venerdì 23 settembre 2022

Qual è la tortura che provoca il maggior quantitativo di dolore nell’uomo mai inventata?

Lo squartamento quadri-direzionale.


Ognuno dei 4 arti (superiori ed inferiori) del condannato veniva legato a quattro cavalli, che, incitati in direzioni opposte, provocavano lo smembramento della vittima.

Essa veniva, di fatto, lacerata viva, lasciandone in vita il solo tronco (busto) che gradualmente periva per dissanguamento non prima di aver patito sofferenze inumane.


Qual è stata la donna più spietata?

L’ascesa di Fredegonda è senza pari, figlia della scaltrezza, cinismo e seduzione. Soltanto così una povera giovinetta della Piccardia, entrata a corte del re Chilperico, poteva ambire a sostituire la regina e a lottare per decenni con un’altra figura femminile di tempra ferrea, Brunilde, figlia del re dei Visigoti.



Gregorio, vescovo di Tours racconta che Fredegonda era di una bellezza mozzafiato ed era la servetta della regina Audovera. Proprio costei, ripudiata dal marito su suo spregiudicato consiglio, sarà la sua prima vittima.

Quando Chilperico sposa Galesvinta, sorella di Brunilde, Fredegonda la scredita agli occhi del re a tal punto da farla uccidere nel suo letto per ordine di Chilperico.

L’ex serva arriva così al trono, ma l’orrendo delitto accende Brunilde, che induce il marito Sigeberto a prendere le armi. La guerra sarebbe persa se Fredegonda non armasse la mano dei sicari con due grossi coltelli intinti nel veleno.

I killer sorprendono Sigeberto nell’accampamento e lo colpiscono a entrambi i fianchi, uccidendolo. Brunilde finisce prigioniera a Rouen e intesse una relazione con Meroveo, figlio di Austrasia e Chilperico, coronata da un matrimonio segreto.

Fredegonda coglie la palla al balzo e pianifica l’eliminazione di Meroveo, che braccato, preferisce farsi uccidere da un compagno piuttosto che finire nelle mani della matrigna.



La sua furia omicida colpisce anche Clodoveo, ultimo figlio di primo letto del re. Fredegonda riesce a partorire un maschio, Clotario e poco dopo muore Chilperico, pugnalato a tradimento dopo essere rientrato dalla caccia.

La guerra fra le due regine riprende e nel 597, e il quattordicenne Clotario sconfigge la rivale della madre. Fredegonda muore poco dopo, mentre Brunilde, ormai ottantenne, viene torturata: legata per un piede e un braccio a un cavallo è trascinata mortalmente per chilometri.

Chissà se la sadica fine della nemica gli era stata proposta dalla madre in punto di morte.


giovedì 22 settembre 2022

Quale cibo era economico nel Medioevo e cosa nei tempi moderni è diventato più costoso?

Nel Medioevo, i cibi economici erano quelli che potevano essere facilmente coltivati o raccolti, come le verdure, i legumi, i cereali e il pane. Anche la carne di maiale, che era facile da allevare, era spesso economica. Inoltre, i cibi che potevano essere conservati a lungo, come il formaggio e il salame, erano anche economici perché potevano essere conservati per periodi più lunghi senza deteriorarsi.



Nella società moderna, alcuni cibi che erano una volta economici sono diventati più costosi a causa dei cambiamenti nella produzione alimentare e nei modelli di consumo. Ad esempio, la carne di manzo è diventata più costosa a causa dell'aumento della domanda e dei costi associati all'allevamento del bestiame. Anche alcuni frutti e verdure di stagione, come le fragole o gli asparagi, sono diventati più costosi a causa dei costi di trasporto e della disponibilità limitata durante alcuni mesi dell'anno. Tuttavia, ci sono ancora molti cibi economici disponibili oggi, come i cereali, i legumi e le verdure di stagione.


mercoledì 21 settembre 2022

I vichinghi, gli eroi delle saghe norrene

Assieme alle avventure dei grandi dei del pantheon nordico, le saghe scandinave raccontano tantissime storie di antichi re e guerrieri vichinghi. Personaggi come Sigurðr, o Sigfrido, Bósi e Ragnarr Loðbrók sono descritti per il loro coraggio, il senso dell’onore e il tragico destino.

