mercoledì 31 agosto 2022

Come sono state gestite le mestruazioni in epoca medievale


Le donne medievali, come probabilmente già saprai, non indossavano la biancheria intima o almeno non avevano un indumento come le mutande. Il cambio di una donna ha funzionato come la sua biancheria intima. La sua funzione era quella di proteggere l'abito esterno da olii e macchie.
Quando una donna aveva le mestruazioni, usavano un indumento che assomigliava a un fondo bikini.


Questo capo sarebbe foderato di stracci. Se la donna era molto povera, potrebbe essere foderata con muschio o altra fibra assorbente. La maggior parte delle donne avrebbe riciclato gli stracci dopo l'uso e li avrebbe conservati per l'utilizzo del mese successivo.



martedì 30 agosto 2022

Le armature medievali femminili erano fatte appositamente per le donne, o semplicemente indossavano una taglia più piccola?




 

Le armature medievali avevano uno spesso strato di imbottitura sotto il pezzo di petto, e di solito erano un po' rialzate al centro in modo che i colpi al torso si spostassero di lato. Era progettata per massimizzare la protezione pur permettendo il movimento necessario.

Se una donna indossava un'armatura di piastre - un evento che si verificava una volta ogni morte di papa - i seni piccoli non sarebbero stati nemmeno un problema, e quelli grandi sarebbero stati probabilmente pressati nella stessa forma, come il reggiseno sportivo. Qualsiasi armatura con due forme di seno distinte avrebbe un avvallamento tra loro, perfettamente progettato per catturare una lama o una lancia in arrivo e indirizzarla direttamente al cuore.

L'armatura era per la protezione, non per la moda.




lunedì 29 agosto 2022

La più devastante guerra tra famiglie reali


Sicuramente la storia europea è piena di guerra tra famiglie reali contendenti e guerre dinastiche tra eredi.
Tuttavia io ne individuo una che è molto particolare per la storia in sé, e che ha ispirato anche molte serie televisive, tra cui anche il Trono di Spade, sto parlando della Guerra delle Due Rose.


La Guerra delle Due Rose fu una sanguinosa e violenta lotta dinastica, iniziata nel 1455 e terminata del tutto solo nel 1485, quando finalmente la dinastia dei Lancaster trionfò sui duchi di York e ciò portò all’unione delle due case e all’ascesa della dinastia Tudor.
Senza dilungarmi troppo, ti confermerei che tutto iniziò quando Enrico VI, un Lancaster, diventò re d’Inghilterra nel 1422 all’età di soli nove mesi. Suo padre Enrico V era stato un abile stratega, e grazie a lui il giovanissimo re godeva di pretese sul trono di Francia. Per rinforzarle, nel 1445, sposò Margherita d’Angiò, un’ambiziosa nobildonna francese.
Per capire il periodo storico bisogna tenere presente che Enrico VI, a differenza del padre, non aveva un carattere forte, e soffriva occasionalmente di crisi di pazzia. Nel corso del suo regno non riuscì mai a tenere sotto controllo la bellicosa nobiltà inglese, all’epoca un gruppo di potenti magnati abbastanza ricchi da poter sollevare eserciti. Oltre ad esercitare un controllo effettivo sul territorio inglese, questi nobili partecipavano anche al governo del paese attraverso il consiglio reale.
Lo scarso potere effettivo del re lo portò presto a perdere gran parte dei suoi possedimenti in Francia, mentre in Inghilterra dilagava la corruzione ed il popolo era sottoposto a tassazioni elevatissime.
Nel 1450, esasperati, i contadini ed i possidenti del Kent, guidati da un tale Jack Cade marciarono fino a Londra portando una serie di istanze al re.Tra queste c’era il ritorno di Riccardo, duca di York, un lontano parente del re che era stato esiliato in Irlanda tre anni prima: si trattava in effetti di un pericoloso pretendente al trono poiché suo nonno materno Ruggero Mortimer, nel lontano 1385, era stato designato erede al trono da re Riccardo II.
Con l’approvazione del consiglio reale inglese, però, Ruggero Mortimer era stato scavalcato da Enrico IV di Bolingbroke, l’ambizioso uomo che aveva portato i Lancaster al trono nonché il nonno di Enrico VI. Per il momento, la ribellione venne sedata e Jack Cade ucciso, ma ormai Riccardo di York era tornato in Inghilterra.
Nel 1453 la salute mentale del re, che aveva da poco superato i 30 anni, peggiorò improvvisamente. Da quel momento il re, che soffriva di amnesie, catalessi e allucinazioni, alternerà fasi di coscienza a fasi di totale incapacità. Una potente lega di baroni comandata dal duca di Warwick nipote del re, approfittò della situazione per nominare Riccardo di York Protettore d’Inghilterra, imprigionando il principale consigliere del re, il duca di Somerset, nella Torre di Londra.
Nel frattempo però era nato Edoardo di Lancaster, figlio del re, che metteva seriamente in dubbio il diritto al trono di Riccardo. Quando Enrico VI si riprese improvvisamente, nel 1455, Riccardo di York venne allontanato dal trono.
I suoi potenti sostenitori, tuttavia, marciarono contro il re a St.Albans.
Durante questa battaglia il re, ferito, venne imprigionato, mentre il parlamento nominava ancora una volta Riccardo di York Lord Protettore. Quanto alla regina Margherita ed al piccolo Edoardo di Lancaster, pretendente al trono, vennero esiliati.
Durante i successivi 4 anni di tregua, la regina Margherita non si diede per vinta, e riuscì a mettere insieme, con l’aiuto dei francesi, una potente armata. Il 23 settembre del 1459, nonostante fosse in netta maggioranza, un’armata dei Lancaster viene sonoramente sconfitta dagli York presso Blore Health.
Mentre Margherita si rifugiava in Scozia in cerca di appoggio, un’altra armata dei Lancaster, stavolta comandata da Enrico VI in persona, sconfisse gli York presso Ludford Bridge nella notte del 12 Ottobre. Per il momento Riccardo tornava in Irlanda.
Pochi mesi dopo, il 10 luglio del 1460, gli York, comandati dal duca di Warwick, riuscirono a catturare Enrico VI, tradito da uno dei suoi generalidurante la battaglia di Northampton.
Col re in suo possesso, il duca di Warwick poteva proclamare Riccardo ed i propri discendenti successori al trono. Enrico VI, non certo nella posizione per opporre resistenza, accettò a condizione di rimanere re fino alla morte. L’accordo venne suggellato dal Parlamento inglese con l’apposito l’Act of Accord.
Nel frattempo Margherita continuava a non darsi per vinta, ed il 30 dicembre, mentre tornava dalla Scozia, i suoi sostenitori sorpresero gli York presso Wakefield Green.
Questa battaglia costò la vita a Riccardo, la cui testa, con sopra una corona di carta, venne esposta al pubblico ludibrio. Ma non per questo gli Yorkrinunciavano al trono: Edoardo di York (1442-1483), il giovane figlio figlio di Riccardo, sconfisse i Lancaster presso Mortimer’s Cross il 2 febbraio 1461. Tornato a Londra, il parlamento depose Enrico VI e lo incoronò re Edoardo IV di Inghilterra (4 marzo).
Nel frattempo i Lancaster riportavano una nuova vittoria nella seconda battaglia di St. Albans, dove Enrico VI, ormai deposto, veniva finalmente liberato e si ricongiungeva con sua moglie. Nel marzo del 1461, in una brutale battaglia presso Towton dobe, morirono circa 28.000 uomini su 50.000, presso Towton, nel Yorkshire Settentrionale, i Lancaster vennero sgominati: Enrico, Margherita ed il loro figlio erano costretti a fuggire in Scozia.
Nel 1465 Enrico viene ancora una volta catturato e rinchiuso nella Torre di Londra.
Mentre Edoardo IV regnava, di fatto sotto il controllo del duca di Warwick, Margherita si era recata in Scozia, e poi in Francia: non intendeva rinunciare al trono di suo marito e di suo figlio.
Nel 1467 le cose tra Warwick ed il nuovo re iniziarono a precipitare, finché il consigliere non venne cacciato, rifugiandosi in Francia, nel 1469. Lì, in cambio dell’appoggio francese, Warwick cambiò decisamente schieramento, promettendo alla sua antica rivale Margherita che Enrico VI sarebbe tornato re.
Con l’appoggio della Francia i Lancaster, stavolta guidati da Warwick, tornarono in Inghilterra. Mentre Edoardo IV era impegnato a sedare una ribellione nello Yorkshire, Warwick riuscì ad entrare a Londra ad ottobre, dove il 13 ottobre del 1470 “reincoronò” e reinsediò Enrico VI sul trono, ormai praticamente un burattino nelle sue mani.
Nel frattempo, Edoardo IV si era rifugiato in Borgogna. Qui, ottenuto il controllo di una flotta, tornò in Inghilterra e sconfisse i Lancaster il 14 aprile presso Barnet, dove Warwick trovò la morte. I Lancaster vennero definitivamente annientati il 4 maggio del 1471 presso Tewksbury, dove Enrico VI e la regina Margherita vennero catturati, e loro figlio ucciso. Edoardo IV era di nuovo re.
Nel 1471 Enrico VI, ormai deposto, morì: non si sa di preciso come, ma è molto probabile che fu fatto assassinare. Margherita nel frattempo tornò in patria, dove morì nel 1482.
Per dodici anni Edoardo IV continuò a regnare, ma nel frattempo i Lancaster si andavano riorganizzando. Riccardo, duca di Gloucester e fratello del re, aveva sposato Anna di Neville, figlia di Warwick e vedova di Edoardo di Lancaster. Alla morte di re Edoardo IV, nel 1483, Riccardo riuscì a far dichiarare illegittimo l’erede al trono, il tredicenne Edoardo V, diventando di fatto re Riccardo III nel 1483.
I figli di Edoardo IV, di dodici e dieci anni, venivano rinchiusi nella Torre di Londra e non furono mai più ritrovati. Riccardo, accusato di averli fatti uccidere, iniziò ad essere disprezzato dagli inglesi.
Nel frattempo Enrico Tudor, un lontano parente dei Lancaster riconosciuto come capo della casata dal 1471, era riuscito a mettere insieme un esercito, ancora una volta con l’appoggio dei Francesi. Dopo un tentativo fallito nel 1483, riuscì a sbarcare presso Bosworth, dove sconfisse e uccise Riccardo III nell’agosto del 1485.
Era l’ultimo capitolo della complessa, sanguinosa e interminabile Guerra delle due rose. Enrico salì al trono come Enrico VII. Dopo l’incoronazione sposò Elisabetta di York, figlia di Edoardo IV e sorella dei due principi spariti. In questo modo le due casate si riconciliavano, ed iniziava per l’Inghilterra una nuova era.




domenica 28 agosto 2022

Perché la peste bubbonica nel XIV secolo ha per lo più risparmiato la Polonia?

