cappuccio di cotta di maglia o l'elmo), tuttavia questa era la "mitica armatura" che i cavalieri usavano, praticamente per tutto il periodo storico in cui i cavalieri sono stati attivi - ma questo semplice fatto viene convenientemente dimenticato quando si discute dell'efficacia dei longbowmen.

Come si dimentica facilmente l'Hauberk di cotta di maglia, l'apice dell'armatura per tutto l'Alto Medioevo e il Medioevo, l'armatura pesante standard per un migliaio di anni.

Io tiro con un arco lungo con un peso di tiro di 50kg e ho una discreta conoscenza della storia di queste armi iconiche e delle incredibili battaglie in cui sono state coinvolte, il che significa che sono perfettamente consapevole che i Longbow che scoccano pesanti frecce da guerra da mezzo pollice possono perforare direttamente le cotte di maglia più pesanti. Questo è stato dimostrato innumerevoli volte durante i test: i longbow che scoccano frecce ad ago fanno sembrare obsolete le migliori combinazioni di cotte di maglia e gambeson disponibili per i cavalieri durante l'Alto e il Basso Medioevo.

Tecnicamente, l'arco lungo esiste fin dal Neolitico, ma noi conteremo solo il periodo in cui questo sistema d'arma è stato utilizzato in battaglia: il primo utilizzo tattico di arcieri con l'arco lungo in battaglia è stato registrato dai Gallesi durante la battaglia di Hatfield Chase, nello Yorkshire, nel 633 d.C..


Il regno più potente dell'epoca in Britannia era il Regno di Northumbria e quando il re iniziò a fare il bello e il cattivo tempo, maltrattando i suoi vicini meridionali di Mercia e poi invadendo direttamente il Regno gallese di Gwynedd, inizialmente la Northumbria sembrò avere la meglio, travolgendo il regno più piccolo del Galles settentrionale e assediando la capitale gallese. Ma all'improvviso tutto cominciò ad andare storto per il regno più potente dell'isola: i gallesi, in inferiorità numerica, cominciarono a vincere le battaglie e a lanciare imboscate senza tregua, e nell'arco di un anno circa i gallesi riuscirono a scacciare gli invasori più potenti.

Il regno gallese, vittorioso, si alleò poi con il Regno di Mercia ed entrambi controinvasero il Regno di Northumbria - con questo esercito gallese sembra che ci fosse una forza considerevole di arcieri gallesi con arco da guerra pesante, i primi Longbowmen, che permisero all'esercito gallese di schiacciare incredibilmente l'esercito nordumbriano, molto più numeroso, infliggendogli il triplo delle perdite, tra cui il re Edwin di Northumbria e il suo erede, entrambi uccisi dagli arcieri gallesi con arco da guerra pesante.

L'Alto Medioevo avrebbe visto lo sviluppo degli arcieri gallesi con l'arco lungo in una forza vincente che sconfisse la fanteria e la cavalleria anglosassone, pesantemente corazzata, in numerose battaglie nei secoli successivi.



Questo è un po' il punto, perché spesso sembra che la gente creda che i arco lungo siano spuntati dal nulla e abbiano avuto effetto solo nella guerra dei cent'anni, ma questo è falso: la realtà è che i longbowmen sono stati sviluppati nel corso di secoli per essere la controparte definitiva della cavalleria pesante e della fanteria corazzata in cotta di maglia, che dominavano i campi di battaglia dell'età medievale.

Così, quando i Normanni arrivarono e conquistarono violentemente l'Inghilterra anglosassone nell'XI secolo, gli arcieri gallesi con l'arco pesante erano più che pronti a stupire il mondo. I cavalieri a cavallo stavano per incontrare il loro nemico definitivo tra le dolci montagne e i boschi del Galles.



Sir William Marshall, 1° conte di Pembroke, il più grande cavaliere mai esistito.