Chi non conosce le divinità nordiche? Forse non tutte, ma sicuramente le più famose del pantheon: Odino, Thor e Loki sono divenuti popolari grazie alle varie rappresentazioni che ne sono state fatte dall’opera, dai fumetti e dal cinema, mentre gli eroi vichinghi, ovvero i protagonisti delle saghe che ricostruiscono la storia degli antichi popoli scandinavi, sono sempre rimasti in secondo piano. Almeno fino a quando la recente serie Vikings, che ha portato sullo schermo le vicende della stirpe di Ragnarr Lobrók, ha risvegliato l’interesse per i personaggi in carne e ossa.

Ricostruzione di un guerriero vichingo del X secolo pronto a entrare in guerra. L’elmo s’ispira all’unico copricapo di questo tipo oggi conservato


Gli eroi combattono nella bruma che unisce in modo misterioso e ancestrale il mondo degli dei e quello degli uomini, e proprio in virtù di tale unione dobbiamo chiederci se possiamo considerarli figure umane oppure divine. Questi eroi sono soltanto la versione umana delle divinità? Fino a che punto costituiscono, nel carattere, un esemplare perfetto di essere umano? Di sicuro nelle saghe nordiche gli eroi hanno un ruolo di prototipo, o modello, e per questo sono rappresentati in modo idealizzato. Non dobbiamo quindi commettere l’errore di considerare le storie scritte su di loro alla stregua di un semplice racconto biografico.

Basta prendere come esempio la saga dell’eroe Sigurr e della sua stirpe, in cui figura il già menzionato Ragnarr Lobrók. Narrata già nel X secolo, viene ripresa in La Saga dei Völsungr, o Saga dei Volsunghi, e nel suo seguito, La Saga di Ragnarr, redatta, al pari della precedente, nel XIII secolo. Secondo il racconto, Aslaug - che diventerà la terza moglie di Ragnarr - nasce dall’uccisore dei draghi Sigurr e dall’eroina Brynhildr, o Brunilde. Le avventure dell’eroe leggendario Ragnarr avvengono nella Svezia del IX secolo, e in una di queste l’eroe si fa confezionare uno strano vestito per il quale sarà chiamato “Brache pelose”, costituito appunto da brache pelose con cui, assieme a un manto di cotone, si protegge dagli attacchi di un serpente che poi trapasserà a fil di lancia. Per questa gloriosa impresa diverrà molto celebre in tutti Paesi scandinavi.



Sigurðr il Volsungo

Tutti gli eroi condividono la caratteristica di avere una qualche relazione con gli dei: o ne sono discendenti o possono entrarvi in contatto. In molte occasioni le divinità li favoriscono, ma in altre li fanno cadere in disgrazia come nel caso di uno dei protagonisti di La Saga dei Volsunghi: Sigmund, il padre di Sigurr. Ormai vecchio ma ancora valoroso, va in battaglia contro le schiere dei suoi nemici e si lancia alla carica. Non viene ferito da nessuna delle molte lance e frecce che gli piovono addosso ma «quando la battaglia durava già da tempo,
si presentò un uomo che indossava un cappello dalla tesa larga e un mantello blu. Era guercio e in mano reggeva una lancia. Quest’uomo si diresse verso Sigmund e brandì la lancia contro di lui. Quando il re Sigmund gli assestò un colpo fermo con la spada, questa, nel colpire la lancia, si ruppe in due pezzi. Da quel momento cambiò l’esito dello scontro. La buona stella abbandonò Sigmund e molti dei suoi guerrieri gli morirono davanti». La saga non rivela l’identità del misterioso personaggio, ma il pubblico dell’epoca poteva facilmente riconoscervi il dio Odino.