Le ragioni potrebbero essere diverse, ma una di queste potrebbe essere l'igiene. Nei paesi slavi erano comuni posti come questo, cioè Łaźnia



Probabilmente tutti conoscono la sua controparte finlandese Sauna o la russa Banya. La łaźnia era molto comune nell'antica Polonia, era usata sia dai principi che dalla gente comune. Lo facevano anche se la chiesa l'ha sempre vista male, vedendola come la fonte del peccato. Quindi il mantenimento dell'igiene potrebbe essere stato uno dei motivi per cui la peste ha aggirato la Polonia.




sabato 27 agosto 2022

I Conquistadores spagnoli erano veramente malvagi o erano semplicemente prodotti del loro tempo

Associazione legittimista Trono e Altare: LA CIVILIZZAZIONE ED ...




La maggior parte dei Conquistadores, incluso Colombo, erano veri e propri bastardi, e un gruppo di figli di puttana, anche per una epoca molto più difficile di oggi, dove tutti affrontavano la morte quotidianamente.
Vivevano come tali e la maggior parte di loro moriva come tale.
Erano spietati. Venivano principalmente da famiglie relativamente benestanti o addirittura da una nobiltà molto bassa, ma di solito erano figli di terzo o quarto grado , con poche prospettive diverse dall'esercito o dal clero.
Quindi andarono in America per tentare la fortuna, furono brutali e divennero lì essenzialmente signori della guerra.
D'altra parte, la società spagnola, anche a quei tempi, veramente non apprezzava affatto molte cose che loro facevano. Hanno fatto un disastro terribile che ha richiesto dai 30 ai 50 anni per essere risolto.
Cortes ha dovuto difendersi dai soldati inviati dal governatore per essere detenuto in più di un'occasione. Pizarro fu ucciso quando i soldati spagnoli andarono a casa sua per trattenerlo. Colombo morì in ignominia; dopo il ritorno del suo terzo viaggio fu tenuto in prigione per sei mesi, a causa delle sue abitudini abusive e non cristiane, e privato del titolo di governatore.
Scesero leggermente, tutti, perché erano brutali bastardi. Ferdinando espresse molte preoccupazioni su questo tipo di persone, non sopportava Colombo. Carlo I mandò una lettera di rimprovero a Pizarro per l'uccisione di Atahualpa. E tante altre cose.
Erano malvagi, d'accordo. Ed erano anche prodotti del loro tempo. Il semplice viaggio in America era un affare molto pericoloso. La quantità di persone che morirono in America è sorprendentemente alta (senza contare la guerra, che per gli spagnoli era la parte meno pericolosa del lavoro, a giudicare dai numeri). Inoltre, i primi 20 e 30 anni, fino quando la terra non era stata domata, il futuro era pieno di incertezza. Era un posto per uomini disperati che sopporterebbero di tutto per farsi un nome.
C'è un altro fatto notevole da trarre: la maggior parte dei conquistadores si recò in spedizioni che, sebbene sanzionate dalla Corona spagnola, erano per lo più occupazioni private, finanziate da ricchi cittadini e nobili, non da un'impresa statale. Questo era anche il motivo per cui erano così disordinati. La Corona spagnola imparò da ciò e negli anni seguenti tutto fu molto più strettamente controllato dalla Corona. Penso che la visione spagnola che lo Stato debba essere grande e autoritario sia iniziata lì.
Fortunatamente, grazie all'azione di alcune persone illuminate, come il frate Bartolomé de las Casas, e il giusto atteggiamento della corona, la situazione è cambiata, il sistema di encomienda è stato eliminato e la popolazione nativa si è completamente integrata nei territori.
Mentre la brutalità dei Conquistadores e del sistema encomienda era terribile, è durata 30 anni, non 300, ed era attiva al momento della minore estensione della Spagna nelle Americhe, per lo più confinata nei Caraibi.
Naturalmente, dopo ciò, ci furono molti periodi duri, ma non molto diversi da quelli che soffrivano gli spagnoli in Spagna. Non è che gli spagnoli (e con questo non intendo solo persone provenienti dall'attuale Spagna, ma anche persone nate nell'anno giusto in Filippine, Sud America, Guyana, ecc ...) non abbiamo sofferto nel corso della storia a causa dei nostri capi. Forse in modi diversi, per epoche e luoghi, ma sono abbastanza sicuro che un Creolo nel Perù del 18 ° secolo si potrebbe tranquillamente paragonare a un ragazzo di Caceres nello stesso anno.


venerdì 26 agosto 2022

Ci furono tentativi di convertire all'Islam l'Impero Bizantino?


Sì. Il Califfato assediò due volte Costantinopoli. Il primo fu dal 674 al 678. Il secondo dal 717 al 718. In entrambi i casi gli arabi furono respinti dal fuoco greco. Un liquido incendiario che secondo gli scrittori sarebbe bruciato sott'acqua. Nel secondo assedio, un esercito si accampò fuori dalle porte. Hanno portato il grano con loro per piantare e far morire di fame i romani. Gli inviati hanno avviato le trattative. I romani convinsero gli arabi che il popolo era pronto a sottomettersi e le fonti di cibo erano scarse. Gli arabi hanno donato il loro grano. Gli inviati tornarono in città e chiusero il cancello. Gli arabi aspettavano e aspettavano. Finché non è arrivato l'inverno. Gli arabi morirono di fame. Alcuni ricorsero a mangiare semi di sterco animale. L'esercito di soccorso fu respinto. Il soccorso navale fu distrutto dal fuoco greco dopo che i suoi equipaggi egiziani cristiani disertarono. Quindi i bulgari attaccarono gli arabi assedianti. Thry si ritirò. Gli ottomani conquistarono la città solo nel 1453.



giovedì 25 agosto 2022

Come facevano le donne del Medioevo per evitare di rimanere incinte?


Prendiamo il pretesto di questa domanda per sfatare un mito: è indubbiamente vero che, nel Medioevo, vigeva a grandi linee una cultura legata alla donna fatta di castità e repressione, ma questo è valido fino a un certo punto. Il piacere sessuale non ha avuto un repentino scollamento rispetto all’età antica; è vero, avvengono importanti cambiamenti culturali, nascono le prime famiglie improntate sul sistema monogamico e residenza neolocale (i due amanti-sposi si trasferiscono in una diversa casa rispetto a quella natale, a differenza del mondo romano, in cui poligamia e residenza patrilocale erano più diffuse). Nonostante ciò, i piaceri degli uomini e delle donne non sono così repressi e socialmente condannati come erroneamente si può pensare. Il mito della donna casta, angelicata, è in parte vero e corrispondente ad una certa età medievale.
I piaceri della carne, seppure non sempre tollerati o ben visti per via della concupiscenza agostiniana, erano parte della società medievale europea. A dimostrarlo, sono le numerosissime iconografie (soprattutto miniaturistiche) pervenuteci, come questa, simpatica:


O questa, dal gusto finemente allegorico del piacere proibito:


Nel Medioevo vi era un rito particolare, utilizzato al fine di esorcizzare e tenere lontano il concepimento, che consisteva nel porre, attaccato alle cosce della donna, un piccolo cappio con appesi dei testicoli, come questo:


Per gli uomini, soprattutto dal basso medioevo (iniziano a spiegarlo le fonti, per quanto riguarda i secoli precedenti è difficile saperlo con esattezza semplicemente perché non ci sono fonti ed essendo i composti che venivano usati per i profilattici biodegradabili, scarsissime se non nulle sono le testimonianze archeologiche) era uso consueto il budello degli animali come copertura del pene.
Per le donne venivano usate specialmente delle sostanze a base di estratti di cipolla ed altre spezie. Venivano ingeriti questi infusi sulla base della credenza che potesse alterare i liquidi corporei e, quindi, limitare la possibilità di concepimento.
Si pensa, inoltre, sempre per le donne, che usassero delle bucce (come quella di arancia) che infilavano all’interno della vagina impedendo allo sperma di entrare.


mercoledì 24 agosto 2022

Com'era vista l'omosessualità nel Medioevo?

 


Nell'europa medievale l'omosessualità a livello legale era definita sodomia, e pertanto quantomeno ufficialmente era condannato dall'intero mondo cristiano. Spesso con la pena di morte. Nel resto del mondo non ne ho idea.

A livello morale sono abbastanza sicuro che fosse vista allo stesso modo in cui è vista oggi. La realtà è che l'essere umano non è cambiato, sono cambiate solo le leggi.

martedì 23 agosto 2022

Qual è la cosa peggiore che una persona ha fatto per amore?

Se siete mai stati innamorati sapete che l'amore può portarci a commettere pazzie per sorprendere e conquistare la persona oggetto della nostra passione, nel corso della storia, le più grandi guerre sono state per amore e religione, oggi ve ne porto una per amore (con un finale un po' strano non sto mentendo).



Nel 1355, il futuro re Pedro I del Portogallo si innamorò di Ines, dama di compagnia di sua moglie Costanza.

Erano così innamorati che lui la sposò in segreto.

Per impedire l'incoronazione di un plebeo, il padre di Pedro, Alfonso IV, ordinò il suo assassinio.

Venendo a sapere come era morta la sua amata, il giovane Pedro prese le armi contro suo padre e la incoronò, già morta, quando divenne monarca.

Il cadavere di Agnese fu adornato con abiti reali e seduto sul trono; tutti i nobili furono obbligati a renderle omaggio come regina del Portogallo, e dovettero baciarle la mano in segno di fedeltà e vassallaggio.

Non vi sto mentendo, la verità è che nonostante la tragedia, è tutto un po' romantico.


lunedì 22 agosto 2022

In che modo Gengis Khan trattava i musulmani durante le sue conquiste?

A Gengis Khan non importava dell'Islam, o di qualsiasi altra religione. Le credenze religiose delle persone non contavano nulla per lui. Ciò che gli importava era se si sarebbero sottomessi al suo governo o si sarebbero opposti con la forza alle sue conquiste.

In un certo senso, l'Impero mongolo fu quindi la prima grande entità a praticare la libertà di religione. Non c'era proselitismo verso i popoli conquistati, non c'erano inquisizioni per sradicare altre religioni. Musulmani, taoisti, indù, cristiani, chiunque fossero, avevano tutti un posto sotto il dominio dei Khan. Finché noniniziavano a resistere, ovviamente. La resistenza tendeva a portare a sfortunati effetti collaterali come massacri su larga scala.




domenica 21 agosto 2022

Perché il re Enrico VIII non ha mai cercato di giustiziare la regina Caterina d'Aragona? L'ha mai voluta morta?