Per farla breve, i Normanni, dopo aver conquistato l'Inghilterra, si sentirono troppo sicuri di sé e inviarono in Galles ingenti forze di cavalieri d'élite a cavallo, che furono prontamente annientate in una serie di battaglie contro gli arcieri gallesi, che ridussero in poltiglia la maggior parte dei cavalieri normanni. Nel giro di poco tempo gli inglesi iniziarono a reclutare Longbowmen dal Galles e, poiché gli inglesi sono bellicosi, i regni e i signori rivali procedettero naturalmente ad assillarsi a vicenda con schiere d'élite di Longbowmen per le centinaia di anni successive.

Con l'inizio della Guerra dei Cent'anni, si può dire che i cavalieri francesi subirono uno shock: dopo pochi scontri fu chiaro che i longbowmen non si preoccupavano delle armature di cotta e non temevano minimamente i cavalieri a cavallo.


Questa era la prima battaglia del giovane Pierre, equipaggiato con un'elegante giubba di gambeson, un mantello di cotta di maglia lucida ed eccitato per il suo primo assaggio di guerra. Non poté fare a meno di sentirsi irritato quando guardò i volti dei cavalieri veterani intorno a lui, che sembravano tutti preoccupati, spaventati da alcuni arcieri contadini. Pierre pensava che fossero delle femminucce.


Dopo alcune sconfitte scioccanti, divenne presto chiaro che gli arcieri erano letali contro le armature standard dell'epoca, con testimonianze di frecce da guerra longbow che penetravano nella cotta di maglia, nella gamba di un cavaliere e nella sua sella, frecce da guerra che letteralmente immobilizzavano i cavalieri sulle loro selle.

Parte del problema è che sono passati 600 anni e il mondo non riesce ancora a capire come diavolo abbia fatto l'esercito inglese di Enrico V, in inferiorità numerica e stremato, ad annientare l'immenso esercito francese ad Agincourt, quando quest'ultimo era composto dai migliori cavalieri dell'epoca e superava l'esercito inglese, messo alle strette, di circa tre a uno. La battaglia di Agincourt confonde la gente, che dimentica tutte le battaglie che l'hanno preceduta e riduce l'intera discussione all'efficacia dell'arco lungo contro la migliore armatura a piastre, che solo una minoranza dei combattenti francesi poteva permettersi.

Questo porta ironicamente a sciocchi dibattiti su cose come: "Gli arcieri non tiravano raffiche di frecce da guerra a lungo raggio, perché le armature a piastre".

Il che è un'assoluta assurdità, se si tiene conto del fatto che i longbowmen sparavano spesso contro orde massicce di nemici poco corazzati, come unità missilistiche, fanteria media e cavalieri in cotta di maglia, tutti vulnerabili alle raffiche di frecce da guerra a lungo raggio.

Spesso si dimentica che, mentre i Cavalieri e il sistema feudale si sono affievoliti, cessando di dominare i campi di battaglia europei a metà del XV secolo, lo stesso non vale per gli arcieri, che hanno prestato servizio nelle retrovie d'élite a bordo delle navi da guerra della Royal Navy fino alla fine del XVI secolo e hanno persino combattuto in battaglie campali fino al XVII secolo.


Quando si discute dell'efficacia degli archi lunghi, è importante evitare la trappola del "Arciere con arco lungo contro la migliore armatura a piastre", che ignora opportunamente sia l'Alto che il Basso Medioevo, quando lo sviluppo stagnante delle armature significava che i Longbowmen erano sopraffatti. La qualità delle armature a piastre tra le battaglie di Poitiers 1356 e Agincourt 1415 è indicativa, ma solo una piccola parte dei 30.000 soldati che la Francia schierò ad Agincourt era abbastanza ricca da poter essere equipaggiata con armature a piastre di alta qualità, mentre il resto era terrorizzato dalla pioggia di manici di scopa con la punta d'acciaio.


lunedì 11 luglio 2022

Cosa succedeva nel Medioevo?

C'erano alcune restrizioni per le donne:



Nell'Alto Medioevo, le donne non erano nemmeno legalmente responsabili.

Era il marito che poteva essere giudicato per le colpe della moglie.

A partire dall'anno 1000, cominciarono a comparire come imputati in cause penali, senza una decisione formale, ma con un cambiamento nella giurisprudenza.