La Saga dei Volsunghi e quella di Ragnarr Lobrók fanno parte di un sottogenere delle saghe conosciuto come “saghe dei tempi antichi”. Gli eventi di questi racconti leggendari o mitico-eroici si svolgono spesso in luoghi remoti e immaginari. Le gesta sono accompagnate da descrizioni di oggetti magici e creature fantastiche, così da suscitare nel lettore moderno l’impressione di trovarsi davanti a un racconto di finzione. Eppure sicuramente molte delle saghe combinano questi elementi fittizi e soprannaturali con dati storici. Oggi abbiamo a disposizione una trentina di saghe leggendarie che sviluppano la propria trama prima della colonizzazione dell’Islanda nel IX secolo.


Hervör morente. Olio di Peter N. Arbo, 1880


La saga della fanciulla guerriera

È il caso di La Saga di Hervör, la cui trama può essere collocata durante le battaglie tra goti e unni nel IV secolo. L’eroina Hervör, come Brynhildr, è una skjaldmær, ovvero una fanciulla guerriera. La Saga di Hervör, l’unica a contenere nel titolo il nome di una donna, venne scritta nel XIII secolo e narra la vita dell’eroina e di tutta la sua stirpe.

La protagonista è descritta come una ragazza dalla grande bellezza e dalla forza pari a quella degli uomini. Ben presto si esercita più nel tiro con l’arco, nello scudo e nella spada che nelle mansioni femminili, quali tessere e cucire. Dopo aver indossato i panni di un uomo ed essersi fatta chiamare Hervard, assume il comando di un gruppo di vichinghi per recarsi presso la tomba del padre Angantyr, un berserkr, o guerriero devoto a Odino. Qui recita la Hervararkvia, il Canto di Hervör, esortando il padre ad alzarsi e a consegnarle Tyrfing, la spada che le spetta in eredità e che era stata forgiata e maledetta dai nani Dvalinn e Dulinn. La saga ha ispirato J.R.R. Tolkien per la creazione di personaggi e situazioni della Terra di Mezzo in Il Signore degli Anelli: ne è un esempio Éowyn, la principessa del regno di Rohan.



Tuttavia, nel Medioevo scandinavo vennero redatti altri tipi di saghe nelle quali gli eroi non provengono dai poemi antichi e in cui le gesta non hanno luogo in scenari mitici. All’interno di tali testi raramente appaiono esseri sovrannaturali, e gli dei non vengono quasi menzionati. Chi sono allora, e come sono, questi eroi che non affondano le proprie radici nel mondo mitologico?

Una risposta ce la possono dare le quaranta Íslendingasögur, o Saghe degli Islandesi, giunte sino a noi. I loro protagonisti vivono nell’intervallo di tempo compreso tra la colonizzazione dell’Islanda, nel IX secolo, e l’adozione del cristianesimo, due secoli più tardi. Non a caso questo periodo è conosciuto come l’“epoca delle saghe”. La maggior parte dei personaggi e molti degli eventi descritti sono fedeli alla realtà storica e, poiché le saghe vengono messe per iscritto nei secoli XIII e XIV ma si riferiscono a fatti risalenti perfino a tre secoli prima, sono state paragonate ai romanzi storici.

I capi vichinghi mantenevano gruppi di guerrieri che vivevano in case come questa, ricostruita a Tofta Strand, nell’isola svedese di Gotland


Possiamo inoltre notare come gli autori abbiano cercato di ricostruire la storia in modo tale che il pubblico la percepisse come verosimile, e per questo nei testi abbondano genealogie e racconti biografici: molte saghe iniziano proprio con la descrizione dettagliata degli antenati del protagonista, con dati sui sovrani, riferimenti alle colonizzazioni di nuovi territori e alle battaglie che qui si combatterono.