Perché Caterina D'Aragona, a differenza della maggior parte delle mogli di Enrico VIII, era un pezzo grosso.

Era figlia di Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona, Zia dell'imperatore Carlo V d'Asburgo, madre della futura regina d'Inghilterra Maria (anche se per un periodo Maria fu diseredata) un curriculum di tutto rispetto per il tempo.

L'Inghilterra sarebbe stata travolta da una guerra per una ragione futile… trovò una soluzione che lo rese più potente (divenne capo della chiesa) evitando una guerra.



sabato 20 agosto 2022

Qual è la differenza tra un torneo di cavalieri di un film di Hollywood e un vero torneo di cavalieri del Medioevo?

 


La giostra (due cavalieri che si scontrano a cavallo con l'obiettivo di far cadere dalla sella l'avversario) è un'invenzione risalente all'Ottocento; proprio in questo periodo (pre-romanticismo e romanticismo) si riscontrano vari rifacimenti all'arte e letteratura medievale come il neo-gotico per quanto riguarda lo stile delle ville (o meglio castelli) della nobiltà di allora. Anche il rifacimento, per esempio, di James Macpherson all'esaltazione della virtù del cavaliere nei suoi "Canti di Ossian" opera di fine '700 dimostra questo "ritorno di fiamma" circa gli ideali medievali a distanza di secoli. Peccato che le conoscenze tra Sette ed Ottocento erano meno che mediocri e ciò portava spesso ad errori ed enormi inesattezze storiche (come in questo caso la giostra o le varie tecniche di tortura e le miriadi di date sbagliate). Inoltre tra XVIII e XIX secolo l'idea del medioevo mutò radicalmente; mentre nel Settecento era visto dai "philosophes" come un periodo oscuro, nell'Ottocento (ma anche prima) fu totalmente rivalutato e visto come il fantastico periodo storico che è: fucina degli stati nazionali e della moderna Europa.  



venerdì 19 agosto 2022

La vittoria dei crociati più inaspettata

Giunto in Terrasanta nel giugno del 1190 alla guida della Terza Crociata promossa per riprendere Gerusalemme caduta in mano ai musulmani, il sovrano Riccardo Cuor di Leone partecipò alla contesa.



La marcia dei Crociati lungo le sponde del Mediterraneo fu a più riprese funestata da incursioni di contingenti nemici rivolti contro la retrovia.

Lo schieramento mantenne la propria compattezza e raggiunse Arsuf dove Saladino, il comandante dell’esercito musulmano, aveva deciso di sbarrare la strada e impegnare Riccardo in uno scontro campale che ebbe inizio la mattina del 7 settembre 1191.

Nonostante le forze nemiche fossero numericamente preponderanti e più fresche dei cristiani, il sovrano inglese fu abile a mantenere serrato il proprio schieramento riuscendo a resistere alle ripetute cariche, prima della fanteria beduina e in seguito della cavalleria del Saladino.

Riccardo intendeva ritardare ancora l’assalto crociato ma l’insubordinazione di due cavalieri cristiani lo obbligò a mettersi alla testa della carica decisiva che spezzò le fila dei musulmani e conquistò la vittoria.

In seguito Riccardo non riuscì a prendere Gerusalemme ma finì per formare un accordo di tregua con Saladino, che mantenne il controllo della città aprendola però al transito dei pellegrini cristiani.


giovedì 18 agosto 2022

Cosa sappiamo della vita in epoca medievale che molte persone troverebbero scioccante?

 


Di cose da dire ce ne sarebbero a bizzeffe.

Così, d’emblée, mi viene in mente un aneddoto che, quando lo lessi, mi lasciò un po’ basito.

Le leggi religiose, quindi parliamo già del periodo in cui si era poderosamente insediato il cristianesimo, proibivano di praticare sesso in determinati periodi e nei fine settimana: a quanto pare, i legittimi coniugi avevano circa 185 giorni all’anno per copulare, senza contare i giorni di “impurità” della donna (mestruazioni, gravidanza e puerperio). In sostanza, se la moglie restava incinta, il marito rimaneva a secco per quasi un anno.

A tal proposito, un decreto del canonista tedesco Burcardo di Worms nell’XI secolo recitava: “Con la tua sposa o con un’altra ti sei accoppiato da dietro, come fanno i cani? Devi fare penitenza per 10 giorni a pane e acqua. Ti sei unito a tua moglie mentre aveva le mestruazioni? Farai penitenza per altri 10 giorni con pane e acqua. [...] Hai peccato con lei in giorno di Quaresima? Devi fare penitenza 40 giorni con pane e acqua o dare 26 soldi di elemosina; ma se ti è capitato quando eri ubriaco, farai penitenza per solo 20 giorni”.

Tralasciando il linguaggio, oggi sarebbe un pane e acqua costante.

Un altro particolare che ho trovato quanto meno poco pratico è che il tutto andava fatto il più possibile vestiti, mentre i rapporti orali erano assolutamente proibiti e puniti con tre anni di prigione. Tra l’altro, Alberto Magno nel ‘200 pubblicò una lista contenente le posizioni più consone / peccaminose, in cui ovviamente la più casta era il missionario… e pensare che questo tizio è il santo patrono degli scienziati.

N.B.: In questa sede, visto che siamo in argomento, possiamo anche sfatare un mito: lo ius primae noctis non è mai esistito! O meglio, non vi è alcuna fonte che ne confermi la pratica per come la conosciamo noi. Nell’immaginario comune si tratta di una prassi che prevedeva che il proprietario terriero avesse diritto a copulare con le spose, ancora vergini, di ognuno dei propri sottoposti, prima ancora che questi avessero la possibilità di giacere con esse. In realtà, anche quando questa usanza fosse realmente esistita, non si sarebbe trattato di un pagamento in natura, ma di un pagamento in pecunia, accettando il quale il feudatario dava la propria benedizione all’unione.

L’intera concezione che la gente ha del Medioevo è di per sé scioccante, penso che in molti resterebbero stupefatti nel momento in cui fossero portati a ragionare sul fatto che si sta parlando di un periodo di tempo durato dieci secoli (qualcuno in più o in meno a seconda delle specifiche aree) e che per forza di cose racchiude in sé molte pratiche e credenze culturali tra loro antitetiche, tanto che un uomo del Basso Medioevo poteva considerare inconcepibile qualcosa ritenuta la norma qualche secolo prima. Stiamo parlando di un periodo con varie sotto periodizzazioni, è bene tenerlo sempre a mente.

Il Medioevo viene considerata l’epoca buia per eccellenza, non solo per l’arretratezza culturale ma anche per quanto riguarda la mancanza di luce vera e propria, l’oscurità degli ambienti e delle strade. Beh, innanzitutto questa situazione non caratterizza il solo medioevo ma anche i secoli successivi non sono tanto più “luminosi” in tal senso, bisognerà infatti attendere l’elettricità. Fatta questa precisazione, è bene dire che il Medioevo dava invece grande importanza alla luce e al colore, basti pensare ai colori smaglianti dei codici, delle miniature, degli smalti usati per decorare i gioielli, degli arazzi ecc.. Il colore aveva grande importanza soprattutto nel vestiario, era in grado di far risaltare subito all’occhio l’estrazione sociale di un individuo; avremmo avuto quindi vesti dai colori accesi con ricami preziosi per i ricchi e abiti grigio/marrone per via delle fibre di cui erano costituiti per la maggior parte della popolazione. Gli uomini del tempo attribuivano grande importanza in particolare al giallo e quindi all’oro per la luce che promana.

Questo perché la luce è sempre stata associata alla divinità e tutto ciò che veniva considerato bello, doveva anche essere dotato di *claritas*, di lucentezza.

Un aspetto poco conosciuto perché poco indagato dagli stessi storici è quello relativo ai processi agli animali che cominciarono ad essere perpetrati a partire dal XIII secolo. Sì, gli animali erano portati in tribunale e sottoposti a processo come degli esseri umani, venivano imprigionati come degli esseri umani, sottoposti a torture prima dell’esecuzione capitale e vestiti come esseri umani quando erano condotti al patibolo. Questo è un fatto del tutto peculiare del Medioevo ma, nonostante la sua apparente assurdità, nasconde un significato più profondo. Contrariamente a quanto era avvenuto in passato, a partire dai Greci e poi fino ai Romani, gli animali erano considerati degli oggetti e quindi esseri non senzienti. Con il cristianesimo ci si pose il problema se, in quanto creature di Dio, fossero anch’esse destinate a vivere nel regno dei cieli o in qualche altro luogo destinato loro. Di conseguenza erano considerati degli esseri pienamente senzienti, pertanto sottoponibili a processo per i loro peccati, e messi alla berlina così da essere d’ammonimento per gli altri animali che “assistevano” all’esecuzione.

Sembra assurdo ai nostri occhi, eh? Eppure penso che anche ai nostri giorni potremmo trovare qualcosa di altrettanto scioccante da reggere il confronto.

Sappiamo parecchio su quell’età, da molte testimonianze, anche se nessuno di noi ha mai vissuto in quell’epoca e quindi non può rendersene conto di persona. Le ultime ricerche storiche e sociologiche mostrano come si vivesse meglio di quanto non si credeva in passato, quando il medioevo era considerato un’epoca di barbarie. Certamente la durata della vita era minore e c’era rischio di fame e pestilenze, ma non c’erano le attuali minacce all’ambiente, né gli armamenti sofisticati di oggi, che possono distruggere il pianeta. Inoltre c’era una profonda fede diffusa sia tra i nobili che nel popolo, sia pure con tutte le superstizioni e credenze possibili, per cui si accettava la morte come un passaggio più o meno naturale verso l’aldilà, ben sapendo che l’anima era eterna e immortale. Un’opera che tutti un poco conosciamo è la Divina Commedia di Dante, che, a mio avviso, bene esprime la mentalità e la cultura medioevale con la sua profondità di pensiero e anche i suoi limiti e interpretazioni.



mercoledì 17 agosto 2022

Se ferito in una battaglia medievale, realisticamente quali erano le tue possibilità di sopravvivenza?

 



Scarse. Quasi sempre erano le infezioni successive alle ferite che provocavano la morte, ma questo non solo in epoca medievale anche molti secoli dopo malgrado qualche progresso della medicina.