Anche lo stupro era inizialmente considerato un reato contro il marito o il padre: le leggi danesi del 1170 furono le prime a riconoscere un crimine contro le donne.

In generale, per tutto il periodo, c'era il forte sospetto che la vittima avesse "tentato" lo stupratore.


domenica 10 luglio 2022

Erasmo da Predjama e il castello nella roccia.

Figura leggendaria, Erasmo da Predjama viene considerato ancora oggi una sorta di Robin Hood sloveno. Schieratosi con Mattia Corvino nella guerra contro l’imperatore Federico III, nascosto nel suo castello nella roccia si fece beffe degli assedianti fino alla tragica fine.



Ci sono personaggi dei quali la storia ha perduto le tracce, e che ciononostante entrano nella leggenda per aver compiuto in vita imprese eccezionali. Questo è il caso del barone Erasmo di Lueg, signore di Predjama, che le narrazioni successive hanno paragonato a una sorta di Robin Hood sloveno. La sua vicenda è strettamente legata alla fama del suo castello, Castel Lueghi,il piu' grande maniero al mondo costruito nella roccia. Situato a pochi chilometri dalle grotte di Postumia, vicino al confine italo-sloveno, si eleva lungo 123 metri di parete. Noto anche col nome di "castello di Predjama", che in linguaslovena significa appunto "davanti alla grotta", venne costruito nel 1202 e successivamente ristrutturato nel 1274 dagli abati di Aquileia prima di passare, nel XV secolo, nelle mani della famiglia Lueger (o Luegger). Erasmo Lueger nacque attorno al 1420 da una famiglia della piccola nobilta' goriziano-carniola,vassalli degli Asburgo.

Suo padre, Nikolaj, era governatore imperiale di Trieste. Non sappiamo molto della sua gioventù, se non che dopo aver dimostrato eccellenti capacità in combattimento entro' a far partedel seguito dell'imperatore Federico III d'Asburgo, che raggiunse a Vienna. La vox populi narra le imprese di Erasmo, che avrebbe " rubato ai ricchi per dare ai poveri come il piu' celebre Robin Hood, nascondendosi però non nella foresta, bensì nel castello di famiglia abbarbicato nella roccia. Vittime privilegiate erano i mercanti che attraversavano la zona per recarsi da Trieste a Vienna. Quel che è invece certo, è che nel1478 Erasmo venne nominato barone dall'imperatore e si ritirò nel suo castello.

Ritratto moderno di Erasmo da Predjama


Il voltafaccia di Erasmo

La vita del signore di Predjama finì per intrecciarsi alle vicende legate al trono imperiale. Federico III era stato incoronato imperatore del Sacro romano impero a Roma nel 1452, ma ma non era riuscito nonostante gli sforzi a imporsi in maniera stabile su Boemia e Ungheria. Il suo antagonista diretto era l'ungherese Mattia Corvino che, dopo un periodo di prigionia per ordine del re di Boemia Giorgio Poděbrady, nel 1458, ancora in carcere, era stato acclamato re d'Ungheria. Tornato in patria dovette comunque combattere contro i nobili che sostenevano Federico III. Le campagne di Corvino contro gli Asburgo portarono alla guerra d'Austria, che si protrasse fra il 1477 e il 1488.

Erasmo, che fino a quel momento aveva servito l'imperatore, cambio' bandiera epasso' a sostenere Mattia Corvino. Pare che il motivo risiedesse in una vicenda personale: in seguito a una rivolta il maresciallo dell'esercito imperale Pappenheim avrebbe fatto arrestare e decapitare Andrej Bamkircher (1420–1471), amico fraterno del signore di Predjama. Questi lavò l'affronto col sangue, scatenando le ire di Federico III, che era imparentato con la vittima. Rinchiuso nele prigioni di Lubiana, Erasmo riusci a scappare, e dopo essersi alleato con Mattia Corvino cominciò a razziare i possedimenti asburgici in Carniola.

Mattia Corvino in un ritratto attribuito ad Andrea Mantegna.


