martedì 20 settembre 2022

Harald III, il re guerriero di Norvegia

Il 25 settembre 1066 cadeva nella battaglia di Stamford Bridge, in Inghilterra, il re norvegese Harald III, che sarebbe divenuto un eroe nazionale. Il sovrano vichingo fu colpito da una freccia mentre combatteva valorosamente aiutato da un gigantesco guerriero berserker.

Berseker.


Harald III, soprannominato Hardråde (Duro Consiglio), morì il 25 settembre 1066 allorché una freccia gli si conficcò in gola durante la battaglia di Stamford Bridge, nel nord dell’Inghilterra. Quando uno dei suoi uomini gli chiese se era stato ferito gravemente, Harald rispose: «È una freccia sottile, ma sta facendo il suo lavoro».


Harald viene colpito alla gola da una freccia durante la battaglia di Stamford Bridge


Esilio in terra russa

Il suo vero nome era Harald Sigurdsson e nacque a Ringerike (Norvegia) intorno all’anno 1015 (o forse 1016). Da giovane si dimostrò un ragazzo ribelle e molto ambizioso. Per Harald il suo fratellastro, il re Olaf Haraldsson, divenne un modello da seguire. Fu questo tratto a distinguerlo dai due fratelli maggiori, più simili al padre e preoccupati solo di mantenere le ricchezze della tenuta di famiglia. Nel 1028 il re danese Canuto I d’Inghilterra invase la Norvegia, e nella battaglia di Stiklestad, svoltasi nel 1030, Olaf perse la vita (in seguito sarebbe stato canonizzato). Harald, che all’epoca aveva quindici anni, andò in esilio insieme a un manipolo di uomini fedeli.

Con l’aiuto di Rögnvald Brusason, che sarebbe diventato conte delle Orcadi, Harald rimase nascosto in una remota fattoria nell’est della Norvegia per poi attraversare le montagne e arrivare in Svezia. Un anno dopo, nel 1031, giunse alla Rus' di Kiev (l’attuale Kiev), dove insieme ai suoi uomini fu ricevuto dal Gran principe Jaroslav il Saggio, la cui sposa, Ingegerd, era lontana parente di Harald. Jaroslav riconobbe subito il potenziale militare di Harald e, avendo bisogno di un leader di guerra, lo fece capitano delle sue truppe. Fu così che Harald partecipò alle campagne condotte da Jaroslav contro i polacchi nel 1031, e forse combatté anche contro altri nemici e rivali come i ciudi in Estonia, i bizantini, i peceneghi e altri nomadi delle steppe.


Signore del Mediterraneo

Quando Jaroslav si accorse che Harald e sua figlia Elisabetta avevano una relazione, il giovane fu costretto a fuggire a Costantinopoli. Harald attraversò con i suoi uomini l’Ucraina e il mar Nero, fino ad arrivare a Costantinopoli, dove si arruolò nella guardia variaga, un’unità formata esclusivamente da mercenari svedesi, danesi, norvegesi e islandesi. Harald divenne famoso in tutto il Mediterraneo e si meritò il soprannome di “devastatore della Bulgaria”.


Ritratto seicentesco del principe Jaroslav I di Kiev


In seguito alle sue vittoriose campagne in nord Africa, Siria, Palestina, Gerusalemme e Sicilia, Harald accumulò un’immensa fortuna derivata dai bottini di guerra, e con il tempo ottenne il ruolo di comandante della guardia variaga e ammiraglio della flotta bizantina, la più potente del Mediterraneo. Inoltre gli fu concessa l’autonomia per condurre degli attacchi contro i nemici di Bisanzio. Nel 1038 si unì a una spedizione bizantina per riconquistare la Sicilia dai saraceni, che vi avevano istituito un emirato nel 965. Le saghe nordiche raccontano che Harald e i suoi uomini riuscirono a prendere quattro città Siciliane prima del 1041, anno in cui la spedizione terminò e la guardia variaga fu mandata a soffocare una rivolta normanna in sud Italia.

Dopo essere fuggito dalla sua terra, Harald divenne comandante della guardia variega bizantina, conquistò quattro città siciliane e vinse diverse campagne militari in Africa e Medioriente

Harald rimase al servizio di Bisanzio fino al 1042, quando tornò alla Rus’ di Kiev. Lì riuscì finalmente a sposare Elisabetta, la figlia di Jaroslav. Secondo le cronache, Jaroslav acconsentì alle nozze perché Harald era diventato ricco. Durante il tempo che il norvegese trascorse nella corte di Jaroslav, gli fornì preziose informazioni sulla sua permanenza a Costantinopoli che lo avrebbe aiutato quando questi decise di attaccare l’impero bizantino.