Se non si sviluppa tetano, cancrena o sepsi, o se gli organi interni o il cervello non sono stati danneggiati, abbastanza bene. I soldati sono noti per essere sopravvissuti alla perdita di un arto - Götz von Berchlicingen è l'esempio principale - e protesi e sedie a rotelle erano note già nel Medioevo.


martedì 16 agosto 2022

Papa Borgia fra Potere, Lussuria e la sua Leggenda Nera.

Dici Borgia e subito viene la pelle d’oca. In particolare quando si parla di Rodrigo Borgia – divenuto papa con il nome di Alessandro VI – e dei due figli Cesare eLucrezia, tacciati di orrendi peccati: “Su di loro sono stati versati fiumi non d’inchiostro, ma di fiele”, scrisse Roberto Gervaso in un suo libro dedicato alla famiglia più tristemente famosa del Rinascimento.


La Famiglia Borgia – Dante Gabriel Rossetti, 1851


Certo è che, a partire dai contemporanei e fino ai giorni nostri, fiumi d’inchiostro corretto al fiele (prima in innumerevoli libri e poi in film e sceneggiati televisivi) hanno spesso manipolato una verità storica – difficile da rintracciare tra le tante “maldicenze” – non certo esemplare dal punto di vista etico e morale, ma nemmeno tanto diversa dal costume dell’epoca e dalla condotta politica di altri sovrani, papi compresi.


Stemma della Famiglia Borgia


Ma tant’è, ormai la leggenda nera sui Borgia è difficile da estirpare, perché “sangue e sesso nel XV-XVI secolo” sono argomento di più sicuro interesse rispetto a una noiosa disamina storica degli eventi che portarono al soglio pontificio Rodrigo Borgia e alle conseguenze del suo – quello sì innegabile – sfrenato nepotismo.


Alessandro VI


E quindi, per parlare di sangue, sesso e nepotismo (vizi comuni a tutte le epoche storiche) senza allontanarsi molto dal tempo dei Borgia, basta risalire a papa Callisto III – sul trono pontificio dal 1455 al 1458 – zio materno di Rodrigo Borgia.


Tutta un’altra pasta rispetto al nipote: morigerato nei costumi – non solo perché diventa papa ormai ottantenne e gode di poca salute – ha però quel vizio di voler conferire ai suoi parenti incarichi ecclesiastici e di governo: nel 1456 nomina cardinali i nipoti Luis Juan de Milá e Rodrigo Borgia (entrambi appena venticinquenni), mentre vorrebbe addirittura mettere sul trono del Regno di Napoli – ma muore prima di riuscirci – un altro nipote, Pedro Luis, fratello di Rodrigo, al posto di Ferrante d’Aragona. Tutto questo per dire che neppure un pontefice austero com’è considerato Callisto III è esente da quel deleterio, e pare inestinguibile vizio, che è il nepotismo.

Comunque, dei vari nipoti favoriti da Callisto III solo Rodrigo rimarrà nella storia come perfetto esempio di esecrabili vizi che poi in politica – semplificando il pensiero di Machiavelli – diventano virtù: inganno, menzogna, simulazione, contraddistinguono tutto l’operato di Rodrigo, che va ben oltre il concetto di nepotismo. Divenuto papa, non si accontenta di elargire cariche remunerative e porpore prestigiose, ma insegue il sogno di creare uno stato, anche a discapito della Chiesa, dove avrebbe regnato il figlio Cesare.


Roderic Llançol de Borja, più noto come Rodrigo Borgia

Rodrigo vede la luce in un imprecisato giorno di gennaio del 1431, a Xàtiva, nel Regno d’Aragona. La famiglia è nobile, sia da parte di padre sia di madre, ma la persona artefice del suo successo è sicuramente lo zio materno, Alfonso de Boria y Cabanilles (poi papa Callisto III), che gli spiana la strada nella carriera ecclesiastica: da sacrestano della cattedrale di Valencia – a soli 14 anni – a canonico in tre diverse importanti chiese madri della Spagna. Il che significa, soprattutto, poter contare su ingenti entrate che gli consentono di studiare in Italia, prima a Roma e poi nel prestigioso Studium di Bologna, dove si laurea brillantemente in diritto canonico, nel 1456, quando lo zio lo aveva già nominato cardinale da alcuni mesi.

Proprio quando il potente parente sale al soglio pontificio, il lungimirante Rodrigo preferisce adottare il cognome della madre, Borja appunto, lo stesso dello zio, che lo aveva italianizzato in Borgia.

La carriera di Rodrigo sembra, anzi è, inarrestabile: vescovo a Valencia, cardinale diacono della chiesa romana di San Nicola in Carcere e, ciliegina sulla torta, vicecancelliere di Santa Romana Chiesa – dal 1457 – dopo che riesce a porre fine a una rivolta scoppiata ad Ancona. L’incarico non è solo prestigioso per il potere che conferisce, è anche oltremodo remunerativo, tanto che Rodrigo se lo terrà ben stretto per i successivi trentacinque anni – fino a che non diventa papa – anche quando naviga in acque perigliose sotto Pio II, che lo trova arrogante e troppo libertino, o deve contrastare l’ostilità del cardinale Giuliano Della Rovere, poi papa Giulio II.


Papa Giulio II – Raffaello Sanzio, 1511


Vale la pena spendere due parole sul più che celebre Giuliano della Rovere, che quanto ad ambizione non è certo secondo a Rodrigo – sarà ricordato come il Papa Guerriero, più affascinato da Giulio Cesare (a cui si ispira per il nome da pontefice) che da San Pietro – e nemmeno quanto a fortuna familiare, visto che anche lui viene nominato cardinale da uno zio pontefice, Sisto IV. Se poi si va a sbirciare nei suoi vizi privati, oltre ad aver messo al mondo una figlia illegittima (Felice della Rovere), a dar retta ai suoi contemporanei, pare che il papa guerriero amasse molto “il tenir a bocha il fiasco”, e non mancasse mai di portarsi dietro “li suoi ganimedi, id est alcuni bellissimi giovani”, come il povero Francesco Alidosi, suo favorito, ucciso a Ravenna da Francesco Maria della Rovere, duca d’Urbino, che lo accusava di tradimento in favore dei francesi.


Raffaello, probabile Ritratto del cardinale Alidosi, 1510/1511


Giulio II viene però ricordato principalmente per il suo mecenatismo, e certo aver ingaggiato artisti del calibro di Michelangelo, Raffaello e Bramante è una giustificazione più che convincente. D’altro canto, i pettegolezzi sui comportamenti privati di personaggi storicamente così importanti non sono citati solo a fini scandalistici, ma a dimostrazione di una tesi sostenuta ormai da molti storici, ovvero che Alessandro VI era semplicemente un uomo del suo tempo.

Quando muore lo zio Callisto III, Rodrigo è ancora troppo giovane per poter aspirare al soglio pontificio, che viene assegnato al cardinale Piccolomini, papa Pio II, che mal lo tollera ma non può togliergli il cancellierato perché ha favorito la sua elezione.

Ancora nei due successivi conclavi, nel 1464 e 1471, Rodrigo preferisce rimanere in attesa: si avvicendano papa Paolo II, Sisto IV, e poi a sorpresa, nel 1484 viene eletto Innocenzo VIII, che ha la meglio sui due contendenti più favoriti, Borgia e Della Rovere appunto: i cardinali, non potendo arrivare ad un accordo, scelgono un papa “di transizione”, non anziano ma cagionevole di salute, e soprattutto dotato di poco carisma ma anche, pare, di un’avidità sconfinata, tutta volta ad assicurare un tenore di vita principesco ai suoi sette figli.


Innocenzo VIII


Nel frattempo anche Rodrigo mette al mondo numerosi figli: dei primi tre – Pier Luigi, Isabella e Girolama – non si conosce la madre, mentre i successivi quattro – Cesare, Juan, Lucrezia, Goffredo – sono il frutto di una lunga relazione con una locandiera romana, Vannozza Cattanei, amante ufficiale del cardinale per oltre 15 anni.


Ritratto di Vannozza Cattanei

Lei è, a detta dei contemporanei, bellissima e sensuale, una donna dal fascino irresistibile, tra le cui braccia sembra finalmente calmarsi il fin troppo focoso Rodrigo, che deve comunque maritarla a qualcuno di sua scelta per preservarne l’onore. Anche quando la relazione finisce, e la donna trova un solido affetto nell’ultimo marito (il quarto) scelto per lei da Rodrigo, il rapporto tra i due rimane improntato a grande rispetto, basato sull’amore incondizionato verso i figli. Figli che, tuttavia, dopo l’ascesa di Rodrigo al soglio pontificio, saranno sempre più allontanati dalla madre per spianare la strada alle mire politiche del padre.


Presunto ritratto di Giovanni Borgia

Goffredo Borgia.


Morto Innocenzo VIII, il 25 luglio 1492, si riapre la lotta tra i possibili canditati, che sono tre: Rodrigo Borgia, Ascanio Sforza e, ovviamente, Giuliano Della Rovere. Pare che alla fine lo Sforza si sia fatto comprare da Rodrigo con la promessa (mantenuta), tra gli altri benefici, della nomina a vicecancelliere.

L’11 agosto 1492 Rodrigo Borgia, a 61 anni d’età, diventa infine il nuovo Pontefice, con il nome di Alessandro VI.


Alessandro VI

Come papa, Alessandro VI non avrebbe potuto lasciare dietro di sé una fama peggiore, nemmeno se lo avesse voluto. Certo è un libertino che mette al mondo tanti figli, porta all’eccesso il peccato di nepotismo, e sulla sua elezione pesano le accuse di simonia, ma sono tutti peccati dai quali non sono esenti molti, se non tutti, i pontefici dell’epoca, compresa una relazione amorosa iniziata dopo la nomina a papa. Alessandro perde letteralmente la testa per la giovanissima Giulia Farnese, detta per questo la Sponsa Christi, quando è già salito sul trono di Pietro.

Allora, perché nasce la leggenda nera dei Borgia?

Intanto perché loro, spagnoli d’origine, sono considerati degli arrampicatori a caccia di potere e ricchezza in un paese che non è il loro, e su questo nessuno può avere nulla da obiettare. Non solo Alessandro VI distribuisce cariche, feudi e benefici ai membri della sua famiglia, ma vuole costruire un regno indipendente da lasciare a Cesare, e per questo intriga, inganna, manipola e usa i suoi figli, in particolare la sventurata Lucrezia, passata alla storia come avvelenatrice, oltre che amante incestuosa del padre e del fratello Cesare.