L'assedio di Predjama.

Erasmo si diede quindi al banditaggio facendo base nel suo inaccessibile maniero. Via via le scorrerie divennero sempre più feroci e frequenti, tanto che l'imperatore dovette correre ai ripari e nel 1483 diede ordine di assediare il castello di Predjama per porre fine alle incursioni del suo signore. A capo dell'operazione fu messo il governatore di Trieste, Gaspare Ravbar. Le cose però presero una piega imprevedibile: Gli abitanti della fortezza non sembravano affatto provati dalla lunga clausura. Anzi, Erasmo si permetteva addirittura di sbeffeggiare i nemici inviando loro dei doni alimentari come carni arrostite e all'inizio dell'estate addirittura delle ceste di ciliege appena colte. Gli assedianti cominciarono a disperare, e fra loro iniziarono a serpeggiare storie di spiriti che avrebbero protetto Erasmo e i suoi uomini: dicerie avvalorate da sinistri suoni notturni provenienti dalle viscere della terra.


Il mistero del castello

In realtà, quel che le truppe assedianti ignoravano era che alle spalle del maniero si apriva una serie di grotte carsiche e intricati cunicoli sotterranei dai quali gli assediati potevano uscire per rifornirsi di cibo. Non solo, ma la naturale umidità della grotta forniva acqua che veniva raccolta in una cisterna. I rumori che gli uomini di Ravbar sentivano di notte non erano altro che gli echi provenienti dalle cavita' della grotta. Ma, poiché i soldati ignoravano tutto ciò, la fama sinistra del castello non faceva che crescere, mese dopo mese.


Castel Lueghi incastonato nella roccia.


Espugnare la rocca sembrava impossibile, dal momento che era protetta da un precipizio e le sue pareti costruite in pietra che resisteva alle cannonate. L'unica possibilità di vittoria per Ravbar era prendere per fame gli assediati, ma anche quella tecnica pareva destinata a fallire. Alla fine la svolta arivo' da un vile tradimento. Pare infatti che un servo di Erasmo avesse svelato agli assedianti l'unico punto debole del maniero: La parete in muratura della latrina. Fu così che dopo un assedio durato (secondo la leggenda) un anno e un giorno, il traditore mise un segnale sulla finestra, qualcuno parla di una candela, altri di una bandiera, nel momento in cui Erasmo si ritirò nella latrina. Qui venne colpito da una palla di cannone alla testa e mori' sul colpo.

Si concludeva così l'assedio di Predjama. Secondo la leggenda, la compagna di Erasmo piantò un tiglio davanti alla chiesetta di Nostra Signora dell'Addolorata, sulla piazza del villaggio. L'albero e' ancora li', dopo secoli a ricordare la storia di Erasmo, il bandito di Predjama.


sabato 9 luglio 2022

Lelio Brancaccio: Le Qualità del Soldato (1610).

Lelio Brancaccio è un uomo di guerra. Napoletano, a poco più di vent’anni rinuncia alla sua eredità per entrare nei Cavalieri di Malta. Dal 1589 al 1637, anno in cui trapassa, il Brancaccio rimane uno dei comandanti più leali degli Asburgo.



Combatte contro nemici di ogni genere, dai Turchi agli Olandesi. Alla veneranda età di 72 anni è ancora in prima linea e organizza la difesa di Maastricht (1632). La sua opera più famosa, I Carichi militari di Fra Lelio Brancaccio, pubblicata nel 1610, è una interessante disamina sulla qualità necessarie a soldati e ufficiali per adempiere ai loro doveri e sulla gerarchia degli eserciti europei.

Nel 1610, Lelio Brancaccio ha oltre trent’anni di esperienza pratica e teorica delle cose di guerra e ogni pagina del suo trattato presenta elementi di grande interesse per storici e appassionati.