Alla conquista dell’Inghilterra

Al ritorno in Norvegia nel 1045, con i suoi esperti veterani e le impressionanti ricchezze, Harald risultò subito una minaccia per il successore di Canuto, Magnus I, suo proprio nipote. Magnus era tornato dall’esilio nel 1035 per reclamare la corona come discendente di Olaf II. Tuttavia il tempo trascorso all’estero aveva dotato Harald di notevoli doti politiche e presto riuscì a ottenere di governare il regno al fianco del nipote. Con il tempo le tensioni tra i due crebbero e nel 1047 Magnus morì in circostanze poco chiare. In questo modo Harald ottenne la sospirata corona e prese il titolo di Harald III Sigurdsson. I sudditi danesi di Magnus I non accettarono Harald come successore e si sollevarono contro di lui, offrendo il trono di Danimarca a Svend II. Nei successivi dodici anni di regno Harald bagnò di sangue le coste della Norvegia e della Svezia, eliminando qualunque presenza danese.

Harald III di Norvegia rappresentato in una miniatura del XIII secolo


Nel 1066 Harald volse lo sguardo all’Inghilterra. Le isole britanniche erano state l’obiettivo di numerose spedizioni nordiche fin dal V secolo e approfittando dell’esistenza, in passato, di un regno danese-inglese-norvegese, Harald reclamò il trono inglese. Raccolse trecento drakkars, le sue veloci imbarcazioni, per affrontare le truppe anglosassoni del re Aroldo II d’Inghilterra. Dopo svariate scaramucce e saccheggi, il 25 settembre l’esercito di Harald III si diresse verso York con l’intento di riproporre la strategia militare usata dai vichinghi per più di due secoli: risalire il corso dei fiumi con le loro navi e apparire d’improvviso sulla terraferma, ottenendo rapide vittorie che gli permettevano di dedicarsi liberamente al saccheggio.

Avendo lasciato la metà dell’esercito a Ricall, un paesino a sei chilometri dallo Yorkshire, Harald e un fratello di Aroldo, Tostig (che appoggiava l’esercito norvegese), constatarono che le forze inglesi erano superiori alle loro. Mentre l’esercito anglosassone si avvicinava all’accampamento di Harald, situato sull’altra sponda del Derwent, a Stamford Bridge, questi arringò le sue truppe dicendo: «In battaglia non dobbiamo mai nasconderci dietro gli scudi. La mia armatura mi dice: alza la testa, dove la spada incontra il cranio». Detto questo, mandò un contingente dell’esercito a combattere gli anglosassoni mentre lui e il resto dei soldati guadagnavano tempo per disporsi in formazione.

Nella feroce battaglia che ebbe luogo a Stamford Bridge, Harald fu aiutato da un gigantesco berserker, ma malgrado ciò morì colpito da una freccia

In questa battaglia svolse un ruolo preponderante un gigantesco berseker norvegese, al cui fianco lo stesso Harald (alto più di due metri) sembrava un nano. I berserker erano guerrieri vichinghi d’élite, che pare combattessero mezzi nudi e facessero uso di allucinogeni per migliorare lo slancio guerriero. Questo enorme berserker difese il ponte per un’ora, ammazzando tutti coloro che incrociava sul suo cammino e senza soccombere alle frecce nemiche. Durante lo scontro un guerriero anglosassone riuscì a posizionarsi sotto il ponte passando dal fiume nascosto in un barile e, attraverso una fessura tra le assi, colpì con una lancia il gigante, che crollò a terra. Per gli anglosassoni fu l’inizio della rimonta, ma la resistenza dell’eroe aveva dato il tempo ai suoi compatrioti (che erano stati presi di sorpresa) di organizzare una linea di scudi che gli anglosassoni faticarono molto a sfondare. Dopo la morte del gigante norvegese e quella dello stesso Harald III, colpito alla gola da una freccia, il re Aroldo II ottenne un’effimera vittoria. Sarebbe infatti stato vinto il 14 ottobre dello stesso anno dal normanno Guglielmo il Conquistatore nella battaglia di Hastings.


La battaglia in un dipinto del norvegese Peter Nicolai Arbo (1831–1892)


Un eroe nazionale dimenticato sotto una strada

Un anno dopo la sua morte a Stamford Bridge, il corpo di Harald fu portato in Norvegia e seppellito nella cattedrale di Nidaros (Trondheim). Cento anni dopo la sepoltura i suoi resti furono trasferiti al priorato di Helgeseter, che venne demolito nel XVII secolo. Il 25 settembre 2006, 940 anni dopo la morte di Harald III, la rivista norvegese Aftenposten pubblicò un articolo denunciando lo stato miserevole in cui versavano le antiche sepolture reali di Norvegia, inclusa quella di Harald III che, secondo certi documenti, si troverebbe sotto una strada costruita in corrispondenza dell’antico monastero. Il giorno dopo il comune di Trondheim rivelò che avrebbe valutato la possibilità di esumare il corpo del monarca e di trasferirlo nuovamente alla cattedrale di Nidaros, dove si trovano altri nove re norvegesi, tra cui Magnus I il Buono e Magnus II Haraldsson, il predecessore e il successore di Harald. Un mese dopo fu annunciato che la proposta di riesumazione era stata scartata. Sembra dunque che, per ora, Harald dovrà proseguire il suo riposo sotto la strada, in attesa di tempi migliori…


lunedì 19 settembre 2022

Nel Medioevo i cavalieri dovevano essere gentili con i contadini?