Questa storia dell’incesto viene messa in giro dal primo marito di Lucrezia – Giovanni Sforza, signore di Pesaro e Gradara (un feudo papale) – accusato dal suocero di impotenza per consentire nuove e più proficue nozze della figlia con Alfonso di Bisceglie, figlio illegittimo del re di Napoli Alfonso II, in una visione politica antifrancese.

Neanche a dirlo, dopo aver tentato di resistere, Giovanni Sforza è costretto ad accettare l’annullamento del matrimonio oltre che firmare una dichiarazione dove ammette la sua impotenza, tanto che Lucrezia viene dichiarata “Virgo intacta” senza nemmeno dover sottostare a un controllo medico. Ma intanto, il leggero vento della maldicenza sui rapporti incestuosi dei Borgia inizia inarrestabile a soffiare.

Presunto ritratto di Lucrezia Borgia nella Disputa di Santa Caterina del Pinturicchio


Mentre si preparano le nuove nozze, Lucrezia forse resta incinta di un servitore spagnolo che, guarda caso, viene poi trovato annegato nel Tevere, fatto probabilmente assassinare da Cesare per non mettere a rischio il matrimonio della sorella. Che la faccenda risponda o meno a verità, nessuno può dirlo, fatto sta che le voci di un parto di Lucrezia si rincorrono proprio quando nasce l’Infans Romanus, Giovanni Borgia, ufficialmente il penultimo figlio di Alessandro VI e di donna sconosciuta.

Comunque sia Lucrezia infine sposa Alfonso, “l’adolescente più bello che si sia visto a Roma”, e se ne innamora anche. Intanto però Cesare, che aveva rinunciato alla porpora cardinalizia anche a seguito della morte violenta del fratello Juan – tanto arrogante e inetto quanto in cima alle preferenze di Alessandro – spariglia nuovamente le carte perché sfumano le sue nozze con la figlia di Federico I di Napoli, e lui ripiega sulla nobildonna francese Charlotte d’Albret, che non è cosa di poco conto: ora i Borgia sostengono le mire di Luigi XII sul regno di Napoli e sul ducato di Milano. Rassicurata dal padre, dopo un periodo di separazione, Lucrezia e Alfonso tornano a Roma, ma il giovane napoletano è visto come un pericolo da Cesare, che al secondo tentativo riesce a farlo ammazzare.

Ritratto di Cesare Borgia in età giovanile

Non sapremo mai se Lucrezia abbia perdonato il padre e il fratello per averle assassinato il tanto amato marito, fatto sta che comincia a prenderne le distanze e dopo aver rifiutato diversi pretendenti (“perché i miei mariti sono malcapitati”), accetta di sposare Alfonso d’Este, che appartiene a una delle più antiche famiglie nobili d’Italia. Il 6 gennaio 1502 Lucrezia lascia Roma sotto una nevicata purificatrice, presagio della sua nuova e più tranquilla vita a Ferrara.


Ritratto di un gentiluomo”, tradizionalmente ritenuto essere Cesare Borgia


Nel frattempo Cesare, con le sue conquiste in terra di Romagna e nelle Marche, non delude il padre che lo nomina duca di Romagna. Lui, detto il duca Valentino (dal titolo francese di duca di Valentinois), certo si macchia di molti delitti, tanto che gli stessi comandanti di ventura ai suoi ordini tramano contro di lui, per non essere “uno a uno devorati dal dragone”. Alla fine però mal gliene incoglie, e vengono tutti uccisi, a Senigallia, durante un banchetto che doveva essere di riconciliazione: insomma i traditori abboccano al tradimento di chi, quanto a campione d’inganni, non era secondo nemmeno a suo padre. Intanto a Roma, all’inizio del 1503, Alessandro VI è in difficoltà, perché la sua spudorata politica di accaparramento dei beni delle famiglie nobili romane non può essere più tollerata. In particolare gli Orsini, quando viene ucciso il cardinale Giovanni Battista, organizzano una rivolta che, neanche a dirlo, finisce con la loro sconfitta, grazie all’intervento di Cesare.


Papa Alessandro VI, dettaglio della Resurrezione, Sala dei Misteri (appartamento Borgia)


E’ l’ultima vittoria dei Borgia: il 18 agosto di quell’anno Alessandro VI muore, forse di malaria, forse avvelenato nel tentativo di avvelenare il suo ospite, il cardinale Adriano da Corneto.

Con la sua morte finisce anche la parabola ascendente del figlio Cesare, costretto alla fine a riparare in Spagna, tradito dal nuovo papa Giulio II, che pure lui aveva appoggiato nel conclave. Insomma, alla fine i traditori finiscono sempre traditi…

Cesare Borgia ritratto da Dosso Dossi – 1518/1520 circa


Molto altro si potrebbe raccontare sui Borgia, come la triste storia della sepoltura sia di Alessandro sia di Cesare, finito addirittura in terra sconsacrata – e vicino a una discarica – durante il periodo dell’inquisizione, oppure della vicenda del loro acerrimo nemico Girolamo Savonarola, finito prima impiccato e poi arso sul rogo in quel di Firenze per volontà di Cesare e contro il parere di Alessandro. Ma queste sono davvero altre storie…

E’ più interessante forse tirare le somme sul perché, tra tanti altri personaggi non proprio di specchiata virtù, proprio ai Borgia sia rimasta appiccicata questa triste fama, dura a morire.

Lo storico del Rinascimento Alexander Lee, dell’Università di Warwick, individua tre cause ben collegate fra loro: l’origine spagnola della famiglia, che come tale viene assimilata a quel pensiero negativo sulla Spagna, nato proprio nella metà del ‘500 e che poi prenderà il nome di Leyenda Negra. Un preconcetto difficile da estirpare, propagandato un po’ in tutta Europa anche da filosofi del calibro di Immanuel Kant; il secondo motivo è l’estraneità: nel Rinascimento (e non solo, verrebbe da dire) il papato viene di diritto considerato come di esclusivo appannaggio dell’Italia, per il potere e le ricchezze che conferisce.

In questo contesto, già con Callisto III, i Borgia rappresentano un’anomalia, soprattutto perché non si limitano ad accumulare privilegi e cariche, ma lo fanno sfrontatamente a discapito delle nobili famiglie romane; il terzo motivo, sempre secondo Lee, deriva direttamente dal secondo: i Borgia “costruiscono sulla sabbia” il loro potere, troppo in fretta e in modo troppo personalistico, così, alla morte di Alessandro VI, “senza un potere o un’influenza duraturi, non c’era nulla né a trattenere le critiche né a frenare le esagerazioni”.

Quella dei Borgia è dunque una storia da riscrivere? In qualche modo sicuramente sì: d’altronde, il meccanismo della maldicenza che si diffonde a macchia d’olio viene spiegato con poche semplici parole da Voltaire: “Calunniate, calunniate, qualcosa resterà”.

E i Borgia ne sono proprio un esempio…


lunedì 15 agosto 2022

I cavalieri medievali erano atletici?

 


Dovevano esserlo per forza le loro armature erano pesanti ma non tanto come quelle dei cavalieri del 1400–1500 ma le armi erano pesantissime. I combattimenti avvenivano a cavallo e mentre si combatteva era anche necessario mantenere l'equilibrio per non cadere da cavallo. Tutto ciò richiedeva uomini di grande vigore fisico unite a grande agilità chi non possedeva entrambe queste doti quasi subito, cioè al primo combattimento contro un avversario pericoloso o morivano uccisi a quest'ultimo o cambiavano mestier nel senso che andavano a fare i frati.

domenica 14 agosto 2022

Perché il feudalesimo è scomparso verso la fine del Medioevo?

Furono inventate le pistole. Nella battaglia di Pavia nel 1525, i cavalieri in armatura furono abbattuti da archibugieri e poi uccisi dai picchieri. Un cavaliere necessitava fino a 40 libbre romane (329 grammi ciascuno) di argento all'anno per mantenere le proprie armi, armature e cavalli. Hollywood non ha ancora girato un film al riguardo. Ma i giapponesi avevano ripetuto la battaglia di Nagashino del 1575 numerose volte in tv e film. Aveva circostanze e risultati simili.




sabato 13 agosto 2022

Qual era l'inquietante problema dell'igiene nel Medioevo?

Nel Medioevo non esistevano spazzolini da denti, profumi, deodoranti e tanto meno carta igienica. Gli escrementi umani venivano gettati dalle finestre del palazzo.



In un giorno di festa, la cucina del palazzo poteva preparare un banchetto per 1500 persone, senza la minima igiene.

Nei film di oggi si vedono persone dell'epoca che si agitano o si sventolano.

La spiegazione non sta nel caldo, ma nel cattivo odore che emanavano sotto le gonne (fatte apposta per contenere l'odore delle parti intime, visto che non c'era igiene). Inoltre, non era consuetudine fare la doccia a causa del freddo e della quasi inesistenza dell'acqua corrente.

Solo i nobili avevano dei camerieri che li ventilavano, disperdendo il fetore che i loro corpi e le loro bocche emanavano, oltre a spaventare gli insetti.


venerdì 12 agosto 2022

Nel medioevo le donne che venivano bruciate sul rogo erano tutte innocenti sventurate o davvero provavano a praticare la stregoneria?

Nella stragrande maggioranza erano innocenti.

Tuttavia un caso particolare fu quello di Isobel Gowdie che ammise,senza subire nessuna tortura, di far parte di una congrega e di essere capace di trasformarsi in diversi animali. Sostenne pure di aver avuto rapporti sessuali con il diavolo.

Probabilmente era una pazza però fu un caso interessante il suo.



giovedì 11 agosto 2022

La vita medievale era veramente così terribile come si dice?

 



In realtà la vita nel cosiddetto medioevo non era affatto terribile come si pensa, ma dipende dal periodo storico.

Durante quella fase che conosciamo come Alto Medioevo, cioè l’epoca che va dalla dissoluzione delle istituzioni imperiali romane — si tende a non parlare più di caduta dell’Impero romano, perché la deposizione di Romolo Augustolo non viene più considerata come un evento storico di portata epocale, in quanto è sostanzialmente uno dei punti di arrivo di un processo lungo duecento anni — alla rinascita economica dell’anno 1000, il tipo di vita che si conduceva sotto i domini longobardo e franco (entrambi popoli germanici, con leggi e consuetudini se non uguali molto simili), in effetti non era molto attraente, neppure ai livelli più alti della società, perché in generale il diritto germanico si basava su soluzioni a carattere tribale (si vedano l’istituto della faida e dell’ordalia), che in confronto alle raffinatezze del diritto romano e alla consuetudine tutta romana di cercarsi un avvocato quando qualcosa andava storto, era roba da far accapponare la pelle. Anche la medicina imperiale romana era molto più avanzata di quella alto medievale. La vita quotidiana nell’impero romano includeva la frequentazione dei bagni pubblici e la possibilità di rivolgersi a medici. Vi erano palestre pubbliche e, in generale, accesso a quantità di cibo di alta qualità ovunque e per tutti gli strati sociali. Questo almeno fino a Diocleziano, imperatore che attua una riforma considerata come l’inizio dell’immobilità sociale e dell’impoverimento della società romana: in sostanza, Diocleziano con la riforma dell’esercito e amministrativa getta le basi per la crisi economica che devasterà l’impero.

Nelle campagne altomedievali per lo più si crepava di violenze e di stenti, mentre i latifondisti in quel periodo morivano di malattie assurde che oggi cureremmo con un antibiotico, oppure in guerra. Le donne di ogni condizione sociale di rado sopravvivevano al parto.

Le cose cambiano radicalmente a partire dall’XI secolo, con le innovazioni in campo agricolo, lo spostamento degli artigiani verso le città e quindi la nascita dei borghi. Fra l’XI e la metà del XIV secolo, la vita non era affatto pericolosa né terribile. Al contrario, le campagne prosperavano di raccolti, vi furono progressi in campo scientifico, dovuti soprattutto alla grande opera di traduzione della scuola di Toledo a partire dall’XI secolo. Toledo fu un grande centro di cultura che attirò i migliori traduttori europei nella mastodontica opera di rendere accessibile in latino la conoscenza scientifica araba. La pacifica occupazione araba dell’Andalusia e della Sicilia fece entrare in contatto gli intellettuali di cultura cristiana con la loro controparte musulmana, e questo fece sì che si recuperassero anche testi greci sopravvissuti all’oblio grazie alle traduzioni dal greco all’arabo fatte nell’area territoriale dell’impero bizantino. La progressiva acquisizione delle conoscenze scientifiche arabe mise a disposizione del mondo latino una vasta quantità di soluzioni innovative in campo medico, agricolo, tecnico in generale. Anche questo fu un fattore di netto miglioramento della vita quotidiana nei secoli centrali del medioevo.

In generale, la gente fra il 1000 e il 1300 si occupava di rafforzare la propria attività artigianale e commerciale. In breve, l’Europa divenne un continente di borghesi, artigiani e operai, e mantenne questa macro-distinzione fra ceto produttivo e ceto nobiliare (sostanzialmente latifondista) fino alla Rivoluzione francese, naturalmente mutatis mutandis attraverso le varie epoche.

Essere di famiglia borghese nel medioevo voleva dire innanzitutto avere molta disponibilità economica e possibilità di movimento. Le donne borghesi stavano molto meglio delle donne nobili, perché non obbligate, ad esempio, a contrarre matrimoni sgraditi per non disperdere il capitale fondiario. È in questa epoca che nasce la distinzione, infatti, fra capitale fondiario e capitale finanziario (si veda l’opera di Max Weber a questo proposito). Invece, essere operai e contadini è sempre stato duro e lo è tutt’ora. Di fatto, un piccolo artigiano, un operaio del tessile o un lavoratore a cottimo del tredicesimo secolo non aveva tanti più motivi di essere felice di stare al mondo di quanto lo possano avere i corrispondenti odierni. La nascita delle corporazioni, inoltre, hanno avuto storicamente il ruolo di migliorare la vita un po’ a tutti i soggetti coinvolti nel settore produttivo.

Gli intrattenimenti non mancavano: l’Europa nei secoli centrali del medioevo era una fiera continua, sia a livello internazionale sia locale. Il mercato era occasione di incontro, le taverne erano sempre piene, nei giorni di festa proliferava una promiscuità godereccia. Gli artisti di strada stavano molto meglio di ora, epoca triste in cui l’arte è completamente assoggettata a logiche economiche di matrice liberista.

La situazione cambia con la crisi economica del Trecento, in particolare col cambiamento climatico che nei primi due decenni del secolo rovina i raccolti e causa l’inizio di una lunga carestia. Quando arriva la pandemia di peste, nel ’48, la popolazione europea è già martoriata dalla carenza di cibo, dal sovraffollamento e dalle condizioni igieniche precarie che l’alta densità abitativa causava. Tanto che il contagio fu così feroce proprio perché a quel punto l’Europa era sovrappopolata. In un certo senso, come ha rilevato lo storico Alessandro Barbero, la peste nel giro di un anno risolse il problema della sovrappopolazione. Purtroppo però, nella seconda metà del Trecento le campagne erano di nuovo spopolate, Francia e Inghilterra erano impegnate nella devastante Guerra dei Cent’anni per questioni dinastiche, metà della penisola italiana era impegnata in conflitti interni per la supremazia delle nascenti Signorie, e in Spagna i regnanti cattolici ebbero la splendida idea di annientare la secolare convivenza con gli arabi, causando morte e paura.

Insomma, il medioevo inizia e termina in modo piuttosto cupo (il grandissimo storico olandese Johan Huizinga ha chiamato la fase conclusiva “autunno del medioevo”), ma i tre secoli centrali furono un’epoca di prosperità, durante la quale si gettarono le basi della struttura sociale dell’Europa moderna.





mercoledì 10 agosto 2022

Cosa si usava nel Medioevo per fare luce?

Le torce erano fatte di fibre, vegetali o animali, imbevute di catrame, pece, bitume, asfalto, cera d'api, ecc. (John Rambo in First Blood usastrisce di tela cerata, che contiene gomma. Ma questo è ambientato nel presente). Queste fibre venivano inchiodate su un bastone e bruciate. Le luci di giunco sono canne cave riempite di grasso animale o cera d'api e usate come candele. La maggior parte della luce proveniva da un fuoco acceso sul pavimento sporco di un tugurio. Il fumo usciva dalle prese d'aria sul tetto. Serviva anche per cucinare e per prevenire l'ipotermia. Sì, come potete vedere, gli animali erano ammessi in casa nelle notti d'inverno.



martedì 9 agosto 2022

Condottiero



Un condottiero è una persona che guida un esercito o un popolo. Il termine ha forte utilizzo e connotazione militare, ma il ruolo e la funzione ha a volte acquisito, nel corso della storia, anche funzioni politiche e religiose.

La figura del condottiero in età mitica
Sono soprattutto i poemi epici classici, come l'Iliade e l'Eneide, a darci informazioni sui mitologici "signori della guerra", per lo più re o principi.
Nell'Iliade ogni condottiero acheo è detto wanax o anax, parola corrispondente alla forma micenea wa.na.ka, designante un personaggio che è al tempo stesso un'autorità politica, militare e religiosa: a lui è dunque dato di officiare culti, e in questo può essere affiancato da sacerdoti che sono invece privi di dignità regale. Emblematico in tal senso è il libro XXIII del poema omerico, in cui Achille guida personalmente il rito funebre dell'amico Patroclo, culminante con lo sgozzamento di dodici giovani prigionieri. Nulla del genere si ritrova tra i troiani e i loro alleati: non figura infatti tra i loro condottieri alcun sacerdote, in quanto gli addetti ai culti combattono in qualità di soldati semplici, mentre l'unico personaggio indicato come anax è il vecchio re troiano Priamo, il quale tuttavia non prende parte ai combattimenti; inoltre alla guida dei vari contingenti alleati dei troiani possiamo vedere anche diversi nobili senza corona. Non vi sono ulteriori differenze tra i comandanti achei e quelli dello schieramento opposto: ognuno di essi guida un grande contingente di uomini, combatte su un carro e ha alcune persone al proprio servizio, solitamente molto giovani: un auriga, uno scudiero (in certi casi le due mansioni vengono esercitate da un'unica persona), uno o più araldi, nonché alcuni servi.
Nell'Eneide la guerra vede da una parte i troiani guidati da Enea e l'esercito italico di Turno: Enea ha per condottieri alleati diversi re etruschi, uno dei quali, Asila, è anche augure; i soli altri italici che combattono al suo fianco sono il principe arcade Pallante e i due sovrani dei Liguri, Cunaro e Cupavone. I condottieri dell'esercito italico appartengono a varie popolazioni: tra di loro vi sono re, principi e aristocratici vari. Anche qui vi è un re-augure, Ramnete (non è nota la provenienza): nella rassegna dei condottieri italici figura pure un altro sacerdote, il marso Umbrone, inviato dal re Archippo. Per quanto riguarda i Rutuli, ovvero i sudditi di Turno, si deve notare come essi non siano sottoposti direttamente al loro sovrano, ma militino in vari corpi armati, ognuno dei quali è retto da un condottiero in seconda, tra i quali troviamo Anteo, Luca, Volcente, Atina, Remo: quest'ultimo è accompagnato da uno scudiero e da un auriga, proprio come i capi militari dell'Iliade.

Nella Bibbia
Le figure bibliche di condottieri sono numerose, e tutte presenti nell'Antico Testamento, sia tra gli Ebrei sia tra i loro nemici. Mosè e Giosuè sono a tutti gli effetti capi militari che guidano i figli d'Israele nel lungo viaggio verso la Terra promessa, dovendo armarsi contro molte popolazioni ostili. Dopo l'insediamento in Palestina gli Ebrei saranno chiamati a difendere i loro territori tramite altri condottieri, i Giudici.
La Scrittura non tralascia di delineare le personalità dei condottieri nemici, tendendo a evidenziare le loro nature violente, con la sola eccezione costituita dal giovane Sisara (o Sisera), mercenario alla guida di un esercito di 800 carri da guerra per conto del re cananeo Iabin: originario forse della Sardegna, Sisara si era trasferito nel Vicino Oriente con la madre vedova, della quale si prendeva cura tra una battaglia e l'altra. Sotto la guida di Barac, uno dei Giudici, gli Ebrei pongono fine all'invincibilità del grande condottiero nemico, sconfiggendolo in uno scontro nei pressi del monte Tabor.

Nell'Antica Grecia
Nella Grecia classica la figura del condottiero aveva un ruolo assai influente nel popolo. I primi grandi capi militari spuntarono durante la Prima guerra persiana. Dalla Grecia i comandanti politici erano Milziade e Callimaco di Afidna, mentre l'esercito persiano era diretto da Dario I. Sebbene i persiani fossero assai superiori di numero, l'esercito greco, composto da opliti, sbaragliò i nemici nel 490 a.C. a Maratona dove colse una grande vittoria. Lo stesso avvenne una decina di anni più tardi quando il figlio di Dario, Serse, organizzò una nuova e più potente spedizione che contava decine di migliaia di uomini.
Dato che la Grecia era divisa in varie parti in contrasto l'una con l'altra, solo il re spartano Leonida volle sacrificarsi con 300 uomini per ritardare di qualche giorno l'avanzata nemica. La battaglia si svolse nei pressi delle Termopili nel 480 a.C., con la sconfitta e il massacro dell'esercito spartano, ma poco dopo ci fu la vittoria della flotta ateniese, condotta da Temistocle, nell'isola di Salamina, nel 479 a.C. Successivamente si ricordano gli strateghi Pericle ed Alcibiade, protagonisti della Guerra del Peloponneso. Il primo, instauratore della democrazia ad Atene, morì a causa della peste nel 429 a.C. e il comando dell'esercito contro gli spartani fu dato ad Alcibiade. Sebbene questi stesse per vincere i nemici nell'assedio di Siracusa, fu costretto a rientrare in patria a causa della mutilazione di alcune statue dedicate ad Ermes, il dio messaggero. Ripudiato dagli ateniesi, Alcibiade preferì schierarsi dalla parte opposta, al fianco degli spartani, e gli ateniesi rimasti in Sicilia furono catturati e mandati a morire nella Latomia.
Ma il più grande condottiero della Grecia fu senza dubbio Alessandro Magno, il quale, dopo la morte del padre Filippo, fu costretto a reprimere la ribellione di Tebe. Sconfitti i nemici, Alessandro bramava qualcosa di più grande dell'unione dell'intera Grecia con la Macedonia: la conquista dell'intera Persia. Il suo progetto era di deporre il sovrano Dario III, affinché vi fosse un unico legame indistruttibile di cultura, scambi commerciali, letteratura e religione tra i due stati. La spedizione sembrava quasi impossibile, ma Alessandro, grazie anche alla collaborazione di alcuni abili luogotenenti come Efestione, Parmenione, Cassandro, Clito il Nero, Poliperconte e Nearco, sconfisse nelle battaglie del Granico, di Isso e di Gaugamela l'enorme esercito nemico; Dario fu ucciso poi da un gruppo di congiurati persiani e il condottiero macedone riuscì a provocare il crollo dell'immenso Impero persiano. Egli organizzò subito la sua conquista e installò la nuova capitale a Babilonia.
Alessandro continuò la sua infaticabile opera di conquista raggiungendo le estreme propaggini dell'impero persiano ed entrando in India; solo la morte prematura interruppe la sua azione di conquistatore e unificatore dell'oriente ellenistico. Per le sue imprese quasi leggendarie, la sua breve e incredibile vita e per la sua affascinante personalità di conquistatore, Alessandro Magno entrò subito nel mito, grazie anche all'opera di divulgazione di una serie di storici e testimoni delle sue imprese; egli rimane l'archetipo del condottiero vittorioso.

In età romana
Tra le più importanti figure di condottieri dell'età romana vi sono, oltre al cartaginese Annibale Barca, il più grande nemico di Roma, Publio Cornelio Scipione Africano, Gaio Mario, Gneo Pompeo Magno, Marco Antonio e soprattutto Gaio Giulio Cesare.
Publio Cornelio Scipione, vissuto nel III secolo a.C., fu comandante dell'esercito romano contro quello cartaginese nella fase finale della seconda guerra punica, iniziata con l'invasione dell'Italia da parte dell'esercito cartaginese guidato da Annibale Barca. Annibale, che odiava Roma a causa della sconfitta precedente del padre Amilcare nella prima guerra punica, era un generale di doti straordinarie e all'inizio ottenne una serie di nette vittorie: l'esercito romano subì pesanti sconfitte sul fiume Trebbia, sul Lago Trasimeno e a Canne. Grande stratega dotato di estrema abilità tattica, Annibale continuò per oltre quindici anni a combattere in Italia senza subire sconfitte, intimorendo con il suo prestigio e la sua impressionante reputazione i comandanti dei numerosi eserciti romani che furono impegnati contro di lui. Tutti gli storici antichi e moderni hanno espresso grande ammirazione per le qualità di condottiero di Annibale; alcuni lo ritengono il più grande generale dell'antichità.
I romani riuscirono comunque a prolungare la guerra e a fiaccare lentamente l'esercito di Annibale con una tattica di logoramento. Le sorti della guerra volsero a favore dei romani dal 208 a.C. con le vittorie di Scipione in Spagna contro i luogotenenti di Annibale; infine nel 202 a.C. Scipione vinse contro lo stesso condottiero cartaginese in Africa la decisiva battaglia di Zama, per questo successo ricevette il titolo di "Africano". Sebbene odiasse i nemici, Scipione mostrava molta humanitas nei loro confronti. Era un uomo molto colto e amante della letteratura sia latina che estera, tanto che creò a Roma il Circolo degli Scipioni, composto da lui e da eruditi, come Quinto Ennio, Lucilio e Publio Terenzio Afro, il commediografo.
Per oltre trent'anni la personalità più prestigiosa e potente di Roma fu Gneo Pompeo Magno che i contemporanei giunsero a definire l'"Alessandro romano"[1]. Fino all'avvento di Giulio Cesare, Pompeo sembrò possedere tutte le doti dei più grandi condottieri; egli, dopo essersi illustrato poco più che ventenne combattendo con abilità come luogotenente di Lucio Cornelio Silla, ricevette per tre volte gli onori del trionfo, combatté dall'83 al 62 a.C. una quasi ininterrotta serie di campagne vittoriose in tre continenti, estese il dominio di Roma in Oriente e recuperò il controllo del Mediterraneo. Dal punto di vista militare, Pompeo dimostrò grande capacità organizzativa, prudenza, notevole abilità strategica, combattività ed energia personale; in alcune occasioni seppe anche dirigere le operazioni con grande rapidità e decisione.
Giulio Cesare, vissuto nel I secolo a.C., dimostrò le sue grandi doti di condottiero in età già matura dopo una giovinezza irrequieta che non sembrava preludere a grandi successi militari o politici. La sua campagna di guerra più famosa fu la difficile conquista della Gallia, durata dal 58 a.C. al 51 a.C. Dapprima Cesare, prendendo a pretesto spostamenti di popolazioni che sembravano mettere in pericolo la Gallia Narbonense, attaccò e vinse gli Elvezi, quindi i Belgi; infine respinse Germani e fece due incursioni contro i Britanni. Nel 52 a.C. dovette affrontare la grande rivolta gallica guidata da Vercingetorige che sconfisse nella decisiva battaglia di Alesia. Anche Cesare, come Scipione, non riteneva il popolo nemico rozzo ed inferiore, anzi, era talmente attirato dalle sue usanze e tecniche di combattimento e di difesa che annotò tutta la sua quasi decennale spedizione in un diario di guerra: Commentarii de bello Gallico.
Cesare dopo la conquista della Gallia fu il protagonista della guerra fratricida contro il suo rivale Gneo Pompeo, anche questa descritta nella sua opera Commentarii de bello civili. La guerra durò dal 49 a.C. fino al 45 a.C. e si estesa dalla Grecia, dove venne sconfitto Pompeo, all'Africa, all'Egitto e alla Spagna, dove Cesare ottenne la vittoria finale nella battaglia di Munda. Cesare non fu solo un abile condottiero ma soprattutto divenne l'uomo politico dominante a Roma; fu varie volte eletto console ed infine dittatore a vita. Sebbene vivesse ancora nell'Età repubblicana, Cesare sembrava intenzionato a ripristinare la monarchia o una forma di potere personale assoluto; questa sua tendenza politica autoritaria provocò la formazione di una congiura di suoi avversari politici che lo uccisero a coltellate nel 44 a.C. alle Idi di Marzo; i principali congiurati erano Marco Giunio Bruto e Gaio Cassio Longino.
Marco Antonio, luogotenente fidato di Cesare durante le campagne in Gallia e la guerra civile, prese il controllo dell'esercito dopo la sua morte ed insieme a Marco Emilio Lepido e al futuro imperatore Augusto, costituì il secondo triumvirato (il primo era stato fondato da Cesare, Pompeo e Crasso), che rimase operativo per circa dieci anni fino alla rottura politica finale tra Antonio e Ottaviano.
Marco Antonio dimostrò le sue doti di condottiero nella guerra di Modena e soprattutto nella battaglia di Filippi contro i cesaricidi. Dopo molte vicissitudini e il fallimento della sua ambiziosa campagna militare in Oriente, Antonio ruppe definitivamente con Ottaviano. L'ostilità tra i due contendenti si spostò fino in Egitto, ad Alessandria, dove Antonio si trasferì per un periodo presso Cleopatra, di cui divenne anche amante. Ottaviano e Antonio si affrontarono nell'ultima guerra civile nel 31 a.C.; Ottaviano ebbe la meglio definitivamente nella battaglia di Azio nel 31 a.C., portando il nemico al suicidio un anno dopo assieme alla regina egiziana. Marco Antonio, descritto come un uomo dalla notevole prestanza e vigoria fisica, in generale è stato fortemente criticato dagli storici antichi dell'età imperiale fedeli all'impostazione storica promossa da Augusto; egli è stato quindi descritto come un tiranno dedito ai piaceri, lussurioso, smodato, stravagante, succube di Cleopatra, orientaleggiante, pronto a cedere il dominio di Roma ai corrotti popoli d'Oriente. La storiografia moderna, soprattutto a partire dall'opera di Ronald Syme ha in parte rivalutato la figura di Marco Antonio; pur non negando gli eccessi della sua vita privata e i suoi comportamenti a volte incoerenti, gli studiosi lo ritengono condottiero dalle ottime qualità militari, energico e determinato, e un politico a volte spietato ma meno subdolo, astuto e mistificatore di Cesare Ottaviano.
Durante il Basso Impero, fecero una grande carriera militare numerosi personaggi di origine germanica.

Nella leggenda medievale: Orlando ed Artù
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente nel 476, ci fu un periodo di grande crisi, depressione ed arretratezza sia politica che culturale, costituita spesso da invasioni e rivolte di vari popoli dell'Europa. La figura del condottiero da quell'epoca fino agli albori del 1000 divenne simbolo di leggende e di racconti popolari. Infatti il personaggio si trasformò nel cavaliere errante e alla ricerca di avventure, di nemici da sconfiggere, di mostri da uccidere e di belle dame da proteggere. I suoi valori maggiori erano l'onestà, il coraggio, la temperanza, la determinazione, la forza e, ultimo ma non meno importante, la fedeltà verso il proprio signore o re. Due grandi esempi in questo periodo furono il paladino Rolando (oppure Orlando), personaggio probabilmente reale protagonista della Chanson de Roland ed il cavaliere Artù.
Il primo era al servizio del re francese Carlo Magno, quindi durante la seconda metà del 700, ed aveva tutte le caratteristiche del buon cavaliere. Rolando si dimostrava sempre degno di fiducia e conduceva in ogni assedio il suo esercito alla vittoria. Sebbene fosse morto per inganno durante il ritorno dalla battaglia di Roncisvalle, Rolando dimostrò al re grande determinazione e coraggio, resistendo strenuamente e coraggiosamente fino all'ultimo nell'imboscata tesa dai nemici Saraceni.
Re Artù, originario della Bretagna, ma assolto nell'esercito romano per alcune spedizioni contro il suo popolo, dimostrò grande fedeltà non attaccando il suo padrone. Inoltre, sconfitto il nemico tedesco dei Goti, il quale minacciava l'Impero romano per la sua crudeltà e spietatezza, riuscì a conquistare la fiducia del suo popolo grazie all'amicizia con il mago Merlino e alle nozze con la principessa Ginevra. Successivamente Artù passò da condottiero dell'esercito romano a re del popolo britannico, governando con legge, giustizia e saggezza.

Nel Medioevo e nel Rinascimento
Nei primi due secoli del secondo millennio d.C. si formarono eserciti mercenari voluti dal Papa per combattere gli "infedeli" musulmani ed arabi in Terra Santa. Queste spedizioni furono chiamate "crociate" e in tutto nella storia ce ne furono 8.
A partire dal XIV secolo, complici i rivolgimenti e i tumulti dell'epoca, si assiste negli stati italiani alla formazione di vere e proprie "scuole militari" che fanno raggiungere all'arte bellica notevoli progressi strategici e tattici. Tali scuole vengono definite compagnie di ventura ed ognuna di loro ha a capo, per l'appunto, un capitano di ventura. I soldati che vi facevano parte venivano detti soldati di ventura, e per la maggior parte erano mercenari, ovvero militavano per colui che era in grado di offrirgli il più alto compenso economico, al fine esclusivo di trarne un vantaggio per il proprio tornaconto. Data la numerosità dei soldati, la compagnia era divisa in varie schiere, ognuna guidata da uno o più militi di maggior esperienza ed abilità, detti condottieri, sottoposti a loro volta al capitano di ventura. Più precisamente il termine "condottiero" prende il nome dalla "condotta", cioè dal contratto che stipulava l'uomo d'arme con un governo per mettersi al suo servizio.
Tra le prime compagnie di ventura si segnalano la Compagnia della Colomba, formatasi nel 1333, nella quale si riunirono soldati provenienti da Perugia e da Arezzo, e la Compagnia di San Giorgio, nata sei anni dopo con Lodrisio Visconti e rifondata nel 1377 da Alberico da Barbiano. Nel 1347 il condottiero e politico Cola di Rienzo favorì lo sviluppo dell'esercito militare semi-nazionale con la nascita della Compagnia Bianca, una congregazione composta da oltre trentamila componenti. Fino a quel tempo gran parte degli eserciti era costituito da soldati stranieri o prigionieri di guerra, ora l'esercito pian piano cominciava a diventare nazionale, ovvero formato da soldati quasi tutti provenienti dall'Italia. Ma spesso accadeva che questi nuovi comandanti si ribellavano contro il loro signore, come accadde con la nobile stirpe ungherese dei Landau, il cui maggior esponente fu il Conte Lando, deposta dai comandanti Alberto Sterz e Giovanni Acuto, sempre riferito da Machiavelli nel suo trattato Il Principe. Nel frattempo, fino alla fine del XV secolo, in Italia e in Europa, continuarono a svilupparsi nuove società militari, come la più famosa Società della Rosa (o Compagnia della Rosa), diretta da Giovanni da Buscareto e Bartolomeo Gonzaga.
In seguito molti capitani e comandanti cominciarono a considerare inutile l'atto eroico di gettarsi in battaglia, col rischio di morire, e cominciarono a riconsiderare la "scienza militare", cercando di vincere le guerre con l'astuzia. Vi furono anche certi comandanti che, divenendo molto potenti, rovesciarono i loro padroni per prendere il controllo delle terre e delle città: questi furono ad esempio Braccio da Montone e Muzio Attendolo Sforza. Con questi gli eserciti si modernizzarono, adottando quasi tutti nuove tecniche di combattimento e strategie militari (Niccolò Machiavelli, approfondendo questo cambiamento, scriverà nel XVI secolo il trattato Arte della guerra); alle soglie del Rinascimento, ormai gli esiti delle battaglie contavano un numero minore di perdite sia umane che degli strumenti di guerra.

Condottieri famosi
Tra i più noti condottieri e capitani di ventura dell'epoca, si ricordano, in ordine alfabetico e per periodo storico:
  • XIII secolo: Castruccio Castracani, Corso Donati, Ezzelino III da Romano, Farinata degli Uberti, Uguccione della Faggiola;
  • XIV secolo: Alberico da Barbiano, Alberto Sterz, Ambrogio Visconti, Anichino di Bongardo, Bartolomeo Gonzaga, Biordo Michelotti, Bonifacio Lupi, Cangrande I della Scala, Ceccolo Broglia, Cola di Rienzo, Conte da Carrara, il Conte Lando, il Duca Guarnieri, Egidio Albornoz, Facino Cane, Filippo Scolari, Fra Moriale, Francesco I Gonzaga, Gian Galeazzo Visconti, Giovanni Acuto, Giovanni da Barbiano, Giovanni da Buscareto, Guido d'Asciano, Guidoriccio da Fogliano, Jacopo Dal Verme, Lodrisio Visconti, Luca di Canale, Ludovico I Gonzaga, Mostarda da Forlì, Niccolò Acciaiuoli, Ottobuono de' Terzi, Paolo Savelli, Raimondo Orsini del Balzo, Ugolotto Biancardo, l'Ungaro;
  • XV secolo: Alessandro Sforza, Angelo della Pergola, Angelo Tartaglia, Antonio Caldora, Ardizzone da Carrara, Bartolomeo Colleoni, Bernardino Ubaldini della Carda, Braccio da Montone, Brandolino Conte Brandolini, Camillo Vitelli, il Carmagnola, Cesare Borgia, Ercole I d'Este, Federico da Montefeltro, Francesco Piccinino, Francesco Sforza, il Gattamelata, Gentile da Leonessa, Gianfrancesco Gonzaga, Giorgio Castriota Scanderbeg, Giovanni Antonio Orsini del Balzo, Giovanni Maria Vitelleschi, Guido Torelli, Jacopo Caldora, Jacopo Piccinino, Ludovico Colonna, Ludovico il Moro, Luigi Dal Verme, Malatesta I Baglioni, Micheletto Attendolo, Niccolò da Tolentino, Niccolò III d'Este, Niccolò Orsini, Niccolò Piccinino, Niccolò Vitelli, Muzio Attendolo Sforza, Odoardo Colonna, Obizzo da Carrara, Paolo Orsini, Roberto Malatesta, Roberto Sanseverino, Scaramuccia da Forlì, Sigismondo Pandolfo Malatesta, Vitellozzo Vitelli;
  • XVI secolo: Alessandro da Terni, Alfonso III d'Avalos, Ambrogio Spinola, Bartolomeo d'Alviano, Ettore Fieramosca, Fabrizio I Colonna, Fanfulla da Lodi, Fernando Francesco d'Avalos, Francesco II Gonzaga, Giampaolo Baglioni, Gian Giacomo Trivulzio, Giovanni dalle Bande Nere, Lucantonio Tomassoni, Marcantonio I Colonna, Marcantonio II Colonna, il Medeghino, Pietro Strozzi, Prospero Colonna, Stefano Colonna.

Declino della carica in Occidente
Dalla fine del Cinquecento e all'inizio del Seicento in Italia la figura del condottiero pian piano cominciò a volgere verso un lento ma costante declino. Ciò si incominciò a vedere già nell'inizio del Cinquecento quando Roma fu per l'ennesima volta invasa e saccheggiata, questa volta dai Lanzichenecchi, soldati mercenari protestanti, non pagati da Papa Paolo III. Il modello del perfetto condottiero ormai era diventato un sogno, come confermato anche da Niccolò Machiavelli ne Il Principe, dato che gli attuali capitani si abbandonavano solo alla gozzoviglia, all'imbroglio e si vendevano a chi offriva loro più servigi. Il codice cavalleresco che si trova nei romanzi d'avventura e nelle leggende, come quella di Re Artù, è cambiato completamente e i capitani, piuttosto che uccidere i nemici, si limitavano a catturarli solo per avere maggiori informazioni, per poi lasciarli liberi.
Probabilmente l'ultimo grande condottiero vissuto in età rinascimentale fu Cesare Borgia, figlio di Papa Alessandro VI. Questi contando sull'appoggio politico ed episcopale del padre e sull'alleanza con Luigi XII di Francia e Ludovico il Moro, conquistò l'intera Emilia-Romagna e tutte le sue città più importanti tra il 1499 e il 1503, ottenendo un intero principato. Tuttavia per ottenere tutto si rese protagonista di molte congiure culminate con omicidi, tutti giustificati e tenuti al segreto più completo dal padre. Dopo la morte di Alessandro VI, tutti i problemi e i nemici del pontefice si ripercossero sul figlio, che dapprima cadde sconfitto nelle battaglie di Pisa, Siena e Lucca, per poi venire ostacolato dal nemico Papa Giulio II. Battuto anche a Napoli, Cesare rimase infine ucciso in un'altra battaglia, avvenuta nel 1507.
Tra gli ultimi grandi condottieri ci furono, tra il 1550 e la metà del Settecento, Ambrogio Spinola, il Medeghino e Raimondo Montecuccoli. Successivamente la carica sparì quasi del tutto: attualmente permane solo quella della Guardia svizzera pontificia in Città del Vaticano, scorta del Papa.

In Asia: Cina e Giappone medievali
Ridicolizzazione del condottiero nell'arte
Nella letteratura e successivamente nel cinema accadeva che molti soldati di ventura o capitani fossero messi in ridicolo, per ricalcare un'ironica e satirica, ma veritiera, rappresentazione della realtà attuale. Gli esempi più chiari sono la figura di Don Chisciotte della Mancia, capitano spagnolo errante e sfortunato che cerca nemici fittizi da sconfiggere, la nascita della maschera comica del capitano, uomo bello, robusto e pomposo, ma in realtà timoroso e imbelle, ed infine il personaggio cinematografico di Brancaleone da Norcia nei film L'armata Brancaleone (1966) e Brancaleone alle crociate (1970), entrambi diretti dal regista Mario Monicelli.