Tali saghe, inoltre, possono strutturarsi attorno alla vita di un individuo, come nel caso di La Saga di Egill Skallagrímsson, La Saga di Gísli Súrsson o La Saga di Grettir Ásmundarson, ma possono anche includere diverse generazioni della stessa famiglia o degli abitanti di un luogo, come nel caso di La Saga degli abitanti della Valle dei Salmoni o di La Saga degli uomini di Eyr. Ciononostante, i protagonisti continuano ad apparire come modelli idealizzati di comportamento e per questo sono inevitabilmente condannati, come gli eroi mitici delle saghe leggendarie, a un tragico destino.


Fratelli di sangue

Gli autori di queste saghe hanno ben a cuore il fondo storico della vicenda. E, infatti, il prologo di La Saga di Bósi e Herraur ci avverte che la storia narrata non è un mero racconto volto a intrattenere, bensì l’esposizione di eventi realmente accaduti. La storia ripercorre le avventure di Bósi e del fratello di sangue Herraur, due giovani guerrieri in lotta contro il padre del secondo, il re Hringr. Nel testo sono particolarmente interessanti le scene erotiche, che non compaiono altrove. In una di queste, Bósi si rivolge a una donna con una curiosa metafora dell’ambito metallurgico: «Voglio indurire il mio guerriero al tuo fianco. È giovane e non è ancora stato forgiato, e un guerriero deve essere temprato al più presto». Lei gli chiede dove sia questo guerriero e lui glielo mostra, guidandola con la mano. La giovane si ritrae domandandogli perché porti con sé un oggetto duro quanto un albero. Lui risponde che si ammorbidirà nel buco oscuro, e così rimangono a intrattenersi tutta la notte. Assieme alla descrizione di questo tipo di divertimenti notturni, appaiono anche delle formule magiche.

Sigurðr uccide il drago. Scena del portale della chiesa in legno di Hylestad. XII secolo. Kulturhistorisk museum, Oslo


I protagonisti delle saghe incarnano l’onore, la forza fisica e il coraggio; sono alti, di robusta costituzione e forti. Non solo: tutti hanno partecipato a molte spedizioni e battaglie, e quindi sono uomini celebri e dall’enorme ricchezza. La Saga di Egill Skallagrímsson, scritta nel XIII secolo, ci offre questa precisa ed esauriente descrizione del protagonista: «I tratti di Egill richiamavano l’attenzione. Fronte estesa, ciglia folte, naso corto ma incredibilmente piatto, mento grande come la mandibola, collo massiccio e spalle più ampie di qualsiasi altro uomo, capelli grigi come quelli di un lupo, e spessi, anche se era rimasto ben presto calvo; mentre era seduto, come scritto prima, un sopracciglio scendeva fino al mento, e l’altro s’inarcava fino alla radice dei capelli; Egill era olivastro, con gli occhi neri».

Il carattere di Egill è irritabile e violento. A dodici anni pochi uomini lo superano in possanza e altezza. È un grande guerriero, ma anche un magnifico poeta. I suoi versi scaldici – dal nome degli scaldi, o skáld, i poeti guerrieri delle corti scandinave – sono vere e proprie opere d’arte. Skalla-Grímr, il padre, è anche lui poeta oltre che fabbro, mentre il nonno viene chiamato Kveldúlfr, “il lupo della sera”: è un uomo molto saggio che di sera va in collera e, grazie ai poteri magici, può cambiare aspetto a proprio piacimento. Egill si salva recitando il poema Höfulausn (Riscatto della testa) davanti al re Erik Ascia Insanguinata. Tuttavia non muore in battaglia ma a 80 anni, e questo comporta un grande disonore. L’autore della saga racconta che, in vecchiaia, Egill si muove con difficoltà, la vista gli viene meno e così l’udito, e le donne lo prendono in giro.