Sì, soprattutto se voleva entrare nei loro pantaloni (anche se le donne medievali di classe inferiore generalmente non portavano i pantaloni). Vide una bella figlia di conciatori che immergeva pelli di animali nell'acqua. Aveva sollevato la gonna. Al duca piacque ciò che vide. Mandò un soldato a prenderla. Disse che sarebbe andata al castello del duca se avesse cavalcato il cavallo del soldato. Il soldato era d'accordo. Ha preso in prestito un bel vestito. Poi montò sulla sella laterale del cavallo del soldato. Lei e il duca fecero sesso e fu concepito il futuro Guglielmo il Conquistatore, re d'Inghilterra.


domenica 18 settembre 2022

Le donne si depilavano mai nel Medioevo?

Sì, ma non negli stessi punti o per le stesse ragioni per cui la maggior parte delle persone si rade oggi. La maggior parte delle persone si copriva dal collo in giù e di solito le donne si coprivano anche i capelli, quindi non c'era motivo di radersi le gambe o le braccia: le donne probabilmente avevano molti peli sul viso e per un certo periodo si rasavano regolarmente la testa e la fronte, producendo una fronte estremamente alta. Sulla fronte nuda, a volte, applicavano anche del trucco di biacca.


Le prostitute a volte si spingevano oltre e si depilavano la vulva. Queste piccole statue sono state collocate nella ricostruita Porta Tosa a Milano. È la porta attraverso la quale Federico I Barbarossa attaccò e saccheggiò la città.




Secondo la tradizione, la statua raffigura la giovane prostituta che fermò l'attacco dell'esercito di Federico rasandosi il pube in bella vista, oppure la moglie di Federico che si comporta come una prostituta.


sabato 17 settembre 2022

Un orgoglio nazionale che in realtà era una cattiva persona

Cristoforo Colombo oggi è considerato un orgoglio nazionale, una delle figure di spicco che rappresentano l'italia nel mondo.



Pochi sanno però che fu arrestato nell’ottobre 1500, nel Nuovo Mondo, insieme ai suoi fratelli Bartolomeo e Diego.

L’accusa era quella di malgoverno nell’amministrazione dell’isola di Hispaniola, con tanto di ripetute violenze a danno dei locali: fu infatti imputato sia d’incompetenza sia di tirannia.

A eseguire l’arresto fu Francisco de Bobadilla, inquisitore reale giunto dalla Spagna proprio per indagare sulle cattive condizioni in cui versava l’isola, dove erano stati segnalati numerosi tumulti.

Colombo, assieme ai due fratelli, fu condotto in catene in Spagna, dove nel 1501 i sovrani Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona, suoi finanziatori, lo privarono della carica di viceré.

Decisione senza ripercussioni: non solo lo lasciarono in libertà, ma gli finanziarono, nel 1502, un nuovo viaggio transoceanico.


venerdì 16 settembre 2022

Un rito bizzarro che era svolto durante i funerali britannici

Nel XVIII e XIX secolo, in Gran Bretagna, quando una persona moriva si svolgeva un rito per liberarla dai peccati.



Per garantire un sereno riposo al dipartito, i suoi cari interpellavano un mangiatore di peccati, un “professionista” che attraverso un rituale avrebbe incanalato su di sé tutte le colpe della persona morta.

Sul petto del defunto/a veniva posto del pane, che si riteneva in grado di assorbire letteralmente i peccati.

Il professionista si sedeva di fronte al cadavere e, al cospetto dei familiari, lo mangiava lentamente. Alla fine del rito, dichiarava che il riposo del defunto poteva avere inizio.

Il compenso per lavare la coscienza di innumerevoli persone passate a miglior vita era di circa quattro pence, che oggi corrisponderebbero a una manciata di euro.

Solitamente i mangiatori di peccati erano persone senza scrupoli, che approfittavano delle paure popolari, e si fiondavano nelle case in lutto non appena arrivava notizia di un decesso.


martedì 13 settembre 2022

Quale pratica estrema subivano i cadaveri dei crociati?

Per motivi “sanitari”, durante le Crociate si ricorreva a una pratica estrema per riportare a casa i resti dei cavalieri cristiani.



Venivano cotti a bagnomaria e scarnificati.