Quello che descrive è un modo di fare la guerra profondamente cambiato rispetto a solo cento anni prima. Il ) Il Tercio ( Tercio,anche Tercios spagnoli) era il termine utilizzato dall'esercito spagnolo per descrivere un tipo di organizzazione militare costituita da una parte di picchieri e una parte di soldati armati con armi da fuoco (in particolare,moschettieri e archibugieri.) domina sui campi di battaglia e continua a farlo fino al primo quarto del XVI secolo. Molti storici vedono nella Battaglia di Recroi (1643) la fine definitiva del Tercio, ma, come dice bene il Prof. Nicola Zotti, ci vollero ancora una quindicina d’anni prima di arrivare al crollo definitivo.


Ad ogni modo, nel corso del XVI secolo, le fanterie vedono una crescita esponenziale dei soldati dotati di armi da fuoco e un continuo scemare di quelli armati di picca.

Non cambiano, però, le doti fisiche e mentali necessarie ad esercitare questo mestiere.

Di seguito, troverete un estratto – in italiano corrente, con link ipertestuali e box di approfondimento – del capitolo dedicato al soldato semplice.


Del Soldato:

Negli eserciti è sempre stato fondamentale il buon addestramento dei soldati. Gli stessi antichi Romani (come ci riferisce Vegezio) riuscirono a vincere la resistenza di ogni popolo barbaro e ad estendere il loro Impero fino alle regioni più remote della Terra proprio grazie all’addestramento e benché fossero spesso superati dal nemico come forza o numero. Prima instradavano quelli che sembravano più adatti al combattimento, li addestravano all’uso delle armi, e infine sceglievano i più valorosi e mandavano via quelli che sarebbero stati di poco aiuto.

Per questo motivo, accingendomi a trattare, in questo Libro, tutti i Gradi della Milizia (Officii Graduati della Milizia), ho reputato necessario discorrere innanzitutto del ruolo del soldato privato. Non è mia intenzione elencare regole e precetti per l’istituzione di nuovi eserciti, quanto rifarmi a quelli già costituiti per parlare, in questo capitolo di alcune qualità necessarie al soldato per adempiere al suo ruolo.

Di queste qualità, alcune sono genetiche (naturali), altre costruite per mezzo dell’addestramento; tratterò innanzitutto le prime. Vi sono due generi di qualità naturali: la prestanza fisica e la forza d’animo.

La prestanza fisica si suddivide, a sua volta, in due specie: forza (gagliardia) e destrezza (agilità di membra). Entrambe sono qualità necessarie al soldato per riuscire a resistere alla fatica e destreggiarsi agevolmente in tutti gli scenari di guerra. Queste virtù sono senza dubbio dei doni di Natura, ma si possono accrescere in modo importante anche attraverso l’addestramento e l’esercizio. Di conseguenza gli scontri d’allenamento, la corsa, il salto, il lancio del palo e cose del genere possono, in misura pari alla natura, donare forza e destrezza. Il soldato deve quindi praticarli, perché se non si esercita rimarrà sempre poco abile, pur avendo a disposizione, magari, buone doti fisiche genetiche e un animo nobile.


Particolare dalla Battaglia di Kircholm (1605). Si vedono chiaramente i moschettieri con l’arma posta sulla forcina ai lati dei picchieri.

L’ozio e i piaceri, d’altro canto, diminuiscono la destrezza e la forza mentre nutrono le inezie e la viltà; portano alla cura del vestiario, a prestare attenzione al taglio di capelli, al camminare leggiadro nelle corti, fra le dame, e non negli eserciti, fra i soldati. Chi si diletta in cose del genere, non potrà mai avere l’animo disposto ad accettare i pericoli di una guerra. Se a una persona ha paura di vedersi le scarpe sporche, o che le sia torto un capello, non potrà mai lordarsi di fango durante una marcia o combattere nel sangue. Uomini del genere non avranno mai pensieri onorevoli, né la forza di compiere azioni coraggiose.

Un buon soldato deve vestire in modo modesto, moderato nel godere dei piaceri della vita e abituato alla vita militare, in modo che, tornato a impugnare le armi in seguito a un periodo di pace, non debba soffrire troppo per le fatiche e i disagi di una nuova campagna. In questo modo, il soldato è sempre pronto ad affrontare la guerra e a servire il proprio Principe. Inoltre, può guadagnare molto anche in salute e onore.

L’altra qualità naturale necessaria al soldato è la menzionata forza d’animo. In primo luogo, bisogna analizzare una sua specie, ossia l’ardire: senza questa virtù, nessuno può definirsi un uomo, men che meno un soldato. Uno uomo senza ardire è da disprezzare al pari di una donna senza vergogna. Come si suol dire “Qui animis et armis non valent, rupes et inaccessa quaerant latibula”.

Anche quelli che non hanno una naturale forza d’animo possono corroborarla pensando a famosi capitani che, sebbene mediocri nel fisico, ebbero grande valore e forza d’animo. Non bisogna essere così attaccati a questa vita, che alla fine si deve comunque lasciare, da evitare di compiere azioni che potrebbero darci un onore perpetuo. Non ci può essere un’azione più degna e onorevole che esporsi alle insidie della guerra e spargere volontariamente il sangue per il proprio Principe.

Nessuno deve pensare che si possa ottenere la gloria senza correre pericoli. I Cesare e gli Alessandro conquistarono territori immensi e gloria immortale, e spesso si trovarono nel mezzo della battaglia e di scontri sanguinosi facendo strada con il braccio, e scudo con il petto, ai loro eserciti. Il nome di soldato lo si può guadagnare solo nel sangue e fra i pericoli, perché non si possono conoscere valore e virtù guerriera nell’ozio e nella pace.

Di conseguenza, chi ha intenzione di ottenere un titolo nobile come quello di “soldato” deve attendere le occasioni opportune, e rischiare intrepidamente la vita. E deve farlo anche perché non tutte le palle delle armi da fuoco uccidono, né tutte le punte feriscono, ed è più facile che finiscano uccisi i codardi fuggitivi che non i combattenti valorosi, poiché i primi, con la fuga, accrescono la confidenza del nemico, mentre i secondi gliela sottraggono; i primi si privano di difesa, i secondi si aiutano con l’offesa e con la difesa.

Oltre alle forze e all’ardire, al soldato sono necessarie le conoscenze tecniche e la pratica nel maneggio delle armi, in particolare di quelle più utilizzate al giorno d’oggi: picca, moschetto e archibugio.



Data la sua grande esperienza pratica, il Brancaccio enuclea anche, in via incidentale, le principali accortezze e abilità richieste al soldato nell’uso delle tre armi in oggetto.
Nei primi decenni del Seicento si conclude il periodo di coesistenza fra l’archibugio e la sua evoluzione (che infine lo soppianta in modo definitivo), il moschetto. Quest’ultimo è più pesante, ha un calcio per appoggiarlo alla spalla e ha una gittata più lunga. In questo senso, la testimonianza del Brancaccio è fondamentale, visto che si esprime, senza mezze misure, sulla superiorità del moschetto e l’ormai quasi inutilità dell’archibugio. Da sottolineare anche il fatto che il Brancaccio apra il paragrafo con un espressa affermazione di superiorità della pratica sulla teoria.

Poiché ciascuna di queste armi è utilizzata da un determinato ordine di soldato, è bene iniziare dalla picca, che ancora oggi è la più diffusa.

Per quanto sia quasi impossibile insegnare con le sole parole quelle cose che consistono in azioni, mi sforzerò di dare alcune regole generali, tali almeno da indirizzare il soldato diligente a conoscere meglio ciò che deve sapere.


Una delle formazioni usate per i tercios attorno al 1600.

La picca è un tipo di arma che, per coloro che non la sanno utilizzare, è più d’impaccio che altro. Accade spesso di vederla utilizzata come un bastone piuttosto che con la punta rivolta verso il nemico. Io stesso l’ho vista spesso colpire il fianco di un cavallo senza ferirlo. Chi, invece, è in grado di usarla al meglio, ha un enorme vantaggio nei confronti dei nemici che brandiscono qualsiasi altra arma.

Per prima cosa, il Picchiere non deve combattere tenendo la picca ferma perché comunque vada a colpire l’avversario, non arriverà al bersaglio con forza sufficiente. E’ comunque possibile che, per evitare di scompaginare l’Ordinanza (vocabolo che poteva indicare sia l’organizzazione del contingente che il contingente stesso), sia necessario non andare avanti con impeto. Quando un soldato tiene la picca ferma, accrescono le possibilità, da parte di un nemico accorto, di deviare il colpo e contrattaccare. Bisogna quindi abbassare la picca e mettere il piede sinistro davanti, appoggiando l’asta al fianco destro e tenendola in modo da lasciare che i ⅔ della stessa siano fra la mano e la punta.

In questo modo sostenere la picca è più semplice ed è il modo corretto di avanzare. Giunti allo scontro, per colpire con la picca è necessario alzare entrambe le braccia e, tenendola più verso il tallone allargando la mano sinistra, spingerla in avanti con veemenza contro il nemico, ritirarla e spingere ancora. Tutto questo fino a che è possibile continuare. Un uso del genere dà grande vantaggio anche contro nemici più forti e robusti, come gli Svizzeri, ma che usano la picca in modo più statico.

Contro la cavalleria invece, è bene tenere la picca ferma, appoggiata al fianco e con il piede saldo in terra. Lascio ad altri l’usanza di bloccare il tallone della picca con il piede destro, o addirittura con il piede di un soldato della seconda fila, visto che si tratta di stravaganze tecnicamente poco valide. Sempre riguardo al combattimento contro la cavalleria, è necessario stringere le fila, in modo che la seconda e la terza (fila) possano mettere le punte delle loro picche sulla stessa linea di quelle della prima. Così strette e fitte, le picche sono adeguate a sostenere l’urto della cavalleria.

Oltre alle armi, i picchieri dovrebbero essere equipaggiati con morione, piastra pettorale, spallacci, scarselle e mognoni (protezione spalle). Questi ultimi forse non difendono bene come i bracciali, ma offrono una difesa sufficiente e sono molto comodi e leggeri.

Al soldato non deve dare fastidio il peso delle protezioni, che gli saranno più utili in battaglia che insopportabili durante il riposo. E tutto il sudore che verserà dentro di esse gli risparmierà di versare il proprio sangue.

Il Moschettiere deve essere dotato di un buon moschetto, con la sua forcina, e curarne la manutenzione. Deve anche cercare di essere sempre provvisto di munizioni, tenendo il fiasco sempre pieno di polvere; tuttavia, reputo che la soluzione migliore sia attaccare le cariche già pronte a una tracolla, poiché in questo modo si riesce a caricare in modo più agevole e veloce. Un altro vantaggio di questa soluzione è quello di evitare i gravi che può provocare l’esplosione fortuita del fiasco.

Il Moschettiere deve essere parimenti diligente nella cura della miccia, che deve sempre tenere all’asciutto e ben coperta in caso di umidità. Può così evitare di ritrovarsi con una miccia bagnata e inutilizzabile nel mezzo dello scontro, e finire ucciso al posto del nemico cui avrebbe dovuto sparare. Deve portare con sé anche due dozzine di palle per il suo moschetto. Visto che si tengono attaccate alla parte bassa della tracolla con una corda, non gli saranno di alcun peso.

E’ bene che il Moschettiere sia dotato di una spada corta e larga, e tenuta in modo da poterla estrarre velocemente con una mano, senza lasciare il moschetto, come invece accade con la spada lunga, che in spazi ristretti può dare problemi anche ai compagni.

L’Archibugiere deve essere molto lesto e veloce con la sua arma, e ben provvisto di munizioni da conservare al meglio. E’ necessario che abbia un morione, poiché gli archibugeri servono a rimpinguare gli squadroni e lì possono essere facilmente colpiti alla testa. Non vorrei comunque più archibugieri di quelli necessari a guarnire gli squadroni, poiché in quasi tutti i contesti si possono ottenere risultati migliori dai moschettieri.

Più in generale, il soldato deve osservare l’Ordinanza in modo rigoroso, e quindi di andare alla sua bandiera al minimo tocco di tamburo e mettersi nella prima fila (senza però occupare la posizione degli ufficiali) al posto assegnatogli dal Sergente. Durante la marcia, il soldato deve seguire il commilitone che gli cammina davanti e marciare al passo degli altri. Deve comunque mantenere la stessa distanza dalla fila che precede la sua e dai suoi compagni di fila. Quando la fila davanti si ferma, deve farlo anche lui, mantenendo sempre le distanze menzionate. Per capire se si trovi ben allineato, ogni soldato deve avere come riferimento il soldato al centro della sua fila. In questo modo, si manterrà sempre la giusta ordinanza.

L’Assedio di Maastricht del 1632. Lelio Brancaccio faceva parte dei difensori alla venranda età di 72 anni.


Nel corso della battaglia, il Picchiere deve essere lesto ad abbassare la picca verso il nemico che attacca. I soldati delle seconde file, nel caso siano uccisi o feriti i loro commilitoni in prima fila, devono subentrare al loro posto. A questo punto, la terza fila deve prendere il posto della seconda e così via.

Il Moschettiere invece non deve essere frettoloso e tirare senza prendere la mira, poiché è meglio sparare poco e colpire, che sparare molti colpi a vuoto. Per lui è fondamentale l’attenzione alla fase di carica, perché non deve dimenticare polvere e palla.

In caso di ritirata, il Moschettiere deve indietreggiare con calma, continuando a bersagliare il nemico con i propri colpi (nel saggio sull’ Assedi di Malta del 1565, abbiamo parlato di un episodio del genere quando i Giannizzeri evitano danni maggiori proteggendo la ritirata dell’esercito ottomano verso la spiaggia). In questo modo, il nemico difficilmente si accorgerà che si tratta di vera ritirata.

L’Archibugiere che si trovi in una guarnigione deve sparare in modo accorto. A volte, la cavalleria manda avanti un gruppo di cavalieri per far sparare gli archibugieri e poi sorprenderli con il grosso degli uomini durante la ricarica. Per questo è importante che si faccia fuoco con i cavalieri quasi addosso e con le picche dei propri commilitoni pronte ad abbassarsi.

Se la guarnigione non deve muoversi dal punto in cui si trova, le prime due file dovrebbero sparare e poi abbassarsi, in modo da permettere il tiro della terza e così via fino alla quinta. A quel punto, la prima e la seconda dovrebbero aver concluso le operazioni di carica e riprendere esse stesse a fare fuoco.

Fra le altre qualità necessarie al soldato, Lelio Brancaccio inserisce l’ubbidienza agli ordini, la fedeltà e la capacità di soffrire e faticare. Specifica però che tutte queste buone qualità saranno vacillanti, e caduche, se non sono accompagnate dal timor d’Iddio, e dalla buona religione. I soldati che si lasceranno andare e a bestemmie, sessualità e vizio possono star certi che le spade inimiche saran contra di loro rigorose ministre della giustizia Divina.


venerdì 8 luglio 2022

Ha rischiato la vita per la sua irriverenza

Triboulet era un giullare di Luigi XII (re di Francia dal 1498 al 1515), famoso per aver schiaffeggiato il re sulle natiche.



Questo atto fece infuriare il re e minacciò di far giustiziare Triboulet. Dopo aver preso un momento per calmarsi, il re decise di risparmiare la vita di Triboulet se avesse potuto pensare a delle scuse più offensive di quelle che aveva appena fatto al re. Triboulet continuò dicendo: "Mi dispiace, Vostra Maestà, di non averla riconosciuta! Vi ho scambiato per la Regina!" La risposta di Triboulet, sebbene intelligente e davvero più offensiva, ruppe un ordine messo in atto che proibiva a chiunque di prendere in giro la regina. Il re decise di procedere con l'esecuzione, ma permise a Triboulet di scegliere come sarebbe morto. Con la sua vita in gioco, Triboulet rispose: "Buon sire, per amore di San Nitouche e San Pansard, patroni della pazzia, scelgo di morire di vecchiaia." Il re senza parole non poteva fare altro che ridere. Annullò l'esecuzione e decise di bandire Triboulet.