Una valchiria porta via con sé un guerriero morto in battaglia. Olio di Hans Makart. XIX secolo. Nationalmuseum, Stoccolma.


Coppie di eroi

Nella descrizione del fisico e delle abilità di certi eroi delle saghe compare un chiaro contrappunto tra fratelli. In La Saga di Bósi e Herraur il protagonista Bósi è corpulento, moro, non troppo bello e rude, ma abile con le parole. Al contrario, suo fratello Smid non è massiccio ma affascinante e pieno di risorse. Anche in La Saga di Egill Skallagrímsson risulta evidente il contrasto tra i fratelli Egill e Órólfr: Egill eredita il carattere del padre, Skalla-Grímr, e del nonno. Entrambi sono mori, brutti e dal temperamento irritabile; il fratello Órólfr, invece, acquisisce il proprio carattere dalla famiglia della madre: è generoso, coraggioso, allegro e molto popolare. Come se non bastasse, a differenza di Egill, Órólfr è un giovane di bell’aspetto.

Quando Egill inizia a crescere, sin da subito appare chiaro che diventerà brutto e moro come il padre; è però piuttosto intelligente, e già bambino ha composto le sue prime poesie. Molti eroi delle saghe sono di fatto grandi poeti. Un esempio è proprio Egill, che dopo la morte dei figli recita il Sonatorrek, con i versi scaldici più belli della poesia norrena: «Amara pena mi stringe la gola, / pigra è la lingua, bilancia del canto. / Più non riesco dal fondo del cuore / il mio tesoro di strofe a evocare».

Stele di Hunninge (VIII secolo). Si crede che alcune scene corrispondano a uno dei poemi eroici contenuti nell’Edda poetica: il Canto di Atli. Gotland Museum. Visby, Svezia


Le saghe degli islandesi sono scritte come se fossero storie, e non solo perché includono genealogie e dati storici, ma anche per la trama, più centrata sull’azione e il racconto degli eventi. L’intreccio ripete quasi sempre la stessa sequenza: il protagonista abbandona la Norvegia per un litigio con il re e si stabilisce in Islanda, dove nascono conflitti per terre o eredità o a causa di assassinii che devono essere puniti. La concatenazione delle vendette finisce quasi sempre in un bagno di sangue e il protagonista viene dichiarato útlagi, o proscritto. Da quel momento è costretto a nascondersi perché perseguitato e chiunque può dargli la morte.


L’eroe tragico

L’eroe delle saghe deve morire in battaglia. Come già indicato, è per lui un enorme disonore morire da vecchio, al pari di Egill, o per malattia, poiché significa che l’eroe non si è battuto con coraggio e ha evitato lo scontro pur di non soccombere. La Saga di Gísli Súrsson descrive il prototipo di una morte eroica: i nemici di Gísli, proscritto, hanno trovato il suo nascondiglio e si preparano a ucciderlo. L’eroe è attaccato da dodici uomini che lo feriscono con la lancia in più parti del corpo, ma lui si difende valorosamente, senza mai retrocedere, e nessuno degli assalitori ne uscirà illeso. Gli altri lo attaccano con forza ancora maggiore e uno di loro lo colpisce in modo tale da fargli uscire le viscere. Gísli però se le riprende e le infila dentro la camicia, tenendole ferme con il cordone dei pantaloni. Poco prima di morire recita dei versi e dà un ultimo colpo di spada a uno dei nemici. Infine soccombe agli assalitori, spirando in combattimento.

Tra la cronaca e il romanzo, le saghe plasmarono in questo modo l’immaginario dei guerrieri nordici della Scandinavia proprio nel momento in cui questi scomparivano dal primo piano della storia.


martedì 20 settembre 2022

Harald III, il re guerriero di Norvegia

Il 25 settembre 1066 cadeva nella battaglia di Stamford Bridge, in Inghilterra, il re norvegese Harald III, che sarebbe divenuto un eroe nazionale. Il sovrano vichingo fu colpito da una freccia mentre combatteva valorosamente aiutato da un gigantesco guerriero berserker.

Berseker.


Harald III, soprannominato Hardråde (Duro Consiglio), morì il 25 settembre 1066 allorché una freccia gli si conficcò in gola durante la battaglia di Stamford Bridge, nel nord dell’Inghilterra. Quando uno dei suoi uomini gli chiese se era stato ferito gravemente, Harald rispose: «È una freccia sottile, ma sta facendo il suo lavoro».


Harald viene colpito alla gola da una freccia durante la battaglia di Stamford Bridge


Esilio in terra russa

Il suo vero nome era Harald Sigurdsson e nacque a Ringerike (Norvegia) intorno all’anno 1015 (o forse 1016). Da giovane si dimostrò un ragazzo ribelle e molto ambizioso. Per Harald il suo fratellastro, il re Olaf Haraldsson, divenne un modello da seguire. Fu questo tratto a distinguerlo dai due fratelli maggiori, più simili al padre e preoccupati solo di mantenere le ricchezze della tenuta di famiglia. Nel 1028 il re danese Canuto I d’Inghilterra invase la Norvegia, e nella battaglia di Stiklestad, svoltasi nel 1030, Olaf perse la vita (in seguito sarebbe stato canonizzato). Harald, che all’epoca aveva quindici anni, andò in esilio insieme a un manipolo di uomini fedeli.

Con l’aiuto di Rögnvald Brusason, che sarebbe diventato conte delle Orcadi, Harald rimase nascosto in una remota fattoria nell’est della Norvegia per poi attraversare le montagne e arrivare in Svezia. Un anno dopo, nel 1031, giunse alla Rus' di Kiev (l’attuale Kiev), dove insieme ai suoi uomini fu ricevuto dal Gran principe Jaroslav il Saggio, la cui sposa, Ingegerd, era lontana parente di Harald. Jaroslav riconobbe subito il potenziale militare di Harald e, avendo bisogno di un leader di guerra, lo fece capitano delle sue truppe. Fu così che Harald partecipò alle campagne condotte da Jaroslav contro i polacchi nel 1031, e forse combatté anche contro altri nemici e rivali come i ciudi in Estonia, i bizantini, i peceneghi e altri nomadi delle steppe.


Signore del Mediterraneo

Quando Jaroslav si accorse che Harald e sua figlia Elisabetta avevano una relazione, il giovane fu costretto a fuggire a Costantinopoli. Harald attraversò con i suoi uomini l’Ucraina e il mar Nero, fino ad arrivare a Costantinopoli, dove si arruolò nella guardia variaga, un’unità formata esclusivamente da mercenari svedesi, danesi, norvegesi e islandesi. Harald divenne famoso in tutto il Mediterraneo e si meritò il soprannome di “devastatore della Bulgaria”.


Ritratto seicentesco del principe Jaroslav I di Kiev


In seguito alle sue vittoriose campagne in nord Africa, Siria, Palestina, Gerusalemme e Sicilia, Harald accumulò un’immensa fortuna derivata dai bottini di guerra, e con il tempo ottenne il ruolo di comandante della guardia variaga e ammiraglio della flotta bizantina, la più potente del Mediterraneo. Inoltre gli fu concessa l’autonomia per condurre degli attacchi contro i nemici di Bisanzio. Nel 1038 si unì a una spedizione bizantina per riconquistare la Sicilia dai saraceni, che vi avevano istituito un emirato nel 965. Le saghe nordiche raccontano che Harald e i suoi uomini riuscirono a prendere quattro città Siciliane prima del 1041, anno in cui la spedizione terminò e la guardia variaga fu mandata a soffocare una rivolta normanna in sud Italia.

Dopo essere fuggito dalla sua terra, Harald divenne comandante della guardia variega bizantina, conquistò quattro città siciliane e vinse diverse campagne militari in Africa e Medioriente

Harald rimase al servizio di Bisanzio fino al 1042, quando tornò alla Rus’ di Kiev. Lì riuscì finalmente a sposare Elisabetta, la figlia di Jaroslav. Secondo le cronache, Jaroslav acconsentì alle nozze perché Harald era diventato ricco. Durante il tempo che il norvegese trascorse nella corte di Jaroslav, gli fornì preziose informazioni sulla sua permanenza a Costantinopoli che lo avrebbe aiutato quando questi decise di attaccare l’impero bizantino.


Alla conquista dell’Inghilterra

Al ritorno in Norvegia nel 1045, con i suoi esperti veterani e le impressionanti ricchezze, Harald risultò subito una minaccia per il successore di Canuto, Magnus I, suo proprio nipote. Magnus era tornato dall’esilio nel 1035 per reclamare la corona come discendente di Olaf II. Tuttavia il tempo trascorso all’estero aveva dotato Harald di notevoli doti politiche e presto riuscì a ottenere di governare il regno al fianco del nipote. Con il tempo le tensioni tra i due crebbero e nel 1047 Magnus morì in circostanze poco chiare. In questo modo Harald ottenne la sospirata corona e prese il titolo di Harald III Sigurdsson. I sudditi danesi di Magnus I non accettarono Harald come successore e si sollevarono contro di lui, offrendo il trono di Danimarca a Svend II. Nei successivi dodici anni di regno Harald bagnò di sangue le coste della Norvegia e della Svezia, eliminando qualunque presenza danese.

Harald III di Norvegia rappresentato in una miniatura del XIII secolo


Nel 1066 Harald volse lo sguardo all’Inghilterra. Le isole britanniche erano state l’obiettivo di numerose spedizioni nordiche fin dal V secolo e approfittando dell’esistenza, in passato, di un regno danese-inglese-norvegese, Harald reclamò il trono inglese. Raccolse trecento drakkars, le sue veloci imbarcazioni, per affrontare le truppe anglosassoni del re Aroldo II d’Inghilterra. Dopo svariate scaramucce e saccheggi, il 25 settembre l’esercito di Harald III si diresse verso York con l’intento di riproporre la strategia militare usata dai vichinghi per più di due secoli: risalire il corso dei fiumi con le loro navi e apparire d’improvviso sulla terraferma, ottenendo rapide vittorie che gli permettevano di dedicarsi liberamente al saccheggio.

Avendo lasciato la metà dell’esercito a Ricall, un paesino a sei chilometri dallo Yorkshire, Harald e un fratello di Aroldo, Tostig (che appoggiava l’esercito norvegese), constatarono che le forze inglesi erano superiori alle loro. Mentre l’esercito anglosassone si avvicinava all’accampamento di Harald, situato sull’altra sponda del Derwent, a Stamford Bridge, questi arringò le sue truppe dicendo: «In battaglia non dobbiamo mai nasconderci dietro gli scudi. La mia armatura mi dice: alza la testa, dove la spada incontra il cranio». Detto questo, mandò un contingente dell’esercito a combattere gli anglosassoni mentre lui e il resto dei soldati guadagnavano tempo per disporsi in formazione.

Nella feroce battaglia che ebbe luogo a Stamford Bridge, Harald fu aiutato da un gigantesco berserker, ma malgrado ciò morì colpito da una freccia

In questa battaglia svolse un ruolo preponderante un gigantesco berseker norvegese, al cui fianco lo stesso Harald (alto più di due metri) sembrava un nano. I berserker erano guerrieri vichinghi d’élite, che pare combattessero mezzi nudi e facessero uso di allucinogeni per migliorare lo slancio guerriero. Questo enorme berserker difese il ponte per un’ora, ammazzando tutti coloro che incrociava sul suo cammino e senza soccombere alle frecce nemiche. Durante lo scontro un guerriero anglosassone riuscì a posizionarsi sotto il ponte passando dal fiume nascosto in un barile e, attraverso una fessura tra le assi, colpì con una lancia il gigante, che crollò a terra. Per gli anglosassoni fu l’inizio della rimonta, ma la resistenza dell’eroe aveva dato il tempo ai suoi compatrioti (che erano stati presi di sorpresa) di organizzare una linea di scudi che gli anglosassoni faticarono molto a sfondare. Dopo la morte del gigante norvegese e quella dello stesso Harald III, colpito alla gola da una freccia, il re Aroldo II ottenne un’effimera vittoria. Sarebbe infatti stato vinto il 14 ottobre dello stesso anno dal normanno Guglielmo il Conquistatore nella battaglia di Hastings.


La battaglia in un dipinto del norvegese Peter Nicolai Arbo (1831–1892)


Un eroe nazionale dimenticato sotto una strada

Un anno dopo la sua morte a Stamford Bridge, il corpo di Harald fu portato in Norvegia e seppellito nella cattedrale di Nidaros (Trondheim). Cento anni dopo la sepoltura i suoi resti furono trasferiti al priorato di Helgeseter, che venne demolito nel XVII secolo. Il 25 settembre 2006, 940 anni dopo la morte di Harald III, la rivista norvegese Aftenposten pubblicò un articolo denunciando lo stato miserevole in cui versavano le antiche sepolture reali di Norvegia, inclusa quella di Harald III che, secondo certi documenti, si troverebbe sotto una strada costruita in corrispondenza dell’antico monastero. Il giorno dopo il comune di Trondheim rivelò che avrebbe valutato la possibilità di esumare il corpo del monarca e di trasferirlo nuovamente alla cattedrale di Nidaros, dove si trovano altri nove re norvegesi, tra cui Magnus I il Buono e Magnus II Haraldsson, il predecessore e il successore di Harald. Un mese dopo fu annunciato che la proposta di riesumazione era stata scartata. Sembra dunque che, per ora, Harald dovrà proseguire il suo riposo sotto la strada, in attesa di tempi migliori…


lunedì 19 settembre 2022

Nel Medioevo i cavalieri dovevano essere gentili con i contadini?



Sì, soprattutto se voleva entrare nei loro pantaloni (anche se le donne medievali di classe inferiore generalmente non portavano i pantaloni). Vide una bella figlia di conciatori che immergeva pelli di animali nell'acqua. Aveva sollevato la gonna. Al duca piacque ciò che vide. Mandò un soldato a prenderla. Disse che sarebbe andata al castello del duca se avesse cavalcato il cavallo del soldato. Il soldato era d'accordo. Ha preso in prestito un bel vestito. Poi montò sulla sella laterale del cavallo del soldato. Lei e il duca fecero sesso e fu concepito il futuro Guglielmo il Conquistatore, re d'Inghilterra.


domenica 18 settembre 2022

Le donne si depilavano mai nel Medioevo?

Sì, ma non negli stessi punti o per le stesse ragioni per cui la maggior parte delle persone si rade oggi. La maggior parte delle persone si copriva dal collo in giù e di solito le donne si coprivano anche i capelli, quindi non c'era motivo di radersi le gambe o le braccia: le donne probabilmente avevano molti peli sul viso e per un certo periodo si rasavano regolarmente la testa e la fronte, producendo una fronte estremamente alta. Sulla fronte nuda, a volte, applicavano anche del trucco di biacca.


Le prostitute a volte si spingevano oltre e si depilavano la vulva. Queste piccole statue sono state collocate nella ricostruita Porta Tosa a Milano. È la porta attraverso la quale Federico I Barbarossa attaccò e saccheggiò la città.




Secondo la tradizione, la statua raffigura la giovane prostituta che fermò l'attacco dell'esercito di Federico rasandosi il pube in bella vista, oppure la moglie di Federico che si comporta come una prostituta.