Ci furono due famosi sovrani che ebbero questo meraviglioso trattamento: Federico Barbarossa e Luigi IX.

Il primo affogò durante la terza crociata nel 1190, guadando un fiume in Cilicia.

Il secondo morì durante l’ottava crociata a Tunisi nel 1270.


lunedì 12 settembre 2022

L'essere umano più vile della storia


Contessa Elizabeth Báthory de Ecsed


Conosciuta come "La contessa del sangue" e "Contessa Dracula", Elizabeth Báthory è considerata la più prolifica serial killer della storia, con oltre 650 omicidi direttamente attribuiti al suo nome.


Lo stemma dei Báthory
Possedendo il titolo di contessa, Báthory proveniva da una famiglia nobile ungherese molto influente. Era conosciuta come una donna intelligente e studiosa, e all'inizio era molto popolare tra i suoi sudditi. Nel 1575, all'età di 15 anni, sposò Ferenc Nádasdy, figlio di un barone. Più di 4.500 invitati presenziarono al loro matrimonio a Varannó.
Suo marito trascorreva gran parte del suo tempo a studiare a Vienna, lasciando Elizabeth da sola. Lei fece del castello di Čachtice nell'attuale Slovacchia la sua casa.
Anni dopo, avvicinandosi alla mezza età, Elizabeth iniziò a sperimentare scatti d'ira e scoppi di rabbia. Si rivolgeva contro le sue giovani servitrici. La leggenda narra che iniziò il suo bagno di sangue quando prese a pugni una serva maldestra che, spazzolandole i capelli, tirò un po' troppo forte. Il sangue gocciolava dal naso della ragazza, ed Elizabeth si rese conto di poter mantenere la sua giovinezza con il sangue delle vergini.
E così iniziò il terrore che durò più di vent'anni. A poco a poco, centinaia di ragazze assunte per lavorare nel castello di Elizabeth scomparvero, e mai più se ne sentì parlare. Il villaggio cominciò a diventare sospettoso, ma a causa dello status di Elizabeth c'era ben poco che potessero fare.
Infine, il sospetto riguardo alle sparizioni arrivò al re ungherese, che richiese un'indagine. Gli uomini del re arrivarono al castello in Transilvania e esigettero di vedere le stanze sotterranee private di Elizabeth. Ciò che fu dissotterrato era agghiacciante.
Sotto il suo castello, Elisabetta gestiva un'enorme ed elaborata camera di tortura. Con l'aiuto di alcuni collaboratori chiave, due dei quali erano i presunti amanti di Elizabeth, imprigionava le sue servitrici ed eseguiva terribili procedure per estrarre il loro sangue.
Le prime vittime della Báthory furono le figlie adolescenti dei contadini locali, molte delle quali furono attirate a Csejte da offerte di lavoro ben pagato come ancelle nel castello. Più tardi, si dice che abbia iniziato a uccidere le figlie della nobiltà minore, mandate dai genitori al gineceo per imparare il galateo di corte. Si diceva che siano avvenuti anche rapimenti. Le atrocità descritte con più consistenza includevano violenti pestaggi, ustioni o mutilazioni delle mani, morsi alla carne dei volti, delle braccia e di altre parti del corpo, congelamento o morte per fame. Anche l'uso di aghi fu menzionato dai collaboratori in tribunale. La più durevole delle accuse fu che Elizabeth facesse il bagno nel sangue di giovani vergini alla sua corte per mantenere il suo aspetto giovanile, e questa accusa è la causa del suo soprannome.
Alcuni resoconti suggeriscono anche che Elizabeth si divertisse a giocare a giochi che finivano con la morte delle sue serve, per esempio vedere per quanto tempo una serva nuda poteva rimanere in vita camminando su laghi congelati in inverno.
Si dice a volte che Elizabeth sia stata colta in atto di tortura dagli ispettori in visita, ma ci sono poche prove a sostegno di questo.
Inutile dire che il re non rimase ben impressionato. A causa della sua condizione sociale, Elizabeth non poteva venire sottoposta a punizioni severe, ma fu immediatamente posta agli arresti domiciliari. Poco dopo, al suo processo, oltre 300 testimoni parlarono delle atrocità che l'avevano vista commettere, e alcuni sostennero addirittura di averla vista farsi il bagno nel sangue. Numerosi resti scheletrici scoperti servirono come prove per il caso. Tre dei suoi complici furono condannati a morte e Báthory fu imprigionata nel castello di Csejte e messa in isolamento. Sarebbe morta lì nel 1614.
Oggi, Elizabeth Báthory è una delle più (tristemente) famose ungheresi della storia, e numerosi libri, programmi televisivi e film sono stati realizzati sulla sua vita contorta.
Per la sua pura crudeltà e le sue tendenze vampiriche, è la mia scelta come persona più ignobile della